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Greta Thunberg condannata per aver bloccato la strada di accesso a un terminal
È un’estate di temperature fuori controllo alternate a nubifragi senza precedenti, che hanno reso evidenti anche nel nostro Paese, al di là di ogni irragionevole dubbio, gli effetti del climate change. «Un’emergenza che minaccia la vita, la salute e la proprietà. Una situazione per la quale innumerevoli persone e comunità sono a rischio sia nel breve che nel lungo termine», per usare le parole di Greta Thunberg davanti la corte di Malmö, in Svezia, che l’ha condannata per aver bloccato, il 19 giugno, l’accesso stradale a un terminal petrolifero.
Greta Thunberg e i Fridays For Future
Dalle manifestazioni all’azione. È questo il percorso della 20enne attivista svedese, che iniziava proprio 5 anni fa – il 20 agosto 2018 – i suoi “scioperi scolastici per il clima” da cui sono nati i Fridays For Future, movimento internazionale di protesta per la giustizia climatica. Era tanto che non si sentiva parlare di lei perché Greta, che si è diplomata a giugno, ha preferito eclissarsi. A spiegarlo Marco Modugno, uno dei portavoce dei Fridays For Future: «Da molto tempo ha scelto di non essere più la protagonista della protesta perché l’attenzione mediatica, a volte morbosa, nei suoi confronti scemasse e lasciasse spazio ai contenuti del movimento».
Il climate change in Italia
Contenuti che partono da fenomeni sempre più frequenti e devastanti. «Il nuovo clima minaccia la nostra vita quotidiana» riflette il climatologo e divulgatore Luca Mercalli. «Sono decenni che lanciamo allarmi, ma il problema è sempre il solito: parlare di clima equivale a parlare al vento. Ci rendiamo conto di quello che succede solo quando ne siamo travolti, ma poi abbiamo la memoria corta e ce ne dimentichiamo». Impossibile non citare, oltre all’alluvione in Emilia Romagna e al nubifragio a Milano, la Tempesta Vaia nel Triveneto nel 2018 o lo scioglimento di un seracco di ghiacciaio sulla Marmolada l’anno scorso. «Non vogliamo prendere in mano una questione che implica la nostra responsabilità personale. Perché è chiaro che il cambiamento climatico sia frutto delle attività umane, comprese quelle quotidiane: la benzina nella nostra macchina, il riscaldamento di casa, l’aereo per le va- canze, quello che cuciniamo a cena, quanti vestiti all’anno cambiamo. Queste azioni consumano energia, bruciano petrolio, producono rifiuti. Eppure, appena si tocca la sfera delle decisioni personali, tutti si girano dall’altra parte e finisce il dibattito».
La deresponsabilizzazione dei negazionisti
Un processo di deresponsabilizzazione conscia e puntuale che pare non conoscere barriere di nazionalità, come spesso la stessa Greta ha evidenziato. A cominciare dal celebre discorso all’Onu del 2019, in cui ha inchiodato alle proprie colpe il mondo intero al grido di “Come osate?”: «È tutto sbagliato. Io non dovrei essere qui di fronte a voi. Dovrei essere a scuola, dall’altra parte dell’oceano. Eppure venite a chiedere la speranza a noi giovani? Come osate? Siamo all’inizio di un’estinzione di massa. Come osate continuare a guardare dall’altra parte e venire qui dicendo che state facendo abbastanza?». A sottolinearlo anche il divulgatore scientifico Mario Tozzi, conduttore di Sapiens – Un solo Pianeta su Rai3 e da poco in libreria con Perché il clima sta cambiando? (Einaudi Ragazzi): «È il momento di finirla con un negazionismo ormai ridicolo, ed evidentemente privo di scientificità. Il mondo accademico è praticamente unanime: tutti sottolineano che sia fondamentale agire rapidamente, e partendo dalla quotidianità».
