Foraging per dilettanti
In primavera, qui nel Giardino Felice si mangia il prato. Potrebbe sembrarvi esagerato, ma vi giuro che non lo é: le mie terrazze -ma più in generale tutto il paesaggio- pullulano di erbe spontanee eduli che in questo momento dell’anno danno il meglio di sé per bellezza e bontà. Inoltre tantissimi fiori di tutti i colori punteggiano il prato trasformandolo in un arcobaleno diffuso: molti di loro sono anche commestibili e aggiungono l’effetto “wow” ad ogni ricetta. Parlo delle corolle di Tarassaco, Alium triquetum, Acetosella, Calendula, Nasturzio e Borragine, facili da riconoscere ed ognuna con un gusto tutto suo.
Uno tra i primi fiori che mi finì nel piatto quando iniziai ad avvicinarmi alla raccolta spontanea fu proprio la Borragine (Borago officinalis), una pianta erbacea annuale e autoctona (originaria proprio del Mediterraneo). La notai per il colore intenso e piuttosto raro della sua fioritura, un azzurro che vira al viola ma anche al blu e si fa davvero notare tra tutti i fiori gialli di fine inverno e inizio primavera.
Allora ancora non sapevo che si potessero mangiare e che di questa pianta si mangiano in effetti anche le foglie e i fusti, mentre dai semi si ricava un olio che è un toccasana per la pelle. Ora che la conosco e la ri-conosco tra le mille erbe delle mie terrazze selvagge (è molto facile, le foglie che pizzicano al tatto sono davvero uniche), mi rendo conto della fortuna che ho a poterla ospitare e mangiare. Non coltivare, questo non ancora e forse mai, perché la Borragine è talmente libera e indisciplinata che qui fa proprio tutto da sola, e io la lascio fare, mi piace così.
Borragine: dove, come, quando e perché
La Borragine è una pianta mellifera spontanea in quasi tutto il territorio italiano. Vive bene dalle zone litoranee fino ad una altezza di circa 1000 metri. Può essere ospitata nell’orto domestico, dove tenderà ad espandersi, ma anche in vaso in esterno. Essendo annuale, scomparirà coi primi freddi per poi ripresentarsi ancora più fitta e vigorosa ad inizio primavera. Non lei, ma le future generazioni nate dai suoi semi.
La si semina a fine inverno direttamente a dimora in luoghi assolati: germina facilmente e cresce piuttosto velocemente, fiorendo fino ai primi freddi. Non ha bisogno di troppe cure, se non qualche innaffiatura nei mesi più caldi, specie se ospitata su terrazzi e balconi in pieno sole. E’ una pianta indispensabile per chi ha poco spazio e non sa scegliere tra bello e buono, ma anche per chi di spazio ne ha molto perché… fa proprio tutto da sola.
Borragine: una ricettina carina
Tutte le parti della pianta sono eduli e la si cucina in tutte le regioni d’Italia: le foglie vengono aggiunte a zuppe e minestroni, torte e frittate. Qui in Liguria è tra gli ingredienti chiave del Prebuggiún, il tipico misto di erbe di campo, e non può mancare nel ripieno verde di ravioli e pansoti.
I fiori (ma anche le foglie) si mangiano fritti in pastella: la loro peluria trattiene bene la panatura che risulta leggera e croccante. Le corolle sono anche usate per colorare e dare gusto alle insalate e a molti piatti freddi, perché con la cottura perdono sia di colore che di turgore. Io li uso anche nei panini e nei cubetti di ghiaccio. L’ultima scoperta è di questo inverno: sostituisco le melanzane con le foglie impanate di Borragine nella parmigiana, quando mi viene voglia di prepararla ma non è ancora stagione. Provare per credere.
Pillola verde: pianta bella e invasiva
La Borragine è tra le erbacee annuali più facili da tramandare. I suoi semi infatti hanno una altissima germinabilità e, se la si lascia fare, nelle giuste condizioni è in grado di colonizzare un prato in pochi anni. Qui non l’ho mai seminata: è arrivata da sola nel Giardino Felice e non se ne è più andata, per altro decidendo lei -e non io- dove metter su famiglia.
Curiosità: l’erba del buonumore
Erba dalla enorme bibliografia etnobotanica, alla Borragine sono legati utilizzi diversi in base al periodo storico e ai popoli che ne facevano uso. Se i soldati Celti la consumavano prima delle battaglie per procurarsi coraggio, tra i Romani si assumeva per allontanare la malinconia. In Italia, nel Medioevo, veniva invece usata per aiutare la memoria e le si attribuiva ancora il potere di curare la depressione.