Uno dei settori trainanti di qualsiasi Paese si avvicina alle tematiche ambientali, guarda in faccia il surriscaldamento globale e cerca delle soluzioni che possano impedire che il pianeta continui a soffrire a causa delle nostre cattive abitudini.
Il tessile, ormai, sempre più spesso viene immaginato per non avere un impatto eccessivo sull’ecosistema. Viene ideato per durare nel tempo e per tornare nella biosfera senza conseguenze negative. Il punto cruciale è poi la rigenerazione.
La moda circolare incarna tutto questo e si rivolge a un’utenza che comincia a capire quanto sia importante proteggere la Terra, la sua flora e la sua fauna, per proteggere sé stessi.
Basta linee, meglio i cerchi
La moda circolare abbandona il concetto di linearità e l’industria tradizionale cambia faccia, cerca di inquinare di meno. Anche se l’obiettivo è non inquinare proprio.
Ormai da decenni aziende eco-consapevoli, associazioni ambientaliste e movimenti che puntano a un ciclo vitale virtuoso si battono per cambiare il modello della fast fashion, del consumismo fine a sé stesso, che non pensa a quale possa essere il suo impatto nel mondo.
Il concetto si rifà all’economia circolare, che si basa sulla progettazione dei rifiuti, sul mantenimento di materiali e di risorse e sulla loro rigenerazione. Il principio è utilizzare le materie il più a lungo possibile, così da trarne il massimo valore in modo da estrarne il massimo valore e rimetterle nel ciclo economico.
Un cambiamento di mentalità
Abbracciare la moda circolare non è solo una questione pratica, ma un vero e proprio cambiamento nella forma mentis della società. Prima di tutto bisogna mutare l’approccio ai materiali, che possono essere biologici e tecnici. I primi possono essere reimmessi nella biosfera, i secondi riutilizzati e rivalorizzati (senza che rientrino nella biosfera).
Tutto questo si pone in antitesi con la fast fashion, che produce abiti in serie e di bassa qualità, destinati a finire nella spazzatura. Un approccio circolare prevede che l’impatto sull’ambiente, invece, sia minimo (se non inesistente). Si punta sul biodegradabile, sul riciclo e – a fine vita – sulla rigenerazione.
Idealmente si traccia una circonferenza: i tessuti rimessi “in circolo” avranno una forma diversa e magari anche un ruolo differente, ma sempre all’interno del cerchio. Alla base si trova l’innovazione tessile e la promozione della second hand fashion.
Un mutamento che fa bene all’economia
Secondo i dati del Circular Fashion Report 2020, il business potenziale del mercato è di 5mila miliardi di dollari, maggiore del 67% rispetto all’industria della moda tradizionale. Una maggiore eco-sostenibilità è riscontrabile sui social, dove l’hashtag #sustainablefashion conta quasi 10 milioni di post.
Un segnale importante, alla luce di un dato altrettanto significativo: la fashion industry, ogni anno, è responsabile del 10% delle emissioni globali di carbonio, più di tutti i voli internazionali e del trasporto messi insieme.
In 12 mesi vengono consumati 1500 miliardi di litri d’acqua, i rifiuti tessili sono più di 92 milioni di tonnellate, la lavorazione e la tintura producono il 20% dell’inquinamento idrico industriale e il 35% delle microplastiche che finiscono negli oceani dipende dai lavaggi dei capi sintetici.
Inoltre, si perdono circa 500 miliardi di dollari per indumenti che vengono indossati a poco o niente, non donati, né riciclati e che finiscono direttamente in discarica.
Cosa fare concretamente
Orsola De Castro, fra i massimi esperti dell’upcycling e del riciclo di vestiti, afferma che “l’indumento più sostenibile è proprio quello che si trova nel tuo armadio”. Insomma, si deve puntare sugli abiti usati, quelli già immessi nella filiera.
Si stima che, nell’arco di cinque anni, il mercato crescerà del 15-20%, passando dai 30-40 miliardi di dollari odierni ai 64 miliardi previsti nel 2024. Oltretutto, e questo è un dato estremamente confortante che ci dice quanto il cambiamento stia avvenendo profondamente, il 60% degli intervistati dichiara di preferire i brand che hanno dei fini ecosostenibili.
L’80% dei nati tra il 1995 e il 2010 compra vestiti usati, mentre il 90% valuta di comprare vestiti di seconda mano nel caso in cui si ritrovi con un budget limitato.
Le tendenze della moda green
La moda circolare viene implementata attraverso alcuni buoni propositi, sempre più in voga a livello mondiale. Infatti, si basa sull’economia circolare e sul concetto che si deve produrre meno inquinamento possibile.
La produzione tessile deve avere sempre un occhio all’ambiente, con impianti di depurazione. Per esempio, a Prato, le acque prodotte dal tessile vengono raccolte, depurate e reimmesse nel sistema.
Anche la conceria comincia a essere sempre più sostenibile: la pelle deve essere metal free, è realizzata con un processo che tiene conto dell’ambiente.
Inoltre, le sfilate di moda hanno ridotto l’impatto ambientale ed è tornato in auge il mercato dell’usato. Soprattutto grazie a una maggiore consapevolezza da parte della cosiddetta Generazione Z.
La filiera produttiva, poi, si sta impegnando ad andare verso una trasparenza e una tracciabilità maggiori. Sette consumatori su 10 chiedono ai marchi di rendere pubblici l’elenco degli stabilimenti produttivi.
Sempre più spesso le fibre utilizzate sono biodegradabili oppure ricavate da prodotti di scarto. Fra i materiali sostenibili si trovano il cotone organico, la lana e la plastica riciclate, le fibre artificiali rinnovabili e la canapa. Anche la pelle viene fuori da prodotti di scarto.
A incidere negativamente sono anche i resi online. Negli Stati Uniti rappresentano 369 miliardi di dollari. Se si ricreasse l’esperienza del camerino a casa, si limiterebbero gli acquisti che poi finiscono con l’essere mandati al mittente.
Un’altra tendenza sempre più frequente è il fashion renting. Altro non è che il noleggio degli abiti e degli accessori soprattutto nel caso di occasioni particolari. Non solo il consumatore risparmia, ma si riduce l’acquisto di nuovi prodotti.
Insomma, bastano poche e semplici regole, uno sguardo critico e una dose di buona volontà per rispettare l’ambiente, le nostre tasche e per mettere in circolo dei comportamenti decisamente più virtuosi.