Il mantra “riduci, riusa, ripara, ricicla”
Come? In accordo con Greta, adottando il mantra del “riduci, riusa, ripara, ricicla”. Acquistando meno, preferendo cose di seconda mano, punta do sull’efficienza e il risparmio energetico, ma anche reimpostando la propria routine. Le ecotips non mancano. Si può iniziare dallo spegnere le luci quando si esce da una stanza (sia a casa sia al lavoro), togliere la tensione agli apparecchi in stand-by (che consumano una grande quantità di energia), stampare solo ciò che è necessario e sempre fronte/retro, ridurre i cibi che necessitano di più risorse naturali (come la carne), praticare la raccolta differenziata, scegliere un’auto efficiente (da guidare senza accelerare o de- celerare bruscamente). «Purtroppo regna un pressappochismo ideologico allarmante» riflette Tozzi. «Dire che tutto dipenda dagli uomini significa sostenere che solo gli uomini possono cambiare le cose. Significa ammettere che è possibile mutare la strategia di sviluppo, mettendo in discussione il modello capitalistico della società e rinnegando il massimo profitto come stella polare. Questo però non accade, e così restiamo immo- bilizzati mentre i grandi del Pianeta attuano la solita strategia: rimandare fino a quando non sarà davvero necessario prendere una posizione. Esattamente come è stato fatto con il DDT, le piogge acide, il buco dell’o- zono». Anche questo Greta lo aveva detto, alla conferenza Youth4Climate del 2021 a Milano, attaccando il “bla bla bla” dei politici: «Non possiamo più lasciare alle persone al potere decidere cosa sia politicamente fattibile, e cosa no. La speranza non è bla bla bla. La speranza è dire la verità. La speranza è agire di conseguenza. E la speranza viene sempre dalle persone comuni».
Il risveglio pulsa fra le file della Generazione Z, convinte che i prossimi anni determineranno il futuro dell’umanità e pronte a battersi fra azioni dimostrative e radicali cambiamenti delle abitudini. «Noi giovani siamo già ora costretti a vivere una vita totalmente diversa da quella dei nostri genitori: non esiste più la certezza di crescita e benessere, anzi l’incertezza per il presente e per il futuro la fa da padrona» continua Modugno. «Non vogliamo più aspettare perché le cose cambino. Le conseguenze degli squilibri climatici indotti fino a ora stanno già provocando una quantità di morti che fa impallidire i nefasti effetti della pandemia. Basta negare! Abbiamo in programma due mobilitazioni: una il 15 settembre, scelta come data globale per il clima, e una il 6 ottobre. I temi su cui ci stiamo concentrando sono l’acqua e la siccità. Ma siamo convinti che l’unica vera soluzione per salvarci sia smettere di usare i combustibili fossili, lasciarli sotto terra. E dunque il nostro slogan, ora più che mai, è “End fossil”». I combustibili fossili come carbone e petrolio sono risorse non rinnovabili che oggi forniscono circa l’80% dell’energia mondiale, e la fonte energetica di elettricità, riscaldamento, mezzi di trasporto. Durante la loro combustione rilasciano anidride carbonica e altri gas serra che imprigionano il calore nella nostra atmosfera, rivelandosi fra i principali fattori all’origine del riscaldamento globale. «Ogni italiano lascia una carbon footprint di 7 tonnellate all’anno, grande 23 metri, come l’impronta del piede di un gigante» spiega Mercalli. «Ma abbiamo meno di 30 anni per raggiungere la neutralità carbonica se vogliamo continuare ad abitare questo Pianeta». Per farlo è necessaria oggi più che mai una presa di coscienza perché il tempo – come hanno di recente ribadito Papa Francesco e il Presidente Mattarella – è scaduto. Occorre davvero fare presto. Ma, soprattutto, cominciare da noi. Greta ce lo ha detto: «Non abbiamo un Pianeta B».
Il movimento Fridays For Future scenderà di nuovo in piazza il 15 settembre e il 6 ottobre. Lo slogan sarà “End Fossil”. Ovvero: smettere di usare i combustibili fossili.