I giardinieri, l’ho capito frequentandoli, si dividono in due grandi categorie: decisi potatori e…pacifisti senza cesoie. Sebbene il mio approccio al giardinaggio sia piuttosto anticonvezionale e totalmente ispirato alla natura (leggi: potare è innaturale), negli anni mi sono accorta che l’integralismo non funziona nemmeno con le piante. Non esistono solo bianco e nero, specie in giardino dove regna il verde in tutte le sue sfumature.
Di che team siete?
Premessa fatta, vi spiego perché consiglio e pratico una forma di potatura che definisco “soft”. Un compromesso buono e facile modulato negli anni, che mi ha portato dall’esser una accanita sostenitrice del non potare (perché occorre assecondare l’andamento naturale di ogni botanica, meglio di Madre Natura di sicuro non possiamo…) a divenire una giardiniera che osserva e, se serve, interviene.
Non esistono solo potatori e potature da incubo, fatte da chi violenta le piante per incapacità o più banalmente per fare prima. A volte occorre afferrare le cesoie per il bene delle nostre coinquiline verdi e usarle per prevenire o curare un problema. Fondamentale però è sapere come agire, per non correre il rischio di far danni al posto che migliorie.
Nonostante l’intricato mondo delle potature sia impossibile da sintetizzare a parole e senza metterci le mani, esistono delle regole di base -poche e semplici- che permettono a noi neofiti di agire senza doverci troppo preoccupare, perché è meglio non giocare a “Edward mani di forbice” se non si ha la stessa abilità. Vediamo come (ma anche dove, quando e perché) intervenire.
Come potare
Sempre e solo con cesoie manuali o elettriche, eventualmente un seghetto. Usando attrezzi di piccolo calibro non si dovrebbero far grandi danni (il motosega è proibito se non siete mastri potatori). Gli attrezzi devono essere preventivamente sterilizzati (con alcol, candeggina diluita in acqua o prodotti specifici) e la pulizia va ripetuta ad ogni cambio pianta. Occorre avere lame ben affilate, in modo che il taglio sia netto. Quest’ultimo deve esser praticato in obliquo al ramo, proprio come si affetta un salame.
Meglio non potare rami di grande diametro, specie se non si è pratici, ed è buona regola passare una spennellata di propoli sui tagli fatti, evitando di coprirli col mastice, perché impedisce alla ferita di respirare e può creare più danni che benefici. Non eliminare mai più del 30% della chioma di un albero, altrimenti il rischio è davvero di compromettere la sua salute.
Dove tagliare
La potatura di ogni singola specie andrebbe affrontata in modo diverso, ma ci sono alcune regole generiche fondamentali.
La prima è sicuramente tagliare appena sopra un internodo (dove da un ramo principale si inserisce un secondario o da un secondario parte la foglia). Infatti se si taglia a caso sulla lunghezza si può correre il rischio di essiccamento della parte di ramo tra taglio e internodo. Nel caso di polloni da eliminare, occorre tagliare alla base degli stessi.
Se la necessità è di abbassare di molto alberi piuttosto alti, meglio farlo suddividendo l’operazione in 2 o 3 volte (leggi: 2 o 3 anni) in modo da non creare un trauma alla pianta e darle tempo di adattarsi per gradi alla nuova dimensione.
Infine ci sono alcune piante cespugliose (per esempio la gaura) che vanno accorciate drasticamente alla fine di ogni fioritura per facilitare quella dell’anno successivo. In questi casi -se si è sicuri di potare una botanica che ha questa esigenza- si può procedere decisi lasciando il cespo a circa una spanna da terra.
Quando intervenire
La fine dell’inverno è il momento migliore perché si opera su pianta ancora dormiente e molto spesso spoglia, fattore importante per aiutarci a meglio identificare le parti da eliminare. Dire “fine inverno” significa dare un indizio che va adeguato al proprio clima: vale la regola che le gelate (diurne ma anche notturne) devono esser un ricordo delle settimane passate. La giornata ideale? Soleggiata e ventilata, per facilitare la sutura del taglio (anche se lieve, si sta comunque provocando una ferita alla pianta che deve rimarginare il prima possibile). Per lo stesso motivo meglio controllare il meteo dei giorni successivi, per assicurarsi che non piova nell’immediato.
Per botaniche dalla crescita molto rapida (penso al glicine) si possono preventivare anche due potature all’anno, una invernale e una in piena estate.
Mai potare le piante in fiore. Si può invece intervenire rimuovendo le corolle sfiorite per facilitare una seconda fioritura. Ricordiamoci però che recidere il fiore ad alcune specie ornamentali significa perdere la possibilità di godere dei loro frutti in futuro: penso alla rosa e ai suoi cinorrodi iper-ornamentali, che colorano le grigie giornate invernali, ma anche alla bellezza di alcuni baccelli, come quelli del glicine o della bignonia.
Ma soprattutto… Perché farlo
Ci sono diversi tipi di potature, ognuna con uno scopo preciso: quella di formazione o allevamento serve ad “impostare” la pianta nella forma desiderata (golosa, conica, a spalliera…) ed è molto usata per gli alberi da frutto. Altra potatura fin troppo praticata è quella di contenimento: serve per mantenere le piante ad una determinata grandezza/altezza o forma (per esempio per le siepi).
Potature “light” sono quelle di sfoltimento per far meglio arieggiare l’interno chioma di alberi o arbusti, evitando loro di far vela in situazioni molto ventose, e l’eliminazione di rami secchi per scongiurare l’insediarsi di malattie fungine che spesso attaccano le piante proprio da queste “zone morte”.
Pillola (e potatura) verde
Per i ritardatari o i super ordinati esiste anche una potatura estiva che viene chiamata “verde” proprio perché si pratica su piante in pieno sviluppo vegetativo. Questa pratica è però da considerarsi utile solo per piccoli interventi di contenimento e pulizia.
Curiosità: taglio a regola d’arte
La potatura non è solo una pratica per curare o contenere lo sviluppo di una pianta, bensì una vera e propria forma d’arte, detta Ars Topiaria.
Consiste nel dare a piante ed arbusti una forma molto diversa dalla loro naturale a scopo unicamente ornamentale. Spesso si scelgono silhouette geometriche e astratte fino ad arrivare a ricreare sagome di animali, oggetti e persone.
Questo vezzo (per noi, non di certo per le piante che spesso soffrono e si ammalano a causa delle continue potature) richiede una altissima manutenzione.
L’Ars Topiaria nacque nell’Antica Roma e visse il suo massimo splendore nel 1700, periodo durante il quale interi giardini venivano “scolpiti” usando il bosso, essenza dalla texture compatta quindi adatta ad assumere forme anche molto complesse.