Sono uno tra gli animali marini più affascinanti, ma le orche sono in via di estinzione. Il loro numero, stimato attualmente intorno ai 50mila esemplari, rischia di essere dimezzato a causa dell’inquinamento chimico dei mari e del conseguente impoverimento degli ecosistemi marini. Secondo uno studio del Dipartimento di bioscienze dell’ Arctic Research Centre dell’Università Aarhus, pubblicato su Science, ad avvelenare le orche sono alcune sostanze chimiche prodotte tramite i processi industriali: i policlorobifenili, noti con la sigla PCB. Queste sostanze si accumulano nei vari anelli che compongono la catena alimentare.
L’inquinamento minaccia i cuccioli
Secondo i ricercatori, a essere particolarmente minacciati sono i cuccioli. Infatti, le sostanze inquinanti si concentrano nel latte materno e finiscono nell’alimentazione dei neonati. I PCB possono danneggiare gli organi riproduttivi e il sistema immunitario, e possono anche causare lo sviluppo di tumori.
Orche e inquinamento: ecco dove sono più a rischio
Gli studiosi dell’Università Aarhus hanno analizzato 351 esemplari di orche e hanno scoperto una concentrazione elevata di PCB nei loro corpi, addirittura di oltre cento volte i livelli di sicurezza. Non tutte, però, sono sottoposte alla stessa intensità di inquinamento. A essere più colpite sono quelle che nuotano al largo delle coste dei paesi industrializzati. Secondo gli scienziati, se la situazione non cambierà, queste ultime potrebbero scomparire nei prossimi 30 o 50 anni. Tra i mari più “pericolosi” ci sono le acque che circondano il Regno Unito: recentemente, è stata analizzata una carcassa di orca e si è scoperto che nelle acque britanniche esiste uno dei più alti livelli di PCB mai registrati. Ma sono a rischio anche le orche che popolano le acque di Gibilterra, Giappone, Brasile e nord-est del Pacifico. Invece, le popolazioni di orche nei mari della Norvegia, Islanda, Canada e Isole Faroe, sono meno contaminate.
Troppe sostanze chimiche nei mari del mondo
Ma a minacciare le orche non è solo il PCB. Gli scienziati dell’Institute for the Ocean and Fisheries dell’UBC, del Ministero dell’agricoltura e dell’alimentazione della Columbia Britannica e della Fisheries and Oceans Canada hanno scoperto nelle carcasse di alcune orche la presenza di 4-nonielfenolo, chiamato anche 4NP, una sostanza chimica tossica usata per la produzione di carta igienica, prodotti a base di cellulosa, saponi, detersivi e tessuti. Anche questa sostanza è arrivata nei mai attraverso gli scarichi industriali e ha contaminato la catena alimentare, fino ad arrivare alle orche e alle balene. Secondo gli studiosi, queste sostanze chimiche compromettono il sistema nervoso di questi animali, accelerandone il processo di estinzione.
Come comunicano le orche
Le orche sono animali molto sociali. Vivono in tutti i mari e gli oceani del mondo. I maschi raggiungono un peso di 6 tonnellate e una lunghezza di 6-8 metri. Le femmine possono raggiungere un peso di 4 tonnellate e una lunghezza di 5-7 metri. Normalmente vivono in gruppi composti dalle femmina e dai loro piccoli, alcune femmine più anziane e un maschio adulto. Tutti i componenti del nucleo familiare comunicano tra loro attraverso suoni e sviluppano un proprio linguaggio, diverso da quello degli altri gruppi.
Non solo inquinamento: orche a rischio per la caccia
Le orche sono predatori. Di solito cacciano in gruppo. Un’orca mangia ogni giorno circa il 3-4% del suo peso. Alcune si nutrono esclusivamente di pesci, altre cacciano uccelli e pinguini, leoni marini, foche, balene e delfini. Oltre all’inquinamento, a mettere a rischio le orche è anche la caccia alle balene. Alcuni pescatori, poi, le uccidono intenzionalmente in quanto le accusano di essere predatori voraci e, come tali, di contribuire alla riduzione delle risorse ittiche.