Questa settimana in edicola e qui sul sito, un numero speciale con 100 idee green (start up, imprese, storie) per salvare il Pianeta. Un’iniziativa unica di cui siamo parte con Earth Day Italia.
Qui trovi 100 storie di start up, eroi, imprese che salveranno il mondo. Eccoli:
1 di 60
– La ninfa di Amsterdam Ogni mattina Saskia van Drimmelen nuota nell’IJ, il lungomare di Amsterdam. E ogni mattina torna a riva con due sacchi pieni di plastica. Saskia fa parte delle IJ-Nymphs, un gruppo di nuotatrici di fondo che ripuliscono la baia dove finiscono i rifiuti portati da fiumi e dai canali artificiali. La città ne raccoglie oltre 42 tonnellate all’anno, ma non basta. E la piccola grande impresa di Saskia, ritratta in questa foto premiata al World Report Award 2022 e ora esposta al Festival della Fotografia Etica di Lodi, è di fondamentale aiuto.
2 di 60
– Il Booking dei rifiuti L’economia circolare insegna che quello che a me non serve più (e magari fatico a smaltire) può servire a un altro. Ma come trovo quest’altro? La risposta la dà Circularity. «Questa start up nasce nel 2018 da una conversazione con mio padre, imprenditore della green economy» spiega Camilla Colucci, psicologa e cofondatrice di Circularity. «Lo scopo è rivoluzionare il settore dei rifiuti industriali in Italia: abbiamo creato una piattaforma di collaborazione, una sorta di Booking dei rifiuti, per mettere in rete le aziende (al momento già 20.000) e permettere loro di riciclare e scambiare gli scarti di produzione».
3 di 60
– Sembrano calze fatte di lana e biofibra natex, Eva e gomma riciclata: sono le Uyn Urban Shoes disegnate da Patricia Urquiola (uynsports.com).
4 di 60
– Il trapano? Lo noleggio Con l’avvento della sharing economy le nostre abitudini sono cambiate: condiviamo prodotti e servizi senza possederli. L’idea di non sprecare ma dare valore a oggetti che una volta acquistati si usano poche volte è alla base anche della piattaforma toolssharing.com, che permette di condividere strumenti di lavoro, dal trapano al tagliaerba fino al trattore. Chi li possiede li noleggia e chi li sta cercando riceve per questo un contributo. Una bella idea, anche se ancora poco conosciuta: approfittiamone!
5 di 60
– Sull’isola dei giovani Ci sono Susanna, Adriana e Andrea che raccolgono essenze per farne composte, miele e distillati. Alice che crea vini di qualità recuperando antichi vitigni. Magdalena dalla Danimarca e Mattia dal Trentino che sono venuti a lavorare in un allevamento e a produrre formaggi. I giovani di Capraia, isola di meno di 20 chilometri quadrati e poco più di 300 abitanti nell’Arcipelago toscano, sono i protagonisti di un bel progetto fotografico di Homo Ambiens, gruppo specializzato in Conservation Photography. La ragione? Si sono dati una missione importante: conciliare tradizione e innovazione per salvaguardare il territorio in cui vivono. Perché l’uomo non può esistere senza la natura.
6 di 60
– Al bar della gentilezza A Cattolica 4 ragazzi hanno aperto Be Kind, un bar super healthy che vuole diffondere il valore della gentilezza verso il Pianeta grazie a iniziative molto concrete: raccolte di plastica in parchi e spiagge, eventi per spiegare come riutilizzare i rifiuti, swap party per una moda ecosostenibile. Hanno il loro orto bio sostenibile e creano piatti e cocktail con i “resti” delle preparazioni. E con il progetto Beekind adottano alveari e organizzano visite da apicoltori della zona (bekindcattolica.it).
7 di 60
– Il grande stile dei Masai In Swahili Endelea significa “andare avanti senza arrendersi alle difficoltà”. Ed è il nome di una piccola azienda, guidata e composta quasi solo da donne, che disegna le collezioni a Milano e le confeziona a Dar el Salaam, in Tanzania. Qui, 13 sarti e sarte lavorano i tessuti Maasai, come quello a quadri tipico dei pastori di Tanzania e Kenya. La reinterpretazione attenta della cultura tessile africana ha ottenuto il patrocinio della Maasai Intellectual Property Initiative, che tutela la cultura Maasai nel mondo. Gli abiti sono 100% sostenibili e 100% etici. Endelea lavora in modo trasparente nel rispetto della cultura locale e contribuisce a corsi di empowerment femminile, formazione locale, borse di studio e collaborazioni con le università locali. E la Camera della Moda Italiana l’ha selezionata tra i Designers for the Planet. Per fare shopping: endelea.it.
8 di 60
– Andiamo a seminare DOMENICA 16 OTTOBRE, Giornata mondiale dell’Alimentazione, torna l’appuntamento Seminare il Futuro: alcune aziende biologiche ospiteranno la semina collettiva a mano in un campo di grano. A promuoverlo è la Fondazione Seminare il futuro con NaturaSì. Vuoi partecipare? Puoi iscriverti su seminareilfuturo.it. Se non lo conosci già, avrai l’opportunità di scoprire il mondo bio. «Il biologico ha bisogno di piante con radici profonde e che crescano in altezza, in grado di cercare il nutrimento nel terreno e di contrastare le erbe infestanti, dato che non si utilizzano fertilizzanti e diserbanti chimici» spiega la direttrice Federica Bigongiali. I grani antichi non bastano, ci vogliono altre varietà e per ottenerle occorrono anni di ricerca e investimenti continui. «Lavorando con gli agricoltori selezioniamo piante e semi, li registriamo e i diritti vanno alla ricerca».
9 di 60
– E se tornassimo all’anno Mille? Alle porte di Pavia, nel Comune di Giussago, c’è la prima Nature based solutions valley italiana. Si chiama Simbiosi e costruisce il futuro partendo da uno sguardo al passato: metà dei suoi 1.000 ettari, suddivisi tra 4 cascine, sono stati riportati alle condizioni di biodiversità che avevano nell’anno Mille. Lo scopo è sviluppare il know how e le tecnologie per replicare quanto fa la natura nell’ottimizzazione dell’uso delle risorse (energia, aria, acqua, materiali e suolo). E per ridisegnare i territori promuovendo, tra le altre cose, la biodiversità, la salute e la qualità della vita.
10 di 60
– QUESTA LAMPADA È A IMPATTO ZERO. È fatta con la buccia delle arance ed è al 100% compostabile. Ohmie nasce in uno studio di design che ha fatto del recupero degli scarti la sua vocazione. Ne vuoi una? (krilldesign.net).
