Simbolo dell’8 marzo, le mimose sono amate o detestate, senza mezze misure. Scopriamo tutti i segreti di questo fiore e le storie di tre donne che lo scelsero e lottarono per affermare se stesse.
Mimosa: come si coltiva e perché si regala l’8 marzo
La mimosa è un fiore molto profumato e di colore giallo, simbolo della festa della donna. Ogni anno è usanza regalare la mimosa l’8 marzo, ma in realtà non tutti conoscono il vero significato della mimosa in relazione alla festa della donna. Un altro fatto poco conosciuto è soprattutto che – anche se siamo abituati a vedere la mimosa su alberi rigogliosi – in realtà è possibile coltivare la mimosa in vaso.
In questo articolo faremo un viaggio nel mondo di questo splendido fiore.
La mimosa e il legame con la Festa della Donna
L’usanza di regalare la mimosa per la Festa della Donna è stata “inventata” in Italia, e precisamente risale all’8 marzo 1946. All’epoca la giornata Internazionale della Donna (spesso semplificata come “festa della donna“) era già stata istituita da tempo, per la precisione si era celebrata per la prima volta l‘8 marzo 1909 negli Stati Uniti.
L’Italia aveva adottato questa ricorrenza già dal 1922, ma la consuetudine fu ripresa con maggiore entusiasmo nel dopoguerra, e per la precisione già dal 1946. In questo anno con l’iniziativa dell’UDI – Unione Donne Italiane di cui facevano parte donne appartenenti a quasi tutti gli schieramenti politici, si adotta la Festa della Donna in Italia, e si sceglie di utilizzare la mimosa come fiore simbolo di questa importante ricorrenza, che acquista un valore in più ora che le donne hanno ottenuto il diritto di voto anche in Italia.
La storia della Festa della Donna in Italia
Siamo nel 1946. L’Italia sta raccogliendo le macerie lasciate dalla guerra. Prova a ricostruire e lo fa anche con i mattoni della politica: si progetta la Costituzione, si vota e ai seggi arrivano per la prima volta anche le donne. Già, ragazze e madri di famiglia: bisogna coinvolgerle. E non c’è modo migliore, pensa il Partito Comunista, che ripristinare la famosa Festa della donna, quella che era nata negli anni ’20 ma che poi era stata censurata dal fascismo.
Ci vuole un simbolo e l’allora numero due del partito, Luigi Longo, chiama l’anima rosa del Pci: Teresa Mattei, Rita Montagnana e Teresa Noce. Sono combattenti che stanno facendo la Storia. Anche se nessuno, o pochissimi, lo sanno, perché alla fine a salire alla ribalta sono sempre gli uomini.
Teresa Mattei, Rita Montagnana e Teresa Noce
C’è Teresa Mattei, genovese: ha l’animo ribelle e non lo nasconde. Da ragazzina viene espulsa da tutte le scuole italiane perché osa ribellarsi a un professore che incensa le leggi razziali. Durante il fascismo conosce per due volte il carcere ma non si ferma davanti a nulla, nemmeno alla partecipazione all’assassinio del filosofo Giovanni Gentile. Poi diventa partigiana: Chicchi è il suo nome in codice e macina chilometri tra le montagne portando medicine, armi e segreti di battaglia. Quando l’Italia è libera, entra nell’assemblea Costituente e nel Pci. E lì conosce le sue compagne.
C’è Rita Montagnana, sguardo fiero come il quartiere torinese degli operai, dove è nata. Ebrea, a 15 anni è già una sartina, fatica con ago e filo e scende in piazza per i diritti delle lavoratrici. Questo impegno la porta a Mosca, alla conferenza internazionale delle comuniste. Lì conosce Palmiro Togliatti: lui è il leader del Pci, lo chiamano “il Migliore”. Non è difficile per Rita innamorarsi di lui. E dirgli sì, il giorno del matrimonio e molti altri dopo.
E poi c’è l’altra anima del trio, Teresa Noce. Anche lei torinese, figlia di operai, è tra le fondatrici del Partito Comunista, anche se tutti la ricorderanno solo come moglie di Luigi Longo, uno dei “capi” dei rossi. Invece Teresa è molto altro: fonda un giornale, lotta nella guerra civile spagnola con il nome di battaglia Estella, attraversa in incognito Stati e confini. E prova sulla sua pelle l’esperienza devastante dei campi di concentramento.
Niente violette come in Francia, ma mimose
Quando le tre si ritrovano per rianimare la Festa della donna, non hanno dubbi. Niente violette come in Francia, troppo costose, ma mimose. Sono ovunque, sbocciano proprio a fine febbraio e profumano le campagne. Erano già i fiori delle partigiane, sono perfetti, così piccoli ma forti, tutti stretti insieme, come le donne. I simboli, poi, non bastano: Teresa, Rita e Teresa chiedono impegno per la condizione femminile, vogliono essere ascoltate.
Quelle signore che durante la guerra hanno portato avanti il Paese, prendendo il posto degli uomini al fronte, non possono essere dimenticate. «La mimosa significa tenacia» dirà la Mattei in una delle ultime interviste prima di morire, nel 2013. «E quando ancora oggi vedo le ragazze manifestare con questo fiore tra le mani mi commuovo, perché non bisogna mai abbassare la voce».
