Fa caldo, ce ne siamo accorti tutti. Ma le temperature continueranno a rimanere piuttosto miti anche nei prossimi giorni, tanto che qualcuno parla di “ottobrata”. Gli esperti, però, frenano e spiegano perché non ci si dovrebbe stupire più di tanto.

Perché fa caldo a ottobre e continuerà a farlo

Poche piogge, ancora molto caldo. Sicuramente un caldo non tipico del mese di ottobre, spesso associato alle caldarroste e ai primi freddi autunnali. Le previsioni indicano che ancora per qualche tempo la colonnina di mercurio è destinata a non scendere ai valori tipici del periodo. Sicuramente da metà settimana gli esperti meteo prevedono un nuovo periodo di tempo stabile, in alcuni casi persino con qualche rialzo dopo il lieve abbassamento del week end. Tanto basta per far parlare di “ottobrata”.

Cos’è un’ottobrata

«Il termine ottobrata non è nuovo. Spesso in passato è stato usato per indicare quel fenomeno per cui, soprattutto al centro e nord, nel mese di ottobre si sono avute temperature particolarmente miti, che ricordano la fine dell’estate. Da qui la definizione di ‘ottobrata romana’. È capitato più di una volta, infatti, di registrare anche 30 gradi», spiega il climatologo Massimo Fazzini, responsabile del gruppo sui cambiamenti climatici della Sigea, la Società italiana di geologia ambientale e docente all’università di Chieti.

«Ciò che invece è davvero anomalo è che in passato i picchi di temperature si erano verificati per uno o due giorni, tornando poi a valori più in linea, come 23, 24 o al massimo 25 gradi. Se non si può parlare di ‘ottobrata’ in senso stretto, dunque, possiamo sicuramente dire che siamo un mese indietro», spiega il climatologo.

Perché fa caldo a ottobre anche di notte

Non solo fa caldo di giorno e per molti giorni consecutivi, ma gli esperti sottolineano anche un altro fenomeno: «Un’altra particolarità di questi giorni è che il caldo inusuale si registra soprattutto di notte, con le minime particolarmente alte per il periodo. Questo, unito all’estensione temporale dell’anomalia termica dà da pensare e fa accostare le temperature, specie quelle al sud e sul versante della costa tirrenica, a quelle tipiche di zone tropicali», aggiunge Fazzini.

Il precedente dello scorso anno

Come anticipato da Fazzini, non è la prima che a ottobre si gira ancora senza giacca e qualcuno fa persino il bagno al mare. Lo scorso anno, infatti, l’autunno è stato il più caldo mai registrato in Europa in passato, con temperature superiori di quasi 2 °C rispetto al periodo delle precedenti analisi, cioè tra il 1991 e il 2020. A confermarlo erano state le rilevazioni del servizio satellitare Copernicus, secondo cui in Italia la media è stata di +2,08° C. La situazione è identica anche in altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come il Portogallo (sfiorati i 38°C), la Spagna (37 °C), la Germania (quasi 30° a Notzingen), in Svizzera, Austria e in Francia, con 36°C a Begaar, vicino alla costa atlantica.

Dobbiamo, quindi, abituarci a un autunno caldo?

Ci dovremo abituare alle “ottobrate”?

«Nonostante le apparenze, è difficile parlare di una tendenza già consolidata ed è anche rischioso e prematuro, in termini scientifici, azzardare un’ipotesi simile. Ci possono anche essere un paio di anni di anomalie termiche in positivo o negativo (cioè con picchi di caldo o di freddo). Certo, se il comportamento termico dei prossimi anni sarà confermato, allora ci troveremmo di fronte a un nuovo clima e dovremo anche adattarci – osserva Fazzini – L’aspetto positivo è che potremo godere di un’estate più lunga, quello negativo è che potremmo osservare meno piogge, con un maggior rischio di siccità».

Una seconda estate: piace ai turisti, meno agli agricoltori

Se i turisti ne approfittano, c’è chi soffre maggiormente, come gli agricoltori che temono la siccità. Secondo alcuni dati, la vendemmia avrebbe subito un danno del 50% a causa del caldo eccessivo. «Per ora è azzardato fare ipotesi, anche se i grandi numeri iniziano a mostrare una certa tendenza in questo senso. Per esempio, i quantitativi di pioggia in un anno non sono variati in quantità, ma in intensità: abbiamo un più giorni secchi, il che significa che quando piove lo fa più intensamente. Questo comporta un maggior inaridimento dei terreni che sul lungo periodo non giova alla produttività e anzi favorisce la desertificazione», spiega l’esperto.