11 di 60
– Un altro turismo è possibile Michil Costa ha appena scritto il libro FuTurismo (Raetia): riflessioni di chi ha visto cambiare la Val Badia. A Corvara, infatti, Michil gestisce due strutture – fra cui La Perla, un 5 stelle membro di The Leading Hotels of the World – ed è anche presidente della Maratona des Dolomites, durante la quale 4 passi dolomitici vengono chiusi alle auto. Fosse per lui, li chiuderebbe tutto l’anno, per combattere una “monocultura” del turismo che congestiona le Alpi. Quest’estate ha fatto ai suoi ospiti una proposta: se l’auto rimaneva ferma per 3 giorni veniva piantato un albero, per 6 c’era in regalo una notte la prossima estate. «Il fascino delle mie strutture non è in quello che c’è ma in quello che manca. Per fare star meglio il Pianeta dobbiamo consumare meno energia, così ho eliminato i frigobar dalle camere, a tavola si serve acqua di fonte dolomitica, niente depliant patinati e carta negli uffici» dice. E dal 2012 stila un bilancio del bene comune che rileva il modo in cui i prodotti e le attività danneggiano l’ambiente e il livello di benessere di chi lavora in albergo. Un modo diverso di fare turismo.
12 di 60
– Jane Goodall e la voce della natura Non chiamatela scienziata. «Io mi considero una naturalista» dice a Douglas Abrams che l’ha intervistata e con il quale ha scritto Il libro della speranza, appena uscito per Bompiani. «Il naturalista» continua «cerca le meraviglie della natura: ne ascolta la voce e impara da lei mentre cerca di capirla. Invece lo scienziato si concentra sui fatti e sul desiderio di quantificare tutto». Jane Goodall, 88 anni, nella natura c’è stata tutta la vita. Prima in Inghilterra, dove è cresciuta tra parchi e boschi; poi in Tanzania, dove si è trasferita per seguire la sua passione per gli animali e l’Africa. Lì ha vissuto a contatto con gli scimpanzé, nel Parco nazionale del Gombe Stream: ha passato mesi in osservazione prima di riuscire a entrare in contatto con loro, ne ha conosciuto le abitudini, ha scoperto quanto siano simili a noi. Sono tenere le immagini che la raffigurano abbracciata a uno scimpanzé o quella, storica, del primo contatto con un cucciolo che le allunga la mano curioso. «Da naturalista devi possedere empatia, intuito e amore» dice. «Devi essere pronto a guardare il volo degli storni e a lasciarti invadere dalla meraviglia davanti alla sorprendente agilità di quegli uccelli». La passione, il coraggio e la speranza l’hanno sempre guidata, spronandola a cambiare lo status quo. Ha mandato in frantumi i pregiudizi che non volevano che una donna, per di più allora senza laurea (dopo ha preso un PhD), si potesse occupare di certe cose, e ha contribuito a modificare radicalmente l’idea che si aveva del regno animale. Nel 1977 ha fondato il Jane Goodall Institute, che sostiene la ricerca al Parco nazionale di Gombe Stream per la protezione degli scimpanzé e il loro habitat (janegoodall.org), e nel 1991 ha allargato l’impegno ai giovani con il programma Roots & Shoots (radici e germogli). Oggi è Messaggera di Pace delle Nazioni Unite e continua a occuparsi dei suoi animali e a girare il mondo diffondendo il suo appello per la salvaguardia della natura.
13 di 60
– Wild Wild Westwood Si impegna da sempre per la salvaguardia dell’ambiente. E anche quando disegna i suoi abiti Vivienne Westwood, la dama stilista del Regno Unito, non perde d’occhio l’obiettivo. L’ultima collezione si chiama “Born to rewild” e usa tessuti che per il 90% hanno un basso impatto ambientale. In più, il brand si impegna a sostenere Rewilding Britain, organizzazione che si propone, entro il 2030, di ripristinare il 30% del patrimonio naturale britannico.
14 di 60
– Gli accessori e i piccoli capi creati in Madagascar da Made For A Woman sono di rafia etica e sostenibile. La lavorano, con tecniche tradizionali, abili artigiane malgasce (madeforawoman.shop).
15 di 60
– L’appello etico da firmare subito Da un lato, orari di lavoro estenuantI, difficoltà a mettere in tavola cibo sano, vivere in case adeguate, accedere all’assistenza sanitaria, mandare i propri figli a scuola. Dall’altro, gli enormi profitti realizzati dai grandi marchi. «La prevalenza di chi confeziona i vestiti che indossiamo sono donne sottopagate che vivono in povertà» spiega Marina Spadafora, coordinatrice nazionale di Fashion Revolution. Oggi il più grande movimento di attivismo della moda promuove l’iniziativa dei cittadini europei “Good Clothes, Fair Pay”, campagna realizzata con Clean Clothes Campaign. «Chiede al Parlamento europeo una legge che garantisca una paga dignitosa (e non paga minima, che è sempre sotto la soglia di povertà). Abbiamo un anno per raccogliere 1 milione di firme in Europa e rendere l’industria della moda più giusta e umana. Firma oggi!». C’è tempo fino a luglio 2023, quindi clicca e spargi la voce: italy.fashionrevolution.org/it/good-clothes-fair-pay.
16 di 60
– Un hotel per le api Gli abitanti di Helsinki si sono già abituati alla sua presenza: un giardino piacevole dove fermarsi durante la giornata per una pausa e due chiacchiere. Ma il padiglione Alusta, fatto di piante, argilla e legno è molto di più. Maiju Suomi e Elina Koivisto hanno pensato l’intera struttura per attirare e accogliere api solitarie e farfalle: con le sue panche è un santuario degli impollinatori human friendly, un punto di incontro delle specie viventi in pieno centro città. L’emergenza climatica e la perdita di biodiversità ci impongono di costruire un futuro che intrecci cultura umana e natura. Ne sono convinte queste due architette rivoluzionarie che per scegliere le 1.000 piante del loro hotel degli insetti hanno lavorato fianco a fianco con i ricercatori che si occupano di ecologia all’università di Helsinki.
17 di 60
– Nell’atelier di Palermo: forbici, cuoio e poco più Pelli conciate al vegetale e camere d’aria riciclate: ecco i materiali con cui Elena Gambino e Fabrizio Lisciandrello creano zainetti e pochette, borse e sandali. Fanno tutto a mano nel loro atelier Ciatu (respiro, in siciliano) di piazza Aragona a Palermo. Usano solo forbici e ago, filo e taglierino: niente macchinari, niente attrezzi che richiedano elettricità. E il risultato del loro progetto creativo, che dà grande importanza al rispetto per la natura, sono accessori bellissimi (elenaefabriziohandmade.com).
18 di 60
– Le sneakers eco-sostenibili Acanto, la collezione di sneakers MaiMai, è 100% eco-sostenibile, prodotta secondo i principi della economia circolare e 100% made in Italy (maimai.it).
19 di 60
– Podere magico Dalla terra alla cucina: è l’obiettivo dell’Osteria Ancestrale e di Podere Arduino a Castagneto Carducci (Li), l’azienda agricola di due ex sportivi. Fabrizio Bartoli, ex triathleta professionista e geologo, e Martina Morelli, ex allenatrice sportiva, sono tornati a fare i contadini e i ristoratori nel vecchio podere del nonno per costruire un progetto circolare che parte dalla natura e ritorna a essa. Un posto magico con 500 piante da frutto, varietà antiche autoctone e un bosco di alberi ad alto fusto che protegge le coltivazioni. Capre, pecore e galline producono formaggi e uova. Farina, pane, olio e ortaggi autoprodotti arricchiscono il menu di una cucina vegetariana dai sapori unici (poderearduino.com).
