Quando parlo di bulbi, faccio davvero fatica a definirli secondo la loro vera natura, quella di vere e proprie piante. Penso sempre e solo alla loro incredibile fioritura che per me non ha davvero paragone: chi, vedendoli e spesso annusandoli, resta indifferente?
Bulbi: un’altra storia di famiglia
Il mio amore per i bulbi arriva da lontano: precisamente da un giacinto rosa acquistato come fosse merce in un supermercato di città, folgorata dal suo profumo. Non ci credevo che un essere vivente così piccolo potesse sapere così di buono.
Fu per questo incontro causale di molti anni prima che, quando arrivai qui nel Giardino Felice, mi venne spontaneo iniziare a piantarli qui e là durante il mio primo autunno vista mare. Le terrazze erano ancora completamente selvagge, ma accanto a casa, in piena terra o nei vasi di quello che sarebbe poi diventato un “potted garden”, iniziava ad intravvedersi un minimo di ordine e uno spazio vagamente definito che sarebbe piaciuto loro (vi ricordate cos’è un potted garden? Altrimenti rinfrescate le info qui).
Bulbi: quel giorno che tutto cambiò…
La svolta decisiva (che ahimè durò solo il tempo di un sogno) fu quando mio zio Piero, l’unico in famiglia ad amare i fiori almeno quanto me, decise di privarsi di una parte della sua collezione, che mi arrivò in dono in alcune scatole di scarpe mediante un passamano di famiglia: aprendole, non avrei desiderato di meglio, nemmeno le slingback bianche e nere di Chanel, che allora ancora desideravo.
Lì dentro, accomodati solo come chi sa fare fa, c’erano un centinaio di narcisi e molti più crochi oltre a qualche altra specie che, dal solo bulbo a riposo, allora non sapevo riconoscere (sono bulbi narciso, croco, giacinto, ma anche muscari, tulipano, allium, amaryllis, anemone, giglio… oltre che gli eduli cipolla, aglio, porro, lampascione e zafferano, del quale però la parte che finisce nel piatto è il pistillo).
Quel giorno decido di mettermi subito al lavoro, era fine ottobre, il periodo adatto per metter tutto a dimora ed aspettare la primavera. Zappo e pianto, zappo e pianto. Moltiplicate il gesto per almeno 300 volte: allora avevo davvero fretta di piantare. E il cinghiale ancora più fretta di me, ma di mangiare. Sì, uno dei tanti bestioni con i quali ho convissuto qui e con i quali forse ancora dovrò spartire le terrazze vista mare, banchettò con i bulbi dello zio per una intera notte, quella successiva. Loro in effetti amano forse più di me, e di zio, scavare alla ricerca di bulbi, tuberi e rizomi.
Quelli che ora restano, dopo anni dall’ultima cena, sono i sopravvissuti o quelli ancora più fortunati che hanno viaggiato attraverso tutto l’apparato digerente del cinghiale senza esser stati scalfiti. Vivono ancora qui, ma “depositati” da lui in luoghi segreti. E continuano -grati nonostante tutto- ogni anno a fiorire. E io a gioire.
Bulbo: c’è un mondo dentro
Superata la confusione iniziale (i bulbi messi a dimora in autunno sono quelli a fioritura primaverile e viceversa), la relazione con questi piccoli mondi semi-autonomi è facile e sempiterna: basta sistemarli in piena terra con un minimo di accortezza, e dimenticarsi di loro.
Questo minimo di accortezza prevede:
- Il trapianto in un terreno ben drenante, per evitare i ristagni idrici specie quando la pianta è a riposo (se la terra del vostro giardino è molto argillosa e umida, nella zona di impianto lavoratela aggiungendo della sabbia di fiume).
- Annaffiare all’occorrenza quando le prime foglie fanno capolino, e continuare a farlo, senza esagerare, fino alla completa fioritura. Poi smettere di bagnare, non serve più.
- La scelta di una specie adatta al proprio clima, specie dove gli inverni sono molto rigidi.
- Una cura più accurata, ed il gioco di parole serve per potenziare il messaggio, se decidete di metterli in vaso al posto che in piena terra. In questo caso meglio estrarli dal contenitore che li ha visti fiorire una volta finito il loro ciclo (per maggiori dettagli, passate a “pillola verde”), lasciarli asciugare per qualche giorno all’ombra in un ambiente ben areato e poi riporli (ricoperti di segatura sarebbe l’ideale) in una scatola di cartone, tipo quelle delle scarpe, tenuta in un luogo fresco e asciutto fino al prossimo autunno, quando potranno di nuovo esser messi in vaso.
Un ultimo consiglio, per chi desidera un “effetto wow” (ma quale giardiniere non lo vuole?): piantate i bulbi vicini-vicini. Loro non si offenderanno e non si faranno la guerra in cerca di spazio. Gli piace proprio vivere così e ve ne saranno grati.
Bulbi&co: per saperne di più
Tutti conoscono narcisi, giacinti, tulipani nelle varietà più classiche, ma le possibilità in commercio sono centinaia e adatte davvero ad ogni gusto.
Ci si può avvicinare a bulbi, rizomi e tuberi meno usuali anche in modo “virtuale” sul sito florianabulbose.com, che è una specie di Wikipedia a tema con info e consigli pratici, area shopping con diverse varietà rare. Preziose, ma accessibili.
Pillola verde: guardare ma non toccare
A chi non piace un bulbo che spunta all’improvviso dalla terra -e quando decide, lo fa piuttosto velocemente- per poi fiorire ed inebriare l’aria di primavera o riscaldare i primi freddi, nel caso delle specie a fioritura autunnale? Immagino che tutti amino queste piante quando esprimono il meglio di sé. Però, per far si che le stesse possano vivere a lungo e riprodurre ogni anno il piccolo miracolo della fioritura con la stessa magnificenza della prima volta, occorre… imparare a lasciarli sfiorire.
Ebbene sì: una volta che il bulbo ha finito il suo ciclo e sta iniziando a seccare, non potatelo drasticamente per “riordinare” il giardino. Dopo la fioritura questi piccoli esseri incredibilmente autosufficienti hanno bisogno di tempo per riprendere le energie ed andare in letargo, fino al prossimo anno. Quindi… guardare ma non toccare!
Curiosità: la bolla dei tulipani
Tra tutti i bulbi esistenti, quello del quale si è scritto e detto (ma anche desiderato) di più è sicuramente Sir tulipano. Lui ha un passato passato da vera star: il Semper Augustus per esempio, la varietà estinta più costosa (e famosa) di sempre, fu la causa della prima bolla speculativa nella storia del capitalismo nell’Olanda seicentesca.
Ma sono passati più di quattro secoli da quando si ipotecavano case per acquistarne uno, e ora questi fiori, d’invariata bellezza, sono più “democratici”. E di gran moda, nonostante prima di sbocciare siano vestiti solo di una semplice “tunica” (così si chiama la pellicola protettiva che ricopre sia le foglie che l’embrione del futuro fiore).