Oggi, da vera giardiniera, dovrei far credere che ho studiato la pacciamatura a scuola prima, e sul campo poi per mettere in pratica ciò che avevo appreso. Ma preferisco raccontare il mio vero incontro – seguito da un amore a prima vista e “per sempre” – con il pacciame. Mi piace di più, semplicemente, perché in giardino si impara molto spesso per caso, per necessità o, come successe a me, per disperazione.
Immaginate il mio giardino selvaggio a primavera, dopo le piogge abbondanti seguite da temperature quasi estive già da Aprile. Le piante esplodono, i fili d’erba crescono mentre li guardi, passi il tempo a decespugliare le terrazze e tagliare il prato. Ma poi, con il divieto di bruciare le sterpaglie da maggio a ottobre e l’80% del terreno non raggiungibile su ruote (nemmeno di carriola) come si fa a smaltire tutta quella materia organica? Qui da me le compostiere, seppur efficaci, non riescono a tenere il ritmo degli sfalci almeno in tre stagioni su quattro.
Fu così che scoprii la pacciamatura, un po’ per caso, per evitarmi una gran fatica e ignara (almeno allora) che quello che stavo facendo per disperazione avesse un nome ed anche una grande utilità. Ora vi racconto perché e soprattutto come si fa.
Pacciamatura naturale: perché farlo e cosa utilizzare
Pacciamare, in parole povere, significa coprire il terreno tra una orticola e l’altra (oppure attorno ad una pianta ornamentale o da frutto) per limitare la crescita delle erbe infestanti, che oltre a creare disordine andrebbero in competizione con le risorse dedicate alle colture.
Oltre a questo scopo, la pacciamatura ha molti altri vantaggi e diventa una tecnica irrinunciabile in un giardino naturale, sano e antispreco:
- Protegge la pianta, specie le sue radici, dal caldo eccessivo in estate ma anche dal troppo freddo durante la brutta stagione.
- Limita l’irrigazione, trattenendo umidità e rallentando l’evaporazione dal terreno.
- Migliora la qualità del suolo a seguito della decomposizione della materia organica, creando compost fertile e ricco in maniera naturale.
E mi voglio soffermare sul senso di “naturale”, perché sempre più spesso vedo pacciamature realizzate con tessuti di plastica che certamente impediscono la crescita delle malerbe, ma non sono in grado di migliorare il terreno, anzi: a lungo andare, con l’usura, rilasciano microplastiche che finiscono non solo nella terra, ma anche nel piatto se questi teli vengono usati nell’orto.
Quindi pacciamiamo “sano”, usando il materiale vegetale di scarto dei nostri giardini o terrazzi:
- Foglie secche, recuperate facilmente da piante caducifoglie.
- Paglia, il metodo più usato nell’orto sinergico, esteticamente molto bello e ordinato in caso di orto-giardino.
- Piccoli rami di potatura sminuzzati o cortecce, che durano più a lungo ma si decompongono più lentamente.
- Sfalcio del prato, come faccio io nel mio Orto Felice, nel frutteto e in alcuni vasi di piante ornamentali. Così facendo ho un duplice vantaggio: non devo smaltire l’erba tagliata e ho materiale in abbondanza quasi tutto l’anno (sconsiglio però la pacciamatura “verde” nelle zone molto umide).
- Muschio, adatto per piccolissime superfici e molto grazioso nei vasi delle ornamentali.
- Se proprio non si ha a disposizione tutto il resto, va bene anche il cartone grezzo, magari riciclando quello dei pacchi acquistati online: questa è forse l’unica buona scusa per acquistare su Amazon&Co, almeno per me.
Pillola verde: pacciamatura a ciclo continuo
Se vogliamo che la pacciamatura naturale duri nel tempo e sia proficua, occorre “rabboccarla” con una certa costanza. Stiamo infatti usando materiale organico che, per sua natura, tenderà a decomporsi nel terreno. Quindi controlliamo con una certa regolarità, affinché lo strato depositato resti sempre compatto. Oltre alla decomposizione, infatti, possono interferire altri fattori come un forte vento o animali, spesso gli uccelli, che scompongono la pacciamatura alla ricerca di piccole prede.
Curiosità: pacciame creativo
Otre a tutti quelli sopracitati, per pacciamare si possono usare diversi materiali “creativi ed alternativi”, magari riciclando oggetti che finirebbero in discarica. L’unica buona regola è che la materia prima sia naturale. Quando studiavo alla Scuola Agraria Del Parco di Monza, mi ricordo di una corsista che improntò la sua tesi sulla pacciamatura con lana di pecora: veniva dalla Val Camonica e ci spiegò che lì quel materiale era facilmente reperibile e a basso costo, spesso destinato allo smaltimento.
Perché allora non provare con un vecchio cuscino o materasso di lana, al posto che farlo finire in discarica? Io ho anche utilizzato teli spessi di cotone, ormai logori: se nei vasi erano ordinati e carini, in pieno campo il risultato era un po’ caotico, diciamo una gran brutta copia delle opere “impacchettate” di Land Art del duo Christo/Jeanne Claude.