20 di 60
– Rigeneriamoci Un brand di abbigliamento e accessori realizzati con fibre rigenerate: dal cashmere alla lana, dalla seta al jeans. Si chiama Rifò ed è nato a Prato con una vocazione sociale: dona 2 euro a un progetto di impatto sociale per ogni acquisto sullo shop online. Grazie a programmi di raccolta, ritira anche capi usati e li ricicla. E, in collaborazione con il brand BettaKnit, crea gomitoli sostenibili con il 95% di cashmere rigenerato e il 5% di pura lana vergine (rifo-lab.com).
21 di 60
– Il fiore anti-erbacce Niente più pesticidi: per eliminare le piante infestanti basta un fiore. È il risultato di uno studio durato 3 anni della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa. I ricercatori hanno scoperto che la veccia, una pianta molto comune che fa un delicato fiore viola, impedisce alle erbacce di emergere dal suolo. Un sistema sostenibile per coltivare e ottenere rese agricole maggiori senza dover usare erbicidi pericolosi come il glifosato, ritenuto potenzialmente cancerogeno.
22 di 60
– Hai fame? Tra un allevamento di mucche e uno di insetti, è presto detto quale inquini meno. Con la loro farina, una fonte proteica completa, sono fatte le crocchette Hygge-Dog. Sane e sostenibili.
23 di 60
– Tutti in macchina. Senza guidare Dici “futuro” e una delle prime cose che ti vengono in mente, che tu abbia 10 o 60 anni, è l’auto che si guida da sola. Be’, quel futuro diventerà con ogni probabilità presente entro il 2050. E sarà merito anche di un italiano: Sergio Savaresi, professore al dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano e fondatore di uno dei più autorevoli gruppi di ricerca sull’automazione dei veicoli (anche da corsa!). Cosa c’entra una macchina guidata da un robot con la salvaguardia dell’ambiente? Secondo Savaresi a breve useremo sempre più, al posto dell’auto privata, un trasporto collettivo simile al car sharing. Ed è qui che entra in gioco la guida autonoma: sarà al volante di questa sorta di taxi collettivi che, a lungo andare, verranno alimentati a energia elettrica. Risultato: ci saranno in giro meno macchine, diminuirà l’inquinamento, le città diventeranno a misura di pedoni e di bici.
24 di 60
– In missione per conto della Terra Wane, in inglese, significa “svanire”. A svanire, anno dopo anno, è la biodiversità del mondo in cui viviamo. Ma Wane adesso ha anche un altro significato, decisamente più bello. Sta per We Are Nature Expedition, il titolo del reportage che ha l’obiettivo di documentare la crisi ecologica e di scoprire specie animali e vegetali a rischio in 14 Paesi, dall’Alaska all’Argentina. A compiere questo viaggio di circa 30.000 chilometri lungo la Panamericana che durerà in tutto un anno, sono Valeria Barbi (nella foto), esperta di biodiversità e cambiamenti climatici, Davide Agati, suo compagno di vita e fotografo, e Thabo, il loro cane, cacciatore instancabile di foglie. Tutti a bordo di aVANscoperta, un van attrezzato per la lunga missione (che puoi seguire su wearenatureexpedition.org).
25 di 60
– Azionista è il Pianeta Patagonia è stata una delle prime aziende impegnate nella sostenibilità. Ora il suo fondatore Yvon Chouinard ha deciso che ogni dollaro non reinvestito nell’azienda sarà distribuito come dividendo annuale per salvaguardare la natura e contrastare il climate change (eu.patagonia.com).
26 di 60
– Carlo III, il primo re verde Da giovane re Carlo III parlava alle piante. Sembrava il vezzo di un erede picchiatello, invece era il presagio di un’era ambientalista. Lo scorso novembre, nel discorso alla COP26 di Glasgow, «la nostra ultima possibilità di trasformare i bei discorsi in azioni ancora migliori», l’allora Principe del Galles ha auspicato «una soluzione globale che punti alla trasformazione radicale della nostra economia, basata sui combustibili fossili, in un’economia genuinamente rinnovabile e sostenibile» da realizzare attraverso una «campagna di tipo militare». Di suo ha ridotto il consumo di proteine animali, limitato l’uso di jet privati o elicotteri – persino di automobili: al funerale di Elisabetta gli ospiti sono arrivati a Westminster in pullman – e da 40 anni governa i suoi possedimenti secondo principi cosiddetti “ecologici”. Inoltre, ha una Aston Martin d’epoca che viaggia ad avanzi di vino e di formaggio (ma non provateci a casa: la tecnologia per trasformare su larga scala gli scarti in bioetanolo è ancora da perfezionare). Adesso che è re dovrà stare più attento a come parla – quest’anno non parteciperà alla COP27 in Egitto – e mai prendere posizioni nette: il potere della Corona si fonda sulla neutralità. Peraltro, non tutte le idee di Carlo sono scientificamente inoppugnabili (ha un debole per l’omeopatia). Ma la crisi climatica è una questione sociale, prima che politica. E la sfera di influenza di un sovrano è più forte delle sue parole in pubblico. È nelle associazioni che sostiene e sarà (sempre di più) nelle iniziative familiari che incoraggia, come gli “Earthshot Prize Awards” che William assegnerà a dicembre (l’anno scorso, tra gli altri, ha vinto un progetto anti-spreco degli Hub di quartiere di Milano). Ma soprattutto: è nella capacità, unica al mondo, di invitare i capi della Terra abbagliandoli coi luccichii di corte, e poi metterli tutti intorno a un tavolo per farli parlare.
27 di 60
– Le arance sono di moda Mai sentito parlare di Orange Fiber? È la ex start up di Catania ora PMI innovativa, che realizza tessuti sostenibili per la moda a partire dagli scarti degli agrumi. Dal 2014 a oggi tanti brand, a partire da Salvatore Ferragamo, hanno creato collezioni con i suoi materiali green. Hai presente quando spremi un’arancia? Circa il 60% finisce nella spazzatura, tra buccia, semini e filamenti: si chiama “pastazzo”, a partire dal quale, grazie a un processo brevettato, si estrae la cellulosa adatta alla filatura (orangefiber.it).
28 di 60
– Viva la pappa! Il design danese colpisce sempre nel segno. Se poi il suo motto è “zero waste”, con accessori riutilizzabili all’infinito in materiali riciclati… Basta sbirciare sul sito di Haps Nordic. «Tutto è iniziato dalle “smoothie bag”: siamo partiti per l’Asia con nostro figlio di 9 mesi e lui doveva fare piccoli pasti ma frequenti. Ho usato così tanta di quella plastica che al ritorno ho ideato queste bustine riutilizzabili e richiudibili di nylon e PET, ideali per contenere frullati e pappine» racconta Melis, la fondatrice. Tra le novità, i rotoli di cotone organico ricoperti di cera d’api e olio di jojoba per incartare panini invece di usare la classica pellicola (hapsnordic.com).
