Ogni persona, ogni animale, ogni pianta e persino ogni cosa, qui nel Giardino Felice, hanno una storia da narrare. Un aneddoto degno di esser tramandato. Ed io credo di esser qui per questo.

Ci sono stati momenti in cui chiamavo anche i sassi per nome, ascoltavo i loro racconti, ma era la prima estate di lavori e forse deliravo sotto al sole agostano. Ho passato mesi (anni!) a pulire le terrazze e continuo a farlo ora. Volevo (voglio) più piante, o meglio, maggior biodiversità, e meno inerti nel terreno, che lo rendono ottimo per realizzare un giardino roccioso -adesso così di moda- ma ostile a molte altre specie. Zappando, ripulendo, imparando a conoscere il territorio che mi ospita, ho creato zone diverse tra loro, adatte ad accogliere chiunque. O quasi.

Sichuan: nella terrazza delle esotiche

Pianta di circa 5 anni, con portamento cespuglioso. Non l’ho mai potata.

Giù verso mare, nel luogo più umido, meno battuto dal vento invernale ma sempre assolato, ho dato vita alla terrazza delle esotiche: lì ora vivono avocado, mango, guava, banano di montagna, litchi, feijoa. Tutte specie che hanno bisogno di caldo -alcune di loro un po’ di più degli agrumi- ma soprattutto di acqua, terreno fertile e protezione.

Tra loro c’è finita anche una pianta molto diversa, poco conosciuta e davvero facile da ospitare, il sichuan (Zanthoxylum piperitum). Quando arrivò a casa, dopo un’attesa durata mesi, non conoscevo ancora la sua rusticità e non la volevo assolutamente perdere a causa di cure sbagliate. Avevo fretta di piantare, ma soprattutto di assaggiare i suoi frutti, e la misi per sicurezza tra le tropicali, nel luogo più sicuro di tutto il giardino.

Da subito lei fu diversa: si sentì immediatamente a casa nonostante la sua terra di origine sia l’estremo oriente (il suo nome, sichuan, deriva dall’omonima regione cinese); crebbe veloce e sana per tutta l’estate fino a quando, in autunno inoltrato… iniziò a perdere le foglie.

Sichuan: nudo è bello

Dettaglio delle bellissime spine, enormi, molto appuntite e decorative.

Sentirsi combattuti, in giardino, è vedere bellezza ovunque, anche dove c’è (o sembra esserci, agli occhi di una neofita) morte.

E io, quel primo autunno di convivenza felice col sichuan, ero combattuta tra la bellezza dei suoi rami grafici che piano piano si spogliavano, mettendo a nudo uno scheletro scuro, con grosse spine legnose che impreziosivano il ricamo e l’idea che l’intera pianta, non solo le foglie, mi stesse improvvisamente lasciando, senza un motivo apparente.

Combattuta perché, nel mio nuovo mondo mediterraneo fatto per lo più di piante sempreverdi, vedere un albero perdere le foglie può significare doverlo salutare per sempre, vittima di una virosi o di chissà quale altra assurdità.

Dettaglio delle foglie, anch’esse eduli e con potere anestetico.

Il sichuan, capii poi dopo lo spavento, è semplicemente un albero deciduo, cioè che perde le foglie nella stagione sfavorevole. Proprio come molte specie, così famigliari quando ero bambina, che spesso vivono un po’ più a nord.

In effetti questa pianta resiste bene al freddo intenso, anche di parecchi gradi sotto zero: le basta avere una posizione in pieno sole ed esser irrigata nei periodi di grande siccità. Non necessita di potature, se non di contenimento, non si ammala mai ed è adatta anche alla coltivazione in vaso, purché posizionato in zone di poco passaggio. Le sue spine infatti non perdonano e al contrario la rendono perfetta per creare barriere difensive naturali.

Oltre al suo grande valore ornamentale, amo il sichuan per le sue foglie aromatiche (quelle più tenere possono esser aggiunte alle zuppe per ritrovare i profumi della cucina asiatica) e per le sue bacche eduli dal sapore fresco e leggermente piccante che per altro sono ricche di olii essenziali dall’azione antinfiammatoria, proprio il contrario del classico pepe col quale spesso viene erroneamente imparentato.

Pillola verde: seme facile

Semi di sichuan. Non sono eduli e vanno rimossi, però si possono seminare. Hanno un elevato tasso di germinabilità, quindi adatti a tutti i pollici.

Riprodurre il sichuan è semplicissimo, e in pochi mesi si potrà ammirare l’evoluzione di una piccola pianta nata da seme. Per poter gustare i suoi frutti, occorrerà però aspettare qualche anno.

Momento della separazione delle bacche dai semi. Io faccio tutto manualmente e l’operazione è piuttosto lunga (e noiosa).

Meglio seminare a primavera le sementi ricavate dal raccolto autunnale, disponendole in piccoli vasi o in semenzaio e mantenendo la terra sempre fresca, in luogo luminoso ma non sotto ai raggi diretti del sole.

Curiosità: aroma freddo

Bacche di sichuan essiccate e pronte per il consumo

Per gustare al meglio il sichuan in tutto il suo complesso aroma, occorre aggiungerlo ai piatti da freddo e appena macinato, perché il calore della cottura elimina quasi completamente il suo sapore. La parte edule del frutto è la bacca rossastra essiccata in modo naturale e non il seme nero e lucido -bellissimo- che invece va asportato e conservato per esser seminato. Infine le sue foglie più tenere, se masticate, provocano una sensazione di intorpidimento. Essendo leggermente anestetiche, nella medicina tradizionale cinese vengono usate per alleviare il mal di denti.