Nonostante il suo nome super pop, legato ad una bibita tipicamente italiana, il chinotto (Citrus x myrtifolia) è invece una pianta piuttosto rara, una di quelle dimenticate dai vivaisti a favore -chissà perché- di altri agrumi noti.
Chinotto: chi sa chi è?
Davvero un peccato, perché questo piccolo Citrus dalle foglie miniate e di un verde così scuro difficile da definire è davvero un ottimo compagno di vita, sia in vaso che in piena terra in giardino (nei climi miti, proprio come i suoi cugini arancio, clementino e limone).
Io lo coltivo da quando sono arrivata qui (sì, anche lui fa parte di quella famosa eredità dello zio, quella che è partita da Como per restare) e non mi ha mai dato problemi, resistendo bene anche al secco estivo. Rispetto al resto della sua famiglia, cresce davvero lentamente ed ora, nella terrazza degli agrumi dedicata proprio allo zio Nando, sembra un bonsai del mandarino che gli vive accanto. Ma lui non sembra badarci, sicuro della sua spiccata personalità.
A rischio estinzione
Nonostante la sua bellezza, che già basterebbe per farlo conoscere ai più, il chinotto è coltivato in pochi luoghi, perlopiù alcune regioni italiane (Liguria, Toscana, Sicilia, Calabria) e Costa Azzurra Francese, tanto che la pianta era a rischio di estinzione. Proprio per la sua tutela, dal 2014 il chinotto di Savona è diventato presidio Slow Food e nel parco di San Pietro in Carpignano è stata attivata la prima piantagione estensiva.
Oltre al suo valore ornamentale, il chinotto viene coltivato principalmente per i suoi frutti, molto più piccoli e amari rispetto agli altri agrumi, ma ingrediente base per l’omonima bevanda analcolica. Io preparo una marmellata invernale quasi introvabile, anche perché la lavorazione è piuttosto laboriosa: i frutti vanno messi a sbollentare diverse volte, sostituendo l’acqua di cottura per togliere l’eccessivo amaro. E poi occorre armarsi di molta pazienza (e di un attrezzo da passata) per eliminare i tantissimi semi dalla purea ottenuta, che è tra le più intense e profumate di sempre, forse perché davvero sudata.
Pillola verde: felice in vaso
Come tutti i suoi parenti Citrus, gli agrumi, il chinotto sopporta bene il vaso. Anzi, questa condizione è ottimale per la pianta, sia perché ha dimensioni contenute (di raro supera i 2,5 metri), sia perché non ama il clima rigido, e in inverno può esser facilmente riparata in serra fredda o coperta e accostata ad un muro esposto a sud.
La dimensione ridotta la rende perfetta per esser ospitata su balconi e terrazzi di città, dove lo spazio per i grandi alberi di solito scarseggia. Inoltre la pianta è facile da coltivare (le basta un buon terriccio fertile ammendato a primavera con lupini macinati e una irrigazione costante) e bella in tutte le stagioni: tra gli agrumi è quella che conserva più a lungo i frutti sulla pianta, che maturano lentamente da fine estate e danno bella mostra di sé per i mesi successivi. Le zagare poi, profumatissime, inebriano l’aria in primavera. Ed essendo sempreverde, le piccole e fittissime foglie verde scuro rallegrano le grigie giornate invernali laddove la pianta, per il clima mite, può vivere all’aperto.
Curiosità: origini ignote
La storia del chinotto si sfuma tra ipotesi e leggende. Il suo nome deriva da Cina, che potrebbe esser la sua terra di provenienza, importato poi in Europa intorno al 1500. Ma non essendoci notizie certe sulla sua coltivazione in estremo oriente, si ipotizza che il termine possa semplicemente significare “frutto di tipo cinese”, proprio perché gli agrumi arrivano da lì o dall’India. Un’altra ipotesi presuppone l’Italia come zona di origine: il chinotto potrebbe derivare dalla mutazione di un arancio amaro nostrano.