Se una decina di anni fa gli alti costi di spedizione (e quelli dei resi) facevano degli acquisti di moda online un lusso per pochi, oggi le cose sono cambiate. Secondo il rapporto di Modaes, solo l’8,8% dei consumatori aveva effettuato almeno un acquisto di vestiti tramite il canale online nel 2013, percentuale cresciuta durante la pandemia e attestatasi a ribasso a poco più del 46% negli anni seguenti.
Il ritorno al negozio fisico
Sulla stagnazione delle vendite online registrata negli ultimi anni, pesa certamente il ritorno ai negozi fisici avvenuto dopo la fine delle restrizioni dovute al Covid-19. In più, con dati e notizie che mettono in guardia sull’impatto ambientale del commercio elettronico, molte persone scelgono di recarsi fisicamente in negozio come scelta di sostenibilità. Ma è davvero più ecologico andare in negozio piuttosto che acquistare sul web?
La risposta è: «dipende». Vanno infatti considerai molteplici fattori, su tutti la questione se ciò che compriamo è nuovo o di seconda mano. Daniel Pinto Pajares, professore presso l’Università Internazionale di La Rioja (Spagna), porta un esempio esemplificativo: «Un prodotto di seconda mano che arriva dalla Germania alla Spagna richiede un trasporto che emette più gas serra di quelli che può emettere il trasporto di un capo nuovo di zecca acquistato a tre isolati da casa mia. Ma attenzione: quel capo comprato nel mio quartiere potrebbe provenire originariamente dal Bangladesh, mentre il capo di seconda mano comprato in Germania è un prodotto di produzione tedesca. In questo caso, quale articolo è più inquinante?».
Shopping online, gli aspetti sui quali riflettere
Lo svantaggio più spesso citato dello shopping online sono le emissioni generate dal trasporto delle merci. Non che i negozi fisici non abbiano questo problema: i vestiti devono pur arrivare da qualche parte, ma consegnare uno stock di capi d’abbigliamento a un negozio non ha lo stesso impatto ambientale rispetto a una serie di singole consegne di casa in casa. «Se si vuole inquinare meno quando si acquista online – spiega Celia Ojeda, direttrice dell’Area biodiversità di Greenpeace Spagna – è meglio optare per la consegna in un punto di raccolta piuttosto che a casa».
Anche l’urgenza e la velocità con cui ci aspettiamo che i nostri pacchi arrivino rappresentano un problema. Gema Gómez, direttrice di Slow Fashion Next, afferma che le consegne rapide implicano che la logistica non possa essere organizzata al meglio. «Molti dei mezzi di trasporto non sono ottimizzati e i pacchi sono troppo grandi per i prodotti in essi contenuti. La crescita dell’e-commerce sta aumentando le emissioni di CO2 nelle città di circa il 20% all’anno. Stiamo influenzando direttamente la qualità dell’aria e la nostra salute affidandoci a consegne da camion praticamente vuoti», afferma.
![Donna acquista vestiti online](https://www.donnamoderna.com/content/uploads/2025/02/1-10-830x625.jpg)
Anche i resi gratuiti incoraggiano molte persone ad acquistare vestiti con più spensieratezza consci della possibilità di restituirli senza spese. «Le persone acquistano tre taglie, le provano a casa e restituiscono quelle che non vanno bene», afferma Gómez, che aggiunge che durante il Black Friday il 50% dei vestiti acquistati online viene restituito (contro la media del 30% nel resto dell’anno). I resi non solo comportano più emissioni, ma molti di quegli abiti finiscono immediatamente nelle discariche.
Il commercio online incoraggia infine il consumo compulsivo, quando l’ideale sarebbe rallentare e comprare meno. «Clicchi e compri. Forse l’idea di fare shopping in un negozio fisico ti fa pensare che devi andarci, devi provare il prodotto e devi pensarci di più – aggiunge Ojeda -. Più della metà dei 20-35enni ha attualmente cinque capi di abbigliamento nell’armadio che non ha mai indossato. Devi dare molta più vita a ogni capo per contribuire a compensare il suo impatto».
Vestiti, se l’alternativa sostenibile è online
In base a quanto affermato fino ad ora, potrebbe sembrare che l’acquisto di vestiti in un negozio fisico sia sempre meglio di quello online. Ciò però vale per lo stesso prodotto acquistato sul web o in negozio, non per gli acquisti online da marchi sostenibili.
«Lo shopping online ha aperto un mondo di possibilità e ci avvicina a un consumo alternativo che non esiste nella nostra città», afferma Celia Ojeda. «Ci sono molti piccoli marchi che non possono sostenersi vendendo i loro prodotti nei negozi fisici perché semplicemente non producono grandi numeri. In questo caso l’e-commerce è ciò che consente loro di raggiungere i consumatori». «Sceglierei sempre il marchio di moda sostenibile, anche se è online», concorda Gema Gómez.
Meglio e-commerce o negozio fisico?
Gli esperti insistono sul fatto che la questione non può essere sollevata demonizzando un modo di fare shopping rispetto all’altro. «Non possiamo rispondere al 100% chiaramente su quale sia più o meno sostenibile. Credo che la cosa più importante sia che i consumatori abbiano una conoscenza approfondita del ciclo del prodotto. In altre parole, come e dove è stato fatto, in quali condizioni di lavoro, qual è stato il percorso dall’origine ai punti vendita, come è stata ottenuta la materia prima…» riflette Daniel Pinto.
Se stiamo davvero cercando la sostenibilità, dobbiamo cambiare il sistema di consumo. «Dobbiamo incoraggiare il consumo locale e consumare ciò che abbiamo nelle vicinanze. Inoltre, cercare sempre di riparare o acquistare di seconda mano. Se consumo ciò che ho nelle vicinanze, riparo ciò che già possiedo o lo scambio con la gente del posto, questo mi aiuta a ridurre l’impatto dello shopping online che faccio anche di tanto in tanto», conclude Celia Ojeda.