29 di 60
– Per le balene Salvare il Mediterraneo “scavando” nei suoi abissi. Triton research, società di ricerca che studia l’habitat marino del Mare Nostrum e tutela le specie che lo abitano, indaga sulle cause che mettono in pericolo specie come balenottere, capodogli, tartarughe e tanti altri. Per trovare le rotte dei cetacei i ricercatori vanno a caccia di microtracce di Dna disperse in acqua dagli animali al loro passaggio, o utilizzano sensori a scafo installati sui traghetti commerciali. Lo scopo è individuare zone “cuscinetto” e corridoi ecologici per dare la possibilità a questi meravigliosi animali di trovare cibo e riprodursi (tritonresearch.it).
30 di 60
– Il luna park a pedali In un bosco vicino a Treviso c’è un luna park che funziona senza elettricità e vanta più di 50 attrazioni per adulti e bambini costruite con materiali di recupero. La teleferica, il pendolo, il tirapugni sono tutti di ferro e acciaio presi dai robivecchi. Le montagne russe sono azionate a pedali, le catenelle del calcinculo si muovono grazie alle persone che non stanno sui sedili e che girano una specie di timone. L’idea e la realizzazione sono dell’85enne proprietario dell’osteria Ai Pioppi. L’ingresso è gratuito: basta mangiare nel locale (aipioppi.com).
31 di 60
– Scarti d’artista Una Biennale dedicata alle opere fatte con gli scarti. L’ha lanciata l’artista Rodolfo Lacquaniti e la seconda edizione è in corso nelle vie e piazze di Grosseto e a Castiglione della Pescaia (alla Casa Rossa Ximenes) fino al 6 novembre. Dopo quella data le opere si potranno vedere nel Giardino d’arte Viaggio di Ritorno, parco e dimora di Lacquaniti a Castiglione della Pescaia: vecchie lamiere, cassette di legno, vetri di fonderia colorati, scarti post industriali sono diventati angeli, umanoidi, grandi balene. Lo si può visitare su prenotazione (viaggiodiritorno.it).
32 di 60
– Non solo alberi Un circolo virtuoso parte dall’Italia e abbraccia Guatemala, Perù e Argentina. È zero CO2, società benefit di un italiano (Andrea Pesce) e un guatemalteco (Virgilio Galicia). Appena certificata B Corp (marchio che testimonia l’impatto positivo su ambiente e società), gestisce progetti di riforestazione in zone povere per sostenere gli agricoltori locali e contrastare le emissioni di anidride carbonica. Tutti possono partecipare: attraverso l’adozione di un albero si ottiene un QR code con cui seguire la crescita e l’utilizzo dell’albero adottato (zeroco2.eco).
33 di 60
– Il network dei pescherecci L’idea di ripulire i mari con l’aiuto dei pescatori è semplice e ha parecchio successo. A oggi sono già più di 80 i pescherecci che, grazie alla start up Ogyre, dal Mediterraneo alle acque del Brasile e dell’Indonesia, recuperano i ri?uti marini che rimangono nelle reti (finora ne hanno raccolti più di 70.000 chili), li differenziano a bordo e poi li riportano a terra dove alcune Ong partner provvedono a smaltirli correttamente. Parte di questi ri?uti, la plastica in particolare, viene trasformata in nuovi materiali, per esempio filati con cui si realizzano costumi da bagno. Ti incuriosisce il nome Ogyre? Non è scelto a caso: viene da “ocean gyres”, le correnti oceaniche fondamentali per l’ecosistema, ma che oggi, purtroppo, sono note a molti di noi perché intrappolano la plastica in enormi isole di rifiuti galleggianti. Come quella, famigerata, nel Pacifico settentrionale (ogyre.com).
34 di 60
– Dal mare alla scrivania Provengono dalla Laguna di Venezia e dai bacini dei fiumi Piave e Tanaro i flaconi dei detersivi con cui è fatta la cover di Ocean, il taccuino di carta riciclata 100% che tutela la salute del mare. Sui fondali italiani, infatti, si deposita più del 70% dei rifiuti: di questi, il 77% è plastica che, oltre a inquinare, viene ingerita dalle specie marine. A capo del progetto di economia circolare c’è l’azienda veneta Arbos, specializzata in cartoleria ecosostenibile, ma Ocean nasce dalla collaborazione fra diverse realtà che hanno unito le loro competenze, dalla raccolta fino alla lavorazione dei rifiuti (arbos.it).
35 di 60
– La ciclovia più bella d’Italia La ciclovia più bella d’Italia si trova in Emilia Romagna ed è il Grand Tour della Valle del Savio, 33 km da Cesena al mare. Questo tratto ha vinto l’Oscar Italiano del Cicloturismo 2022, il premio che promuove il turismo lento e la vacanza su due ruote. Gli altri posti sul podio sono andati rispettivamente alle Marche, con le Strade di Marca, e alla Lombardia, con la Ciclabile Valchiavenna. Menzioni speciali per la Green Road delle Dolomiti e la Ciclabile dell’Ofanto in Puglia.
36 di 60
– Metti l’orto in cucina Mentre cucini fa sempre comodo avere qualche erba aromatica a portata di mano, una manciata di germogli per arricchire un’insalata o dei fiori edibili per decorare un dolce. Con Hedera basta una parete libera per creare (e montare da sola) il tuo orto casalingo. Puoi metterlo dove preferisci: la luce arriva dal sistema a Led integrato, non serve collegarlo al rubinetto e puoi gestirlo anche da remoto via app, con un dispendio energetico minimo. Il design è tutto made in Italy e i vasi non sono di plastica, ma di un materiale di nuova generazione all’insegna della sostenibilità, fatto di fibre di lino, vetro, bio-resine e filler naturali provenienti da scarti di coltivazioni (hedera.design).
37 di 60
– Un eco-murale da collezione Aielli, in provincia dell’Aquila, fa parte della rete dei Borghi autentici che puntano sullo sviluppo sostenibile. Oltre a una torre medievale diventata un osservatorio astronomico, ha 39 murales firmati da street artist internazionali fra cui Giò Pistone (aka Giovanna Pistone), Millo, Zamoc, Ericailcane e Okuda San Miguel. Ora ce n’è uno speciale realizzato dall’artista francese Zoer e da Giovanni Anastasia: è il primo della collezione realizzato con eco-vernici Airlite che mangiano lo smog. Fa parte del nuovo progetto “Costellazioni di Negroni” e si ispira alle parole “rispetto” ed “equilibrio”, scelte da 600 giovani italiani attraverso un sondaggio online.
