Oleandro: tra le piante più tossiche della flora italiana
Togliamoci subito dall’impiccio di un titolo un po’ tetro, per poi continuare in discesa: l’Oleandro (Nerium oleander) é una pianta tanto bella quanto tossica. Quindi, avendo un look splendido in tutte le stagioni, posso affermare con certezza che è tra le più velenose presenti nella flora italiana. Così, tanto per dire, può anche uccidere (persone e animali).
Avete per caso letto il libro o visto il film White Oleander? Se vi dice qualcosa, sapete di che parlo, altrimenti ve lo racconto in breve: un omicidio in piena regola con avvelenamento da Oleandro. La pianta è tossica in ogni sua parte (comprese le profumatissime corolle di fiori doppi o stradoppi, che sembrano arrivare dal paradiso. Sbagliato: quelle in paradiso ci portano, ahimè).
La sostanza velenosa che circola nella pianta si chiama oleandrina ed è talmente potente da agire anche a frasche secche (mai bruciare gli sfalci di potatura dell’Oleandro e soprattutto mai fare come quel reggimento napoleonico avvelenato dai rami della pianta usati nella cucina da campo come spiedi per grigliare carne. Ve lo dico perché siamo in stagione di barbecue in giardino, casomai non trovaste un rametto di rosmarino e voleste sostituire con altro…).
Ultimo consiglio preventivo, affinché il panorama noir sia completo: usate guanti da giardinaggio quando lo manipolate e non riutilizzate l’acqua del vaso in caso vogliate farne dei mazzi (ve lo sconsiglio comunque a priori, perché i fiori dell’Oleandro sono bellissimi ma hanno poca tenuta una volta recisi). Ora che siete avvisati, e se non vi ho spaventato abbastanza, passiamo al bello della pianta, che è davvero “tanta roba”.
Oleandro: può uccider(vi) ma lui è immortale
Dopo le dovute precisazioni (mi piace coltivare in salute le piante ma anche gli amici pollici verdi), posso dirvi che nel mio giardino felice ne ospito quasi 70 cespugli, tutti figli -per talea- dei primi due esemplari arrivati con me da Milano. Ospito loro, amici, cani e gatti (e un sacco di fauna selvatica), ma a nessuno è mai successo nulla, nemmeno a me che amo potare a mani nude tutte le piante, Oleandro compreso.
Negli anni ho riprodotto e piantato così tanti esemplari non perché sia una matta (e non vendo neppure veleno): io già sapevo quanto “immortale” fosse questa pianta, che intreccia la sua storia alla mia sin da bambina. L’oleandro (Nerium oleander) é legato ai miei ricordi d’infanzia: se la nonna materna era la Rosa, quella paterna era il Salice piangente. Papà era Noce, e mamma Oleandro (dal poco amore di mia madre per le piante avrei già dovuto farmi un’idea sulla robustezza di questo cespuglio sempreverde). Mamma ne aveva due piante all’ingresso del suo ufficio che sono rimaste lì -tra gelate, nevicate e chiusure estive senza esser irrigate- per oltre trent’anni. Ed ogni primavera rifiorivano impassibili, fino ad ottobre. Sono praticamente cresciute con me.
Ancora non siete convinti sul fatto che sia immortale? Vi do un altro indizio: guardate le fioriture che donano grazia ai guardrail su moltissime autostrade, da nord a sud: se sono usate (e anche dimenticate) come spartitraffico su asfalto rovente ce la faranno di sicuro anche da voi.
Oleandro: caratteristiche della pianta
L’Oleandro è un sempreverde cespuglioso e molto vigoroso. Può raggiungere qualche metro di altezza (i primi che ho piantato qui, circa 10 anni fa, ora sono alti più di tre metri e larghi quasi altrettanto). Si può coltivare anche ad alberello, e sulla Riviera dei Fiori ci sono esemplari vecchi e bellissimi che profilano i viali lungo il mare. Questo tipo di portamento però necessità di cure extra, perché la pianta tende a produrre polloni al suo piede e quindi occorre intensificare la potatura per mantenere una forma che in natura non le appartiene.
Io li coltivo seguendo la loro inclinazione arbustiva e ne ho a fiori semplici, doppi e stradoppi (sembrano delle roselline e sono molto scenografici). Hanno una palette colore che copre tutte le sfumature del rosa, partendo dal bianco candido fino ad arrivare quasi al porpora.
Una pianta che fa tutto da sola
Con l’Oleandro sono partita prevenendo, ma sono sicura che la pianta, per bellezza e rusticità, vi ha già conquistato. Aggiungo anche che, proprio per il suo essere così facile, non necessita di cure (ma se al posto che sopravvivere la vogliamo far vivere bene… diamole un pochino di attenzioni e ci ringrazierà con foglie lucide e fioriture copiose).
Si presta bene a vivere in vaso (ed in base alla dimensione di quest’ultimo l’Oleandro deciderà quanto e come crescere) ma in piena terra da il meglio di sé. Vive bene anche a mezz’ombra ma le fioriture esagerate si vedono in pieno sole. All’ombra invece produrrebbe pochi boccioli facendo risaltare maggiormente il suo côté sempreverde. Per farle un regalo, datele da bere in piena estate, ma solo se la ospitate in vaso: se avete deciso di metterla a terra farà davvero tutto da sola.
Come riprodurre la pianta
Con la talea di Oleandro vinco facile: é la prima che consiglio, ideale per neofiti green. Basta prelevare un rametto apicale possibilmente non fiorito e lungo circa 20/25cm, metterlo in acqua per metà, eliminando anche qualche foglia, e conservarlo in un luogo fresco e in ombra luminosa. Dopo qualche tempo il ramo radicherà e sarà pronto per la messa a dimora nel terriccio.
Lo so, “qualche tempo” è una unità di misura piuttosto vaga, ma dipende da quando fate la talea (si, é fantastico, la si può fare quasi sempre durante l’anno, evitando magari i mesi più freddi che però da me non esistono). Se proverete in primavera la radicazione sarà velocissima (meno di un mese), se invece agirete in estate, autunno o inizio/fine inverno dovrete lasciarle un po’ più di tempo. In entrambi i casi, vi garantisco il risultato.
Pillola verde
Raramente parlo del significato dei fiori, perché non ne so molto e soprattutto penso che la loro bellezza sia proprio nelle sfaccettature che ognuno di noi può leggere nella corolla, un po’ come per l’oroscopo e i segni zodiacali: vale molto l’interpretazione personale. Dopodiché l’Oleandro porta con sé un messaggio preciso e tranchant: é la pianta simbolo dell’oblio e regalarlo equivale a dire “ti ho dimenticato”. Anche in questo caso vale il consiglio “manipolatelo con cautela”.