Le tre “ragazze della mimosa” continuano a combattere
Purtroppo, loro dovranno farlo. E ci sarà sempre lo zampino di Palmiro Togliatti. Lui prima corteggia la Mattei, poi, tempo dopo, le ordina di rinunciare al bambino che sta aspettando, concepito nel 1947 con l’amante Bruno Sanguinetti. Troppo scandaloso, anche per il Pci. Ma Teresa non si piega, si rifiuta, vuole rappresentare le ragazze madri in Parlamento e osa contestare le scelte politiche del segretario. E dopo quel ‘no’ in Parlamento non ci metterà più piede. Anche Rita Montagnana verrà tradita da Togliatti. Per anni ne è la moglie fedele mentre lui ha una relazione clandestina con Nilde Iotti. Si diranno addio e alla fine degli anni ’50 Rita lascerà il partito. Stessa sorte per Teresa Noce: lei scoprirà addirittura dai giornali che il marito Luigi Longo ha chiesto il divorzio. Ripudiata in prima pagina ed espulsa dal comitato centrale del Pci. Perché le donne, in quegli anni, sono importanti, ma solo se non si ribellano. Le tre “ragazze della mimosa” però continueranno a combattere per i loro ideali: si occuperanno dell’infanzia, si schiereranno con i sindacati. E non abbasseranno mai la testa. Proprio come aveva fatto la Mattei, agli inizi della sua carriera in Parlamento, con la forza dell’ironia: un deputato la interrompe, sottolineando che «in certi giorni del mese le donne non ragionano». Lei, senza pensarci un istante, ribatte che gli uomini non ragionano mai.
Varietà di mimosa, quale comprare e quanto costa
Quella che noi chiamiamo mimosa, in realtà, appartiene al genere Acacia e conta centinaia di varietà. La Mimosa del sud (Acacia longifolia), ama il clima caldo. Anche se in Italia è comunissima, la mimosa è originaria dei paesi subtropicali. Per questo cresce spontanea dove il clima è mite tutto l’anno, soprattutto d’inverno.
Se vuoi comprare una pianta di mimosa da avere a casa l’ideale è comprare una pianta di due o tre anni d’età, coltivata in vaso e alta tra i 50 e i 150 cm. Ma quanto costa una pianta di mimosa di queste dimensioni? I prezzi possono variare in base a diversi fattori, ma possiamo dire che si rimane in un range che va dai 25 ai 60 euro circa.
Regalare un mazzo di mimose
Per chi vuole regalare le mimose, Interflora ha realizzato una collezione ad hoc, inedita negli abbinamenti di colori, profumi e fiori. Piante ed emozioni pensate per gusti ed esigenze differenti, lavorati dal fiorista più vicino al luogo di destinazione poco prima della consegna. Le proposte Interflora diventano attimi di poesia da condividere con le persone amate. Le spedizioni sono possibili in tutto il mondo. Ecco la collezione dedicata alla Festa della donna.
Come e dove coltivare la mimosa
La pianta di mimosa presuppone che si abbia uno spazio esterno, ma è anche una pianta estremamente versatile. Ecco tutti i modi in cui puoi coltivarla e i relativi accorgimenti:
- Sul balcone. Scegli l’angolo più soleggiato e allo stesso tempo riparato dal vento.
- In giardino. Prima di trapiantarla dal vaso in terra, aspetta che sia sfiorita.
- In casa, dove però non resiste più di qualche settimana. Va comunque posizionata sempre vicino a una finestra e lontana dai termosifoni.
Poiché il tronco di una mimosa giovane è sottile e flessibile, inserisci nel vaso un tutore e fissa i rami più alti con dei laccetti.
La mimosa in giardino
Scegli un angolo riparato o a ridosso di un muro esposto a sud. Prepara una buca un po’ più grande delle dimensioni del vaso in cui è coltivata e, sul fondo, prepara due strati: uno di sassolini e uno di stallatico maturo. Copri bene con la terra e bagna.
Attenzione. Non trapiantarla se la temperatura scende sotto i 5 gradi. Aspetta che il gelo passi.
La mimosa in vaso
Fino all’inizio di settembre, lascia la mimosa nel vaso in cui l’hai acquistata. Solo allora rinvasala in uno più grande di 5 cm. Ripeti questa operazione ogni anno, sempre in autunno. Quando la pianta sarà cresciuta e solida, sistemala in un vaso a forma di cubo (40 cm di lato e di altezza) e non cambiarlo più.
La fioritura della mimosa
Sulla tua mimosa, finalmente, spuntano i grappolini gialli. Ora non ti resta che bagnarla e concimarla ogni tanto. E goderti lo spettacolo.
Attenzione. Se piove a lungo, controlla che non si formino muffe bianche su rami e foglie. In questo caso, trattale con un prodotto per il “mal bianco”.
Come conservare i fiori di mimosa tutto l’anno
I fiori di mimosa sono delicati ed effimeri. Per conservarli e utilizzarli anche d’inverno, in composizioni o per il pot-pourri, falli seccare. Quando l’infiorescenza è al suo massimo splendore, appendi i mazzetti di mimosa a una corda tesa, a testa in già. L’ambiente deve essere poco luminoso, ventilato e asciutto. Solo in questo modo le palline resteranno integre, non marciranno e dureranno più a lungo.
Come innaffiare, concimare e potare la mimosa
Per curare la mimosa nel modo corretto bisogna provvere a innaffiarla, concimarla e al momento giusto anche potarla. Vediamo nel dettaglio come compiere queste operazioni:
- Acqua. Fino a metà primavera bagnala una volta alla settimana. D’estate, controlla che il terriccio non sia secco, ma non “affogarla”. Da ottobre a dicembre, dalle da bere ogni due settimane.
- Concime. Da gennaio a marzo, ogni quindici giorni, usa un fertilizzante per piante fiorite. Stimolerà la fioritura.
- Potatura. Aspetta che raggiunga i cinque anni d’età per accorciare i rami più disordinati. Naturalmente, tagliali dopo la fioritura.