Tra gli insegnamenti più grandi ricevuti in dono dal mio Giardino Felice, c’è anche quello di non giudicare, non classificare tutto e tutti secondo regole ed esigenze umane, non certo naturali.

Finocchio: il bisogno di nominare

La bellezza della pianta.

Madre Natura non chiama per nome, lei crea, osserva, lascia vivere e, a volte, distrugge rimettendo però tutto in circolo. Noi invece passiamo il tempo a studiare e classificare, forse per il bisogno di provare a capire fenomeni incomprensibili. Niente di sbagliato nel farlo: dare nome alle cose, provare a raccontarle, fa parte del nostro essere e io benedico Linneo, padre della nomenclatura binominale, anche botanica, grazie al quale posso scambiare informazioni di piante, frutti e fiori con chiunque nel mondo, sapendo di parlare esattamente della stessa specie o varietà.

La faccenda si fa più fastidiosa quando al nome si aggiunge un giudizio, che è sempre personale, opinabile. Faccio un esempio, per non sembrare machiavellica: orticole e ornamentali. Chi è cosa?

La tradizione vuole che negli orti vengano ospitate le botaniche per uso alimentare, mentre nei giardini piante e fiori “belli”, quelli da sfoggiare. Sempre per tradizione, i primi erano rilegati ad ambienti meno in vista, mentre i secondi venivano coltivati in pompa magna davanti a casa. Torno all’esempio, provando a non perdermi ancora: dove colloco il finocchio (Foenicum vulgare) e molte altre botaniche come lui?

Tra le bellezze dell’orto invernale non può mandare il finocchio o almeno le sue foglie.

La risposta sembra scontata, ma osservando con calma, come farebbe Madre Natura… non lo è affatto.

Finocchio: bello per errore

Ombrellifera mediterranea dall’inconfondibile e buonissimo grumolo (termine botanico che indica la guaina fogliare a diretto contatto col terreno, cioè la parte della pianta che di solito mangiamo), il finocchio è il bello tra i belli dell’orto giardino invernale. Tutti sanno com’è fatta la parte edule, ma lo avete mai visto crescere, andare a fiore e poi a seme? Se sì, di sicuro non la chiamate più orticola.

Il grumolo in versione classica, pronto per esser cucinato.

Come per cipolla, carota e cardo, mi sono accorta per caso del suo valore ornamentale, semplicemente non raccogliendone uno, che era rimasto piccino e col grumolo asciutto. Abbandonato al suo destino nell’orto per tutto l’inverno e poi in primavera, mi sono accorta di lui mesi dopo, quando iniziò a produrre foglioline sottili e delicate come pizzo, seguite da grandi infiorescenze gialle dalla tipica forma ad ombrello verso l’inizio dell’estate. Per poi trasformarsi ancora, in autunno, producendo semi fragranti ed aromatici.

Il fiore del finocchio: edule, aromatico e resistente in vaso.

Lasciandolo esprimere al meglio, con calma, in modo naturale, il brutto anatroccolo dal grumolo secco si è trasformato -nello scorrere delle quattro stagioni- in un cespuglio fitto, alto come me, bello non solo da guardare ma anche da annusare: viva il giardino olfattivo. E produttivo sempre, perché lo si può mangiare tutto, in tutti i mesi dell’anno.

Foglie tenere di finocchio per una insalata insolita e aromatica, unite a quelle di nasturzio e ai fiori di borragine.

Proprio da quel ex ortaggio scappato alla pentola per poca prestanza, e da molte letture successive, è nata l’idea del mio orto-giardino: uno spazio diffuso, bello, libero e buono, dove tutte le botaniche possono convivere. Certo, anche le cosiddette erbacce, perché molte di loro sono ornamentali ed eduli, e per giunta se la cavano benissimo da sole.

Protagonista dell’inverno

Foglie tenere di finocchio per una insalata insolita e aromatica, unite a quelle di nasturzio e ai fiori di borragine.

Il finocchio è l’emblema del mio credo, la pianta che cito sempre -insieme al nasturzio, dipende in che stagione mi trovo- per raccontare ciò che faccio e come coltivo. Non solo è piuttosto facile da ospitare, anche in vaso, ma anche e soprattutto non si ammala mai come invece succede a molti suoi compagni di stagione.

Se il grumolo è piccolo, si possono sempre mangiare tutte le altre parti della pianta.

Ogni anno ci provo, e perdo regolarmente la pazienza con cavoli, cavolfiori, cavolini di Bruxelles che, se come me non si vuole trattare, diventano la dimora invernale di intere colonie di cavolaia, un fastidioso insetto che in forma larvale è ghiotto di tutta la famiglia delle Brassicaceae: piante generose, sia chiaro, perché offrono un tetto e del buon cibo alle future farfalline. Il finocchio, lui, è differente: rimane fresco, sano, compatto e candido senza fare troppe storie. Come si fa a non amarlo?

Pillola verde: tenero e candido

Il fiore del finocchio è più propriamente una infiorescenza, detta ombrellifera.

Per ottenere un grumolo bianco e carnoso, occorre rincalzare la pianta almeno un paio di volte durante la sua maturazione. Questa operazione consiste nell’avvicinare -inalzandola- una quantità di terra sufficiente per coprire il grumolo stesso durante la crescita, impedendo al sole di inverdirlo, rendendolo fibroso e asciutto.

Curiosità: il mangiatutto

Orgogliosa del mio raccolto.

Del finocchio si mangia proprio tutto, come succede per poche altre botaniche. Non solo il grumolo, ma anche foglie, fiori e semi sono molto aromatici e permettono di godere del suo sapore intenso e profumato durante tutte le stagioni.