38 di 60
– Plastica o non plastica Creare un materiale simile alla plastica ma che non danneggi l’ambiente? Lo fa SPlastica, spin off dell’Università di Roma Tor Vergata, che realizza plastica sostenibile. «SPlastica» spiega Emanuela Gatto, Ceo e PhD in Chimica «è un materiale innovativo realizzato a partire da scarti organici come il latte. È completamente biodegradabile e si trasforma in compost in 60-90 giorni».
39 di 60
– La danza del vento Svettano dalle acque verso il cielo, pronte a farsi sferzare dal vento: sono le 162 spettacolari turbine alte 200 metri di Hornsea 2, il parco eolico off-shore più grande del mondo. È stato realizzato nel mare del Nord, al largo delle coste dello Yorkshire, dalla società danese Ørsted ed è entrato in funzione il 31 agosto. Si stima che, grazie all’energia prodotta con la “danza roteante” delle sue pale, si riesca a coprire il fabbisogno energetico di 2,5 milioni di case.
40 di 60
– Lo streetwear inclusivo Pleazer Mob nasce dall’idea di giovani founder afro-discendenti per trasmettere ideali e valori a una community sempre più ampia. Nato a Milano nel 2018, è un mondo on e offline, che mixa abbigliamento, sostenibilità, musica, arte, multiculturalismo e dove persone con interessi e passioni differenti possono esprimersi come meglio credono. Le collaborazioni puntano su pochi capi d’abbigliamento scelti e prodotti con tanta ricerca e materie prime di qualità e sostenibili. Unico tessuto onnipresente, il Wax: non una semplice stoffa africana ma un elemento carico di significato, acquistato da venditori locali (@pleazermob).
41 di 60
– I funghi chic di Stella McCartney… In principio è stato un corsetto di Mylo, speciale pelle vegana ottenuta lavorando il micelio dei funghi. Poi Stella McCartney, pioniera della moda di lusso a basso impatto ambientale, è andata avanti con il Frayme Mylo, usato per la sua iconica borsa Falabella. Il materiale bio-based è morbido, flessibile, 100% sostenibile e dà molte soddisfazioni. Peccato che abbia un difetto: è costoso. Si parla di capi e accessori davvero per pochi e per fare la differenza per il Pianeta servono grandi numeri. Ma è pur sempre un inizio.
42 di 60
– … e i funghi intelligenti Hai presente il polistirolo, ideale per il packaging ma dannoso per il Pianeta? Arriva l’alternativa green. Luca Ficarelli e Marco Lenzi, laureati in Ingegneria Biomedica al Politecnico di Milano, con la start up Smush (sta per Smart Mushrooms), hanno creato un nuovo materiale ignifugo, compostabile, fonoassorbente e idrofobo a partire dal micelio dei funghi. Dopo l’uso, fatto a pezzi e interrato, lo Smush può agire anche da fertilizzante (smushmaterials.com).
43 di 60
– Amazzonia / Emanuela Evangelista Dal 2013 vive in un villaggio nella parte più remota della Foresta Amazzonica, la regione dello Xixuaù, in una casa su una palafitta dal tetto di paglia, con due cani e un gatto. È da lì che ci risponde Emanuela Evangelista. «I cani servono non solo per l’amore che danno ma anche per avvertirmi dei pericoli, il gatto per dare la caccia alla fauna che invade la casa. Poi ho un avvoltoio, che fa da spazzino, e il falchetto Gustavo che tiene lontani i serpenti. Sono tutti liberi di andare e venire». Biologa, classe 1968, dell’Amazzonia si è innamorata per la prima volta nel 2000, durante la tesi di laurea, finché dopo qualche andirivieni ha deciso di trasferirsi in un villaggio di 15 famiglie. «La foresta qui è intatta, primaria, proprio perché lontana da tutto. Non è l’Amazzonia degli incendi e della deforestazione. Il mio lavoro, con l’associazione Amazzonia onlus, ha l’obiettivo di mantenere questa foresta così com’è, con la sua biodiversità e la sua popolazione locale, la loro cultura e le tradizioni. Do sostegno agli abitanti di questa foresta, affinché ne rimangano i custodi e guardiani, li assisto nell’educazione, la formazione professionale, l’assistenza sanitaria. Cerchiamo di fornire alternative di reddito al bracconaggio, alla distruzione, al degrado ambientale». Insieme ai residenti, Emanuela ha dato vita all’ecoturismo e alla raccolta della noce brasiliana. E per il suo impegno, nel 2020, il Presidente Mattarella le ha conferito la carica di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (amazoniabr.org).
44 di 60
– L’isola che ora c’è Acqua blu, spiagge bianchissime e vegetazione tropicale. È Ocean Cay MSC Marine Reserve, perla delle isole Bimini nelle Bahamas dove fanno scalo le navi MSC Crociere partite da Miami e dirette ai Caraibi. Si stenta acrederlo, ma questa destinazione da sogno prima era un sito industriale adibito all’estrazione di sabbia. Il suo recupero ha impegnato la compagnia di crociera in una bonifica di tre anni, durante la quale sono state rimosse 7.500 tonnellate di rifiuti metallici mentre un team di esperti ha rivitalizzato i fondali e la fauna marina, creando anche un Centro di conservazione dedicato al corallo (msccrociere.it).
45 di 60
– In difesa dei nostri ghiacciai L’hanno chiamata la carovana dei ghiacciai. È un viaggio-testimonianza organizzato dal Comitato Glaciologico Italiano e da Legambiente: si sale in quota, sulle Alpi, per monitorare la velocità dello scioglimento e per non dimenticare l’emergenza. E lei, Nives Meroi, una delle poche persone al mondo che ha scalato tutte le montagne oltre gli 8.000 metri senza portatori e senza ossigeno supplementare, quest’anno ha voluto esserci. «La Carovana è nata nel 2020 per sondare lo stato dei ghiacciai italiani» ci racconta. «Ho preso parte alla tappa sul Montasio, in Friuli. Mi ha colpito la presenza di tanti giovani, mi ha fatto capire come la voglia di trasmettere degli adulti, degli esperti, possa essere contagiosa. Vedere ragazzi appassionati e coinvolti mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo, ma dobbiamo agire perché ad alta quota le conseguenze del cambiamento climatico sono palesi. Il ghiacciaio del Montasio si è ritirato e lo sfaldamento dei ghiacci, come delle rocce, è tanto più evidente sull’Annapurna, in Nepal» racconta Meroi, che ha parlato della montagna malata anche nel suo ultimo libro Il volo del corvo timido (Rizzoli). «L’innalzamento della temperatura è un problema impellente. E non si tratta solo di ghiaccio, ma anche di crolli, diffusione di parassiti, spostamenti di persone» spiega l’alpinista impegnata nel diffondere l’unica, vera soluzione. «Il problema, alla fine, è nostro: è a rischio la nostra esistenza, non quella della Terra. Dobbiamo cercare di essere meno impattanti ogni giorno. Valutare le conseguenze di ciò che facciamo anche quando andiamo in vacanza. E non trasformare la montagna in una città in quota, non stravolgerla. Non dobbiamo continuare a segare il ramo su cui siamo seduti».
