Ci ho messo un po’ a decidere di ospitare piante tropicali nel mio Giardino Felice, sebbene siano molto attuali (e da ex-giornalista-di-moda non mi son persa il trend, neppure questo botanico). L’idea che avevo di loro era circoscritta a due macro immaginari. Quello dei viaggi ai tropici, dove osservavo piante rigogliose e felici, e quello degli open space di città, con esemplari spilungoni in cerca di più luce e umidità.

Un esemplare cresciuto accanto alla yucca.

Banano: la giungla di confine

Non riuscivo ad immaginarle altrove, e non sapevo che alcune di loro possono vivere sane e contente in esterno anche da noi, ma solo nelle zone più miti come il mio amato Tigullio. Tra tutte le tropicali che ora ospito, il banano (Musa L.) fu il primo ad arrivare. Per altro portandosi dietro gran parte della sua famiglia, perché ospitarne uno solo, lo capii dopo, non era cosa buona e giusta.

Foglia completamente sfrangiata dal vento

Arrivò per nascondere un confine, l’unico recintato tra me e i vicini di casa. Con alcuni di loro anni fa decidemmo -a causa dei cinghiali in giardino- di proteggerci creando un grande sbarramento perimetrale delle nostre terre, lasciando però “aperte e libere” le proprietà al loro interno. L’idea era buona, ma non piacque a tutti e una vistosa rete di metallo comparve su una terrazza, a dar brutta mostra di sé proprio in una delle zone di accesso a casa.

Dettaglio delle grandi foglie, adatte ad uso alimentare per avvolgere le pietanze.

Problema? Soluzione, che non fu parlare coi vicini “sordi”, ma provare ad estendere nel mio giardino quella deliziosa giungla di banani che avevano piantato dalla loro parte per nascondere la recinzione, che evidentemente non era sgraziata solo per me. Fu così che arrivarono i primi esemplari, e simpatizzammo davvero rapidamente.

Una foglia leggermente sfrangiata dal vento.

Dicevo che li feci venire in gruppo: una scelta dettata dal bisogno di far massa che fu vincente. Ai banani per altro piace stare piuttosto fitti tra di loro. Così facendo si proteggono a vicenda da vento e freddo. O almeno ci provano…

Banano: come coltivare l’erba gigante

Il banano e la rosa.

Sebbene molti esemplari raggiungano l’altezza di un albero, il banano è una botanica erbacea, cioè con fusto non legnoso. Ed ha un primato: in questa categoria è la più grande specie dotata di fiore.

La sua vita è breve (anche se qualche varietà è invece perenne). Ogni fusto, dopo aver prodotto il casco, muore emettendo alla sua base un pollone di rapida crescita. Io li moltiplico così, lasciandone qualcuno a terra o travasandone altri in vaso, dove per altro si trovano piuttosto bene, non sviluppandosi però velocemente come i parenti in piena terra.

Essendo una specie tropicale, più precisamente di origine sud-est asiatica (le prime tracce del frutto sono state rinvenute a Papua Nuova Guinea e risalgono a circa 9000 anni fa) il banano necessita di un clima mite, piuttosto umido e soprattutto stabile. Nessuna gelata, moderata esposizione al sole. E soprattutto riparo dal vento che, oltre a sfrangiare piuttosto facilmente le enormi foglie, può anche spezzare il fusto erbaceo della pianta, fragile proprio perché non lignificato. Per questi motivi il banano può vivere bene all’aperto solo in alcune zone d’Italia. Altrove meglio ospitarlo in un grande vaso con terreno fertile e fresco, ma indoor.

Nutella raccoglie una foglia secca di banano caduta a terra.

Io nel Giardino Felice ho trovato un angolino perfetto per loro: protetta dai venti forti dell’autunno grazie ad un alto terrazzamento alle spalle, la piccola colonia risiede in un luogo illuminato dal sole solo fino a mezzogiorno, poi il grande muro inizia a fare ombra, proteggendo da scottature e aridità eccessiva. Lì non irrigo mai.

Agisco diversamente per la nursery nei vasi, nascondendoli tra le piante più alte del potted garden (vi ricordate cos’è? In caso contrario, leggete qui), che li aiutano a non disperdere l’umidità necessaria. Durante la bella stagione li bagno un paio di volte a settimana, e controllo che il terreno sia sempre sciolto, ricco e fresco.

Attendendo il casco

Ecco il casco di banane in maturazione e il fiore.

Nonostante il mio vicino di casa mi mostri orgoglioso ogni anno almeno un casco di frutti (più piccoli rispetto a quelli in commercio ma… comunque che invidia!), i miei banani non mi hanno ancora regalato nemmeno una fioritura, della quale già mi accontenterei, perché davvero strepitosa (inoltre nella cucina bengalese i fiori si mangiano crudi e cotti. Chissà che sapore hanno?).

Per ora non mi resta che godermi il lento fluttuare al vento delle foglie frastagliate, sognando frutti sani su caschi enormi che, sono sicura, arriveranno anche da me (nelle giuste condizioni ognuno di loro può pesare fino a 50kg e comprendere decine di banane).

Pillola verde: frutto climaterico

Piccolo banano nato l’anno scorso e appena rinvasato.

Sapete chi e cosa sono i frutti climaterici? Sono quelli che, esattamente come il banano, continuano la maturazione anche dopo esser stati staccati dalla pianta.

Altri climaterici più nostrani, o meglio adatti al nostro clima, sono: mela, caco, kiwi, ma anche fico, pera, pesca e melone.

Curiosità: non solo cibo

Dettaglio della foglia: con il vento si sfalda in molteplici striscioline.

Dopo aver gustato il frutto, è possibile utilizzare la buccia come lucido per scarpe “ecologico”. Basta strofinare delicatamente il suo interno sulla pelle di borse e scarpe, rimuovendo gli eventuali residui di polpa con un panno pulito e asciutto. Et voilà!

Momento di pulizia. Potatura delle foglie più rovinate dal vento.

Sempre a tema “usi alternativi e naturali”, le foglie del banano possono esser impiegate per avvolgere o appoggiare i cibi, grazie alla loro grandezza, flessibilità e impermeabilità. Ma mi raccomando, se volete farlo (e il risultato nel piatto è davvero molto scenografico), siate sicuri che le piante dalle quali prelevate le foglie siano coltivate in maniera biologica.