Potatura: un (personale) rapporto di amore e odio

Sarò anche una ottusa purista, ma non ho mai capito perché le piante si debbano potare. Loro vivono sane e felici anche senza di noi e la nostra mania di rimettere tutto in ordine. Loro vivono felici secondo i loro canoni, non i nostri.

Non amo potare drasticamente e ogni volta rido per questo mio limite. Preferisco che la pianta, dove possibile, si esprima in totale autonomia

Mi sembrava una forzatura, una violenza vera e propria, vedere vecchi alberi capitozzati da finti giardinieri. Mi sembrava, e mi sembra così ancora oggi, dopo la formazione alla Scuola Agraria della Villa Reale di Monza e gli anni in campo, a volte anche potando (sempre per provare a capire, perché sono e voglio restare aperta ad ogni possibilità).

Potatura di contenimento di rosa e glicine

A scuola, lo devo ammettere, almeno ho compreso il perché delle potature dal punto di vista antropico (forse sarebbe più corretto dire antropocentrico): la potatura serve -all’uomo- per rendere le piante più produttive (specie le fruttifere), più belle e ordinate (dipende poi dai gusti), per ridurne la chioma (perché c’è sempre qualcuno, anche del “mestiere”, che ha la brutta abitudine di mettere piante vigorose, enormi, sbagliate, in spazi piccoli, angusti, altrettanto sbagliati). Lo si fa anche, ma questo me lo devono ancora spiegare bene, per “aiutare” la pianta. In pratica noi umani (esperti, ma più delle volte inesperti) dovremmo fare da dottori togliendo il secco, areando la chioma, levando polloni e succhioni.

Detto ciò… lascio ad ognuno il proprio giudizio, provando a raccontare cos’è questa pratica di arboricoltura che è stata e continua ad essere, oltre che un mio cruccio, anche una forma d’arte.

Ars toparia: una forma d’arte dimenticata

Eccomi all’opera su un ulivo

Sempre alla Scuola Agraria, mentre cercavo di capire con tutta la razionalità che potevo pro e contro di questa pratica, ho incontrato un ragazzo che… semplicemente amava. Sì, amava potare, e come tutte le questioni di cuore non riusciva a spiegarmi in maniera logica e funzionale (alle botaniche, non per l’uomo) il perché. Era lì, proprio come me, per approfondire una sua passione e dal suo sguardo, dall’attenzione che prestava nell’osservare e praticare la potatura, sono sicura che lui non farà mai male ad una pianta. Perché, mi spiegò un po’ restio, “per potare occorre instaurare una relazione col vegetale. Capirlo, conoscerlo, ottenere il suo consenso”. Un poeta, un libero pensatore, molto più di me.

Grazie a lui ho scoperto l’Ars Topiaria, cioè la manipolazione delle botaniche a fini artistici: alberi e arbusti vengono usati come materiale “plastico” per comporre elementi ornamentali dalla forma molto diversa da quelle assunta naturalmente.

Ciliegio in fiore sul quale ho eseguito una potatura di formazione, quella che si fa alle giovani piante

Esempi? Se volete pensare male, ricordatevi i piccoli orrori in bosso -delfini e altre forme a caso- spesso agonizzanti nei Garden Center. Se volete pensare bene, allora cercate immagini di vecchi giardini Settecenteschi, dove gli enormi parterre erano costituiti da basse siepi di bosso che disegnavano lo spazio, formando una sorta di arazzo vegetale. Una specie di Land Art ante litteram che devo dire colpisce piacevolmente anche me.

Potare: quando e come

Potatura invernale nell’uliveto

Se sul PERCHÉ vi ho già sfinito, ora provo a darvi anche qualche informazione tecnica, sapendo già che non vi soddisferò del tutto. Infatti ogni specie ha una storia a sé (anche di potatura), e occorre poi considerare la posizione geografica del vostro giardino. In Italia ci sono troppe differenze climatiche per poter generalizzare su un argomento così complesso.