46 di 60
– Non è il solito foulard Che storia bella quella di Dezen Dezen. Marco (di Zagabria, nella foto) e Michele (di Udine) hanno a Trieste un laboratorio dove producono capi e accessori utilizzando gli antichi quadri serigrafici con cui si stampavano i famosi foulard dell’Est Europa. Fibre naturali, rispetto di un sistema di produzione etico e sostenibile, risultati poetici. Da comprare a Trieste o online (dezendezen.com).
47 di 60
– Javier Goyeneche, eco senza compromessi “Because there is no planet B” (perché non c’è un Pianeta B) è il favoloso claim che da solo spiega la filosofia del marchio più ortodosso e creativo della moda green, Ecoalf. «Un claim che abbiamo dovuto registrare perché ce lo rubano spesso» spiega con orgoglio a Donna ModernaJavier Goyeneche, 52enne madrileno, fondatore del marchio nel 2009. «Lavoravo già nella moda ma, con la nascita dei miei figli, l’esigenza di fare qualcosa per l’ambiente si è fatta stringente» racconta. Facile a dirsi, difficile a farsi: l’industria della moda tradizionale è tutto fuorché ecologica. «Ma a me le sfide stuzzicano» precisa Goyeneche ed Ecoalf si rivela una scommessa stravinta: un marchio casual che propone abiti, capispalla e accessori (come le infradito realizzate con vecchi pneumatici) che più sostenibili non si può. I materiali arrivano soprattutto dal Mediterraneo, ma anche dalle riciclerie, dagli scarti industriali di tessuti e persino dai fondi di caffè recuperati da grandi ristoranti. I numeri parlano chiaro: a oggi Ecoalf ha riciclato almeno 300 milioni di bottiglie di plastica e ha raccolto circa 600 tonnellate di rifiuti marini per trasformarli in morbidi filati. Il più performante dei quali è il filo del mare, Ocean Yarn, derivato proprio dalle bottiglie di plastica recuperate dai fondali grazie al progetto Upcycling the Oceans, una delle numerose iniziative eco promosse dal brand spagnolo. Quella di Ecoalf non ha niente a che vedere con il green washing, l’ecologia di facciata di tante grandi aziende. Ha ingaggiato una vera batteria di pescatori che la rifornisce dei rifiuti che s’impigliano nelle reti. «Nostri affiliati sono circa 3.000 pescatori spagnoli» spiega il fondatore di Ecoalf. «Duecento colleghi greci e, per ora, un centinaio di italiani, ma l’obiettivo è “arruolarne” entro il 2025 più di 10.000 in tutto il Mediterraneo». Per la sua dedizione, due anni fa Goyeneche è stato insignito dalla Fondazione Schwab del premio Social Innovator 2020, e da poco la sua azienda è stata riconosciuta come una fra le migliori B Corp del mondo nella categoria ambiente, definizione che certifica i più alti standard a livello ambientale. Oltre che online, il marchio spagnolo ha diversi flagship store in giro per l’Europa, dal fantasmagorico negozio a Berlino, un’oasi di verde realizzata con materiale riciclato, dalle alghe al legno, alla stupefacente sede di Madrid, il Santa Barbara Palace, luogo che sa di storia e sostenibilità. E in Italia? «Apriremo a Milano, in piazza Gae Aulenti, sarà una sorpresa» dice Goyeneche. Che aggiunge: «Ma la sfida più eccitante sarà raggiungere, come azienda B Corp, emissioni zero per il 2030. Già la nostra nuova linea ha sperimentato materiali nuovi. Come una fibra di cellulosa estratta dalla frutta essiccata dell’albero del kapok che crea un filato setoso e morbido. O la nostra pelle vegana, fatta con oli vegetali e scarti dell’uva».
48 di 60
– I guardiani del mare Salvare tartarughe e seguire una colonia di delfini tursiopi a rischio di estinzione sono due impegni che la biologa marina Monica Blasi persegue da quando ha fondato Filicudi Wildlife Conservation, nell’isola omonima delle Eolie, un piccolo scrigno di biodiversità. Monica e il suo team recuperano tartarughe in difficoltà. Come Baby, esemplare di poco meno di 3 anni, che era debilitata e gravemente sottopeso, con il carapace infestato da crostacei. Poi ci sono quelle che ingeriscono plastica scambiandola per meduse, il loro cibo preferito. Altre ancora vengono ferite dalle barche o dall’attrezzature da pesca. Monica scruta il mare per scovarle, le cura e le restituisce al loro habitat naturale. Da qualche anno Filicudi Wildlife Conservation viene aiutato anche dal fornitore di energia sostenibile E.ON, grazie a Davide Villa, Chief Customer Officer Italia, che ha sposato questo progetto perché ama il mare ed è convinto che sia nostro dovere tutelarlo.
49 di 60
– Quante mete in e-bike Pronti, in sella, e via. Si comincia con un weekend e si finisce per fare una vacanza, anche perché con una e-bike è più facile coprire le distanze anche se non si è allenati o sportivi. Per programmare i giri c’è l’app BikeSquare, nata per promuovere il cicloturismo e i punti di noleggio e-bike in Italia e in Europa. Prenoti la due ruote con pochi clic e, scegliendo la destinazione, trovi percorsi, hotel, strutture partner dove fermarti per degustare o fare acquisti. Insomma, il modo migliore per conoscere il territorio che attraversi o vivere un’esperienza divertente: dalla visita di una cantina delle Langhe al festeggiare l’addio al nubilato con le amiche (ebike.bikesquare.eu).
50 di 60
– Bella Dentro Bella Dentro è l’unica filiera italiana che valorizza gli sprechi: recupera frutta e verdura “segnate” e scartate dalle aziende agricole in fase di raccolta e le vende online in tutta Italia (belladentro.org).
51 di 60
– Sharon Cittone e il cibo che verrà «Abbiamo a disposizione 200.000 varietà di piante commestibili, ma il 60% dell’agricoltura intensiva ruota intorno a tre cereali: riso, mais e grano. La parola chiave è diversificare». E secondo Sharon Cittone, 48 anni, imprenditrice, è ora di passare all’azione. La fondatrice e ceo della piattaforma Edible Planet Ventures (edibleplanetventures.com), che segue le aziende nel percorso di innovazione agroalimentare, è la donna che, secondo la rivista di economia Forbes, giocherà un ruolo fondamentale nel plasmare il futuro del cibo. Ci sta lavorando da anni. Come? Costruendo un network internazionale di start up, aziende, investitori, istituzioni e leader tra i più influenti del settore. Proprio di recente, poco più di un mese fa, ne ha radunati 150 a Todi e Perugia per il primo summit mondiale in tema di cibo. «Abbiamo immaginato lo scenario migliore possibile da mettere in atto nei prossimi anni, perché servono un linguaggio e degli obiettivi comuni su cui lavorare» continua Cittone. «Come il “True Cost Accounting”, che dà il giusto valore al cibo considerando anche la sua carbon footprint. E le proteine alternative, con un occhio molto attento alla sostenibilità: non esiste solo la soia, coltivata ormai in maniera intensiva. Dobbiamo puntare sulla biodiversità. Trovare delle nuove strade o optare per la tecnologia (come le coltivazioni idroponiche o la fermentazione di precisione) è un grande aiuto anche per gli agricoltori, che oggi sono messi a dura prova da problemi come la siccità e la desertificazione».
