Strelitzia: il fiore simbolo degli anni ’80
Chi di voi era bambina (o bambino, poco importa ma specifichiamolo) negli anni ’80 sicuramente conosce la pianta delle Strelitzia (Strelitzia reginae) almeno per il suo fiore davvero inconsueto e riconoscibilissimo: grafico, dal look potente, edonista -sempre che si possa usare questo aggettivo per un vegetale- e sicuramente “bold-colors” (resterò per tutta la vita una redattrice di moda, una che per esprimersi deve piazzare qui e là qualche inglesismo nella conversazione, che fa più figo. Ma forse anche no, perché oggi dire “colori audaci” al posto di bold mi sembra l’ultima delle raffinatezze: viva l’italiano).
E viva anche l’Italia tutta, specie quella dal clima mite, terra nella quale la Strelitzia ha trovato nuova patria e domicilio nei giardini mediterranei a bassa manutenzione oppure in vaso laddove le temperature, da ora fino a primavera, si avvicinano o scendono sotto lo zero. La Strelitzia piace ancora molto fuori casa, ma da decenni non è più di moda come fiore reciso e solitario (solitario perché la sua silhouette è talmente speciale che risulta difficile abbinarla ad altri). Anni fa dava bella mostra di sé in quasi tutti i salotti, spesso nei vasi di Venini dai colori altrettanto audaci. Sì, negli anni Ottanta si osava -parecchio- e non faceva paura mescolare più tinte forti tutte insieme: la gioia di vivere era nell’aria.
Uccello del paradiso: una pianta esotica e facile da ospitare
Per la forma ed i colori del suo fiore, la Strelitzia è spesso chiamata uccello del Paradiso: a piena fioritura i suoi petali – tre arancioni e tre di un blu che tende al viola – si dilatano nello spazio, simulando l’apertura alare di un volatile multicolore.
Questa pianta però non fa parte delle belle e impossibili, anzi, coltivarla è davvero facile.
Come per tutte le specie, lo ripeto allo sfinimento perché ci credo, la regola di buona cura è una (e sempre la stessa): osservare il loro ambiente naturale, il luogo dal quale provengono e dove vivono spontanee. Lei, la Strelitzia, è originaria delle zone tropicali dell’Africa Meridionale, che in termini botanici significa:
- Clima temperato e piuttosto costante (odia gli sbalzi termici, per questo può esser ospitata dentro casa. Ma in inverno non la tenete accanto ad una porta finestra che aprite spesso, mi raccomando, non sarebbe felice)
- Buona umidità dell’aria (attenzione al caldo-secco dei termosifoni)
- Terreno sciolto, drenante, fertile, ricco (evitando ristagni idrici che creano marciume radicale e sono molto diversi dall’umidità fogliare che invece ama. Per quest’ultima basta nebulizzarla di tanto in tanto).
- Buona esposizione alla luce solare che favorisce una abbondante fioritura.
Curiosità
La Strelitzia reginae arrivò per la prima volta in Europa nel 1773, ai Royal Botanic Gardens di Kew, in Inghilterra, oggi come allora la “mecca” dei botanofili di tutto il mondo. Fu portata da Joseph Banks, uno dei più importanti e avventurosi cacciatori di piante di sempre. Da lì si diffuse e da esotica divenne una pianta “famigliare” nei giardini -non solo botanici- di tutta l’Europa Meridionale.
Pillola verde
Ci sono pochi fiori in grado di tener testa alla Strelitzia, non solo per la sua bellezza ma anche e soprattutto per la longevità della sua corolla che “resiste” per circa tre settimane.