Se sul QUANDO, genericamente, si possono individuare due macro periodi:

  • Fine dell’inverno (potatura detta “secca”), lontani da improvvise e tardive gelate, per le potature più importanti.
  • Estate piena (potatura “verde”), per un contenimento leggero o un ritocchino qua e là.
Per capire dove tagliare occorre prima osservare la chioma della pianta

Sul COME posso esser un po’ più precisa:

  • Non abbassare mai la pianta di più di un terzo della sua altezza. Di mio, direi anche un quarto, ma mi attengo a ciò che ho imparato a scuola (e mai messo in pratica).
  • Non potare sapendo che nei giorni successivi è prevista pioggia. Benissimo invece nelle giornate secche e ventose.
Attrezzi per la potatura manuale
  • Non tagliare i rami troppo grandi se non si è più che esperti. Se vi prudono le mani, pensate anche che la pianta potrebbe vendicarsi in un modo passivo, facendoveli cadere in testa.
  • Fare sempre il taglio dopo un nodo (il punto di partenza di un ramo minore), mai prima, ed eseguirlo in maniera obliqua, a “fetta di salame”.
Occorre sterilizzare gli strumenti di potatura anche tra pianta e pianta per non diffondere eventuali malattie
  • Utilizzare attrezzi sterilizzati (il semplice alcol va bene), e ripetere sempre l’operazione tra una pianta e l’altra, per evitare il diffondersi di malattie da contatto.
  • Controllare che la lama delle cesoie sia perfettamente affilata, e lo stesso vale per i denti delle seghe.
  • Eseguire un taglio netto, pulito.
  • Per gli arbusti non andare mai fino al “legno”, abbassate solo la parte “verde” della pianta, pena la morte della stessa per vostra mano (pesante). Qui penso alla Lavanda, bella, resistente e facile finché non la si pota.
  • Infine, lo dico per voi, non per le piante: non fate come me. Siate prudenti, arrampicatevi utilizzando scarpe adatte, protezioni… In giardino non si scherza, specie quando si pota.
Il glicine ha uno sviluppo talmente rapido che necessita di una potatura estiva, detta verde, e una invernale, quando le foglie sono ormai cadute

Pillola verde: ad ognuno la sua potatura

Ci sono diversi modi di potare, più o meno “soft”. Ecco i più utilizzati. Ma voi, di che tipo siete?

  • DI CONTENIMENTO, quando qualcuno ha fatto male i calcoli sul dove ospitare una pianta, e per non abbatterla si riduce, per non doverla estirpare.
  • DI RIFORMA, praticata quando sorge l’esigenza di variare la forma di un albero.
Potatura di contenimento verde, da eseguire in estate
  • DI RISANAMENTO, usata per eliminare le parti di chioma disseccate, spezzate o attaccate da parassiti.
  • DI ALLEVAMENTO, serve per dare alle giovani piante la forma ottimale per lo sfruttamento razionale dello spazio e della luce.
Potatura di contenimento del limone che invade il vialetto di accesso a casa
  • DI RINGIOVANIMENTO, praticata con l’intento di rinnovare le piante più vecchie, al fine di stimolare la produzione di nuovi rami.
  • SPOLLONATURA, la rimozione dei rametti che crescono alla base del tronco (come per l’ulivo).
  • SFEMMINIELLATURA, termine pittoresco che indica l’eliminazione dei germogli presenti sul tronco (come per il pomodoro).

Ultima, il male assoluto:

  • CAPITOZZATURA, consiste nell’asportazione dell’intera chioma della pianta, ed è un’operazione molto rischiosa dal momento che ne mette a serio repentaglio la sopravvivenza. Per fortuna oggigiorno sono in molti a sconsigliare questa tecnica, dal momento che gli alberi capitozzati, oltre che decisamente brutti da vedere, sono più vulnerabili e spesso muoiono nel giro di pochi anni.

Curiosità

In cima ad un vecchio ulivo cresciuto troppo in altezza. In questo caso occorre abbassarlo poco alla volta, anno dopo anno

Quando pensiamo all’Ars Topiaria, la nostra memoria storico-visiva corre verso i parterre Sette/Ottocenteschi. Ma questa arte è nata molto prima, all’epoca degli Etruschi e dell’Antica Roma. Già allora le piante venivano fatte crescere su supporti per guidarle verso la forma definitiva ed esser potate creando delle composizioni geometriche che spesso ricordavano animali e oggetti.

L’Ars Topiaria raggiunge il picco di splendore durante l’Età Flavia: le ricostruzioni dei giardini del Templum Pacis, costruito sotto Vespasiano, testimoniano questa pratica.