52 di 60
– Sai cos’è il grafene? Da bambina sognava di fare l’attrice teatrale, la pittrice, l’astronoma. «Non avrei mai immaginato di diventare una scienziata. Nella mia mente, gli scienziati erano tutti uomini (e piuttosto vecchi!)» racconta, sorridendo. Ma il destino per Camilla Coletti, 42 anni, ha in serbo grandi cose: laurea in Ingegneria elettronica all’Università di Perugia e dottorato di ricerca all’University of South Florida, negli Usa. Oggi è direttrice del centro dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Pisa, responsabile del laboratorio 2D Materials Engineering e coordinatrice dei Graphene Labs, un consorzio finanziato dall’Ue, e fa ricerca sul grafene, un materiale con caratteristiche straordinarie anche nell’ottica della sostenibilità. È il più sottile al mondo, più resistente del diamante, flessibile come la plastica. Al suo interno, le particelle di carica si muovono a velocità paragonabili a quelle della luce. Per queste sue proprietà può essere utilizzato per lo sviluppo di cavi elettrici, ottenere batterie più efficienti e nuovi pannelli fotovoltaici e massimizzare l’efficienza dei dispositivi nelle telecomunicazioni, riducendo enormemente il consumo di energia. Così da farci raggiungere gli obiettivi in linea con il Net Zero del 2050.
53 di 60
– Una via diversa Su Google Maps c’è una nuova funzione, indicata da un’icona a forma di foglia verde: si chiama “eco-friendly routing” ed è attiva in 40 Paesi, Italia compresa. Ti suggerisce un’alternativa ai classici percorsi (il più veloce o il senza pedaggi) per raggiungere la tua destinazione in modo ecosostenibile, calcolando fattori come la pendenza della strada e la congestione del traffico. Così risparmi carburante e riduci le emissioni inquinanti.
54 di 60
– Affitta il divano Non solo usati: i mobili ormai si trovano anche a noleggio e in affitto. Li offrono la rete dei mercatini, i gruppi social “Te lo regalo se vieni a prenderlo” e piattaforme come Freecycle (freecycle.org), che dona, o quasi, oggetti che possono essere riutilizzati, tra cui divani, tavoli, credenze. La società Rivalutiamola.it dà la possibilità di affittare mobili e accessori: cucina, elettrodomestici, camera da letto, soggiorno, televisore, divani, oggettistica di design e pure arredi esterni per il terrazzo. Si possono tenere da una settimana a un anno e, se piacciono, si può anche decidere di riscattarli e acquistarli.
55 di 60
–
PIANTE COMPLICI
BAMBÙ
Non c’è di meglio per nascondersi! Occorre evitare quelli che ramificano in modo eccessivo e devono essere potati in continuazione. Meglio optare per Phyllostachys nigra dai fusti neri (foto), P. aureosulcata Spectabilis, giallo e verde, Pleioblastus gramineus, che cresce poco in altezza, Fargesia murieliae Simba e F. nitida i cui ciuffi rimangono sempre compatti.
SALIX VIMINALIS Facile da coltivare e molto resistente, è in grado di formare in meno di due anni uno schermo protettivo, un rifugio segreto o un tunnel, tanto è facile da lavorare. Va tagliato con regolarità per evitare che cresca in tutte le direzioni. Meglio scegliere le varietà Salix Alba Vitellino, S. triandra Noire Villaines o ancora S. purpurea.
Aria nuova con il bambù Dire addio alla plastica e alle fibre sintetiche, per sostituirle con materiali naturali, ecologici e biodegradabili non è utopia. E c’è chi ci sta già lavorando. È il caso di Forever Bambù, una holding tutta italiana che riunisce 28 società agricole e gestisce 200 ettari di piantagioni di bambù gigante in 4 regioni del Centro e del Nord Italia. L’ambiente ci guadagna due volte perché da una parte si produce materiale a impatto zero, adottando protocolli biologici, biodinamici e simbiotici, dall’altra si fa del bene alla qualità dell’aria: le foreste catturano CO2 dall’ambiente in misura 36 volte superiore rispetto ai boschi misti. Il tutto è nato nel 2014, quando l’imprenditore Emanuele Rissone ha avuto l’intuizione di coltivare questa pianta così versatile e duttile e ha messo in piedi il suo progetto con Mauro Lajo, esperto in agricoltura sostenibile. «Studiamo le tecniche di coltivazione e di riutilizzo delle fibre del bambù per rendere questa ricchezza naturale il più circolare possibile» dice Rissone. La parola “circolare” non è usata a caso. L’ultimo progetto di Forever Bambù, sviluppato con l’azienda vicentina Mixcycling, è trasformare gli scarti della lavorazione in tappi per la profumeria (foreverbambu.com).
56 di 60
– Iniziamo ad adattarci Guatemala, 2018. Marco Merola, giornalista scientifico di lunga esperienza, va nella giungla per un reportage e resta scioccato: «Tutto era cambiato rispetto a quando ci ero stato appena un anno prima. Gli effetti del cambiamento climatico avevano stravolto la natura del territorio e la vita delle comunità». Avverte l’urgenza di raccontare i temi legati alla crisi ambientale ma, «dato che non sarei stato il primo né l’ultimo a farlo», occorre un nuovo punto di vista. Nasce così – insieme a Lorenzo Colantoni, esperto di temi energetici, Marco Barretta, fotografo e videomaker, e a The Trip Agency di Roma – il web doc Adaptation. «Adattarsi al cambiamento climatico non vuol dire rassegnarvisi né smettere di agire per mitigare le sue cause scatenanti, cioè i gas serra. Ma, mentre puntiamo all’obiettivo zero emissioni entro il 2050, dobbiamo ripensare la nostra presenza sul Pianeta». I capitoli del web doc, che si possono vedere su adaptation.it, esplorano le soluzioni che sono già state messe in pratica per convivere con il cambiamento climatico: dal Trentino al Veneto, all’Emilia Romagna. Prossime puntate: Piemonte e Toscana.
57 di 60
– A scuola di ibrido Vuoi un’auto elettrica? Ecoverso.org è il posto giusto dove informarti. Si tratta di un’associazione culturale che promuove la mobilità sostenibile e organizza gruppi d’acquisto per ibride, elettriche e altri veicoli a basso impatto. Sul sito trovi una carrellata di modelli disponibili e quanto tempo hai a disposizione per registrarti prima che il gruppo d’acquisto chiuda. Ecoverso organizza anche corsi di guida per auto ibride e per imparare a ricaricare facilmente quelle elettriche.
58 di 60
– Un monastero che ama il bio Si sa che i monaci da sempre coltivano i prodotti della terra, ma quelli della comunità monastica di Siloe, a Poggi del Sasso (Grosseto), sono speciali. Praticano l’agricoltura biologica e per tutelare la biodiversità hanno recuperato varietà antiche e autoctone, come il grano duro triticum turanicum, originario dell’antica Mesopotamia, il vitigno Ciliegiolo, tipico della Maremma ma poco coltivato, il cece nero e 14 varietà di peperoncini. Il lavoro è stato duro: hanno recuperato 30 ettari di terreno che erano in quasi totale abbandono produttivo, 20 dei quali ora sono dedicati alla coltivazione dell’olivo. In negozio c’è il frutto di tante fatiche, dalla pasta ai sughi, dall’olio alle farine. Si può partecipare al lavoro dei campi e soggiornare nella foresteria di legno, che dalla collina si affaccia sulla valle, con sicuri effetti anche sullo spirito (monasterodisiloe.it).
59 di 60
– Ci aspetta un mondo senza confini Prepariamoci a cambiare casa. Viene da pensarlo leggendo Nomad Century (Penguin Books), l’ultimo libro di Gaia Vince, vincitrice del Royal Society Science Prize. La saggista anglo-australiana riflette su alcune strategie, audaci e innovative, per affrontare il cambiamento climatico che rimodellerà nei prossimi decenni la geografia umana della Terra. «Parte dell’Occidente dovrà spostare cittadini e centri urbani perché al Sud, a causa dell’innalzamento delle temperature, sarà difficile vivere. Se gestite bene, però, queste migrazioni potrebbero non essere un fenomeno negativo» spiega la scrittrice. Anzi. Un mondo senza confini non è qualcosa da temere: gli studi suggeriscono che raddoppierebbe il Pil globale.
60 di 60
– Città tecno & green Chi pensa che salvaguardia della Terra e tecnologia non si parlino cambierà idea di fronte ai progetti audaci di Carlo Ratti, ingegnere, urbanista e architetto di fama internazionale. Basandosi sulle ricerche fatte al Massachussets Institute of Technology, il suo studio internazionale di design (carloratti.com) è entrato per 3 volte nella lista delle “Migliori invenzioni dell’anno” di Time. E continua a stupire. A Sabbioneta aspettano il “The tree path”, il percorso sopraelevato riservato a pedoni e ciclisti che per pilastri avrà 1.000 alberi e ospiterà sensori per garantirne la salute e monitorare l’ambiente. Pensato per entrare in funzione nel 2028, “Hot Heart” invece permetterà a Helsinki di riscaldarsi senza inquinare, con un arcipelago di isole artificiali capaci di accumulare calore. «Sebbene le città occupino solo il 2% della superficie del Pianeta, accolgono il 55% della popolazione, sono responsabili del 75% di consumi di energia e producono l’80% di emissioni di Co2» ama ripetere Carlo Ratti, che la sua linea guida l’ha già: sfruttare le nuove tecnologie per portare più natura nelle metropoli.
61. La forma dell’acqua L’Emilia Romagna è la Food Valley d’Italia, uno dei luoghi dove si coltivano più frutta e verdura. Immaginate quanti danni possa provocare un’annata di siccità come questa. Per limitarli, e continuare a soddisfare l’enorme domanda idrica, da tempo consorzi e aziende hanno messo a punto sistemi efficaci per la bonifica e il riciclo delle acque. Mentre le università hanno studiato soluzioni innovative. Un esempio? Il transistor elettrochimico organico che fornisce feedback sull’esigenza idrica direttamente dalla pianta realizzato dall’ateneo di Parma. Racconta tutto il reportage fotogiornalistico Combating Aridity di Alessandro Gandolfi (in alto, l’oasi di Torre Abate a Mesola, Ferrara).
62. L’Africa made in Italy Se uno dei valori di un brand sta nella sua storia, il marchio Nyny Ryke ne ha una straordinaria: quella della sua fondatrice. Originaria del Togo, Nyny Ryke Goungou a 13 anni ricicla, con raffinatezza e originalità, calze smagliate e T-shirt rovinate per frequentare la scuola di danza. I suoi interessi per l’arte e la sartoria confluiscono negli studi: liceo artistico, laurea in Fashion & Textile alla Naba di Milano, specializzazione in Modellistica industriale, master in Lingerie a Parigi. Oggi Nyny è la direttrice creativa di un brand che gioca con tessuti tradizionali del Togo, gusto italiano e innovazione. Ha reinventato il kente, coloratissimo tessuto africano, brevettandone una rivisitazione mixata con il lino e una elasticizzata. Materiali e lavorazioni sono sostenibili, ma Nyny Ryke guarda anche al sociale: tutti i collaboratori e artigiani del Togo ricevono salario equo ed educazione scolastica (nynyryke.com).
63. Come riciclare i fondi del caffè Con i fondi del caffè la start up toscana Funghi Espresso coltiva i funghi, valorizzando quello che altrimenti diventerebbe un rifiuto. Prova anche tu con il kit (funghiespresso.com).
64. Qui le bollette saranno gratis Il sogno degli italiani, in questo momento? Smettere di pagare la bolletta della luce. Per gli abitanti di Torre Beretti e Castellaro potrebbe presto diventare realtà. Il Comune lombardo, grazie ai pannelli fotovoltaici sul tetto dell’impianto sportivo, produce più energia elettrica di quanta ne consumi. Così il sindaco Marco Broveglio vuole “regalare” quella in eccesso ai residenti e, in futuro, alle aziende. Il paesino diventerebbe la prima comunità energetica della provincia di Pavia, seguendo gli esempi già esistenti in altre regioni: gruppi di cittadini, imprese, enti che si uniscono per autoprodurre energia elettrica da fonti rinnovabili e ne condividono il consumo.
65. Scarpe come una volta Il recupero delle tradizioni. Le lavorazioni “salvate” prima che vengano cancellate dal tempo. La scelta di materiali naturali, a partire dal cuoio della storica conceria Presot (no waste, sostenibile e made in Italy). Ecco cosa racchiude un paio di scarpe fatte a mano da Gabriele Gmeiner. L’artigiana austriaca, che lavora a Venezia dal 2003, propone modelli raffinatissimi e rispettosi. Richiedono però pazienza: un anno di attesa per averli! (gabrielegmeiner.com).
66. Cannoni da neve artificiale che producono elettricità Cannoni da neve artificiale che producono elettricità: li sta progettando nel Vallese, in Svizzera, il gruppo di ricerca Hes-So.
67. Shopping eco a Torino Nel 2050 sono previste 3 tonnellate di plastica in mare per ogni tonnellata di pesce. Questo e altri dati si leggono entrando al Green Pea, l’edificio realizzato interamente con materiali riciclati e 2.000 piante al Lingotto di Torino (greenpea.com). Dobbiamo allora consumare di meno? Qui propongono di premiare aziende che rispettano il Pianeta. Un piano è dedicato a prodotti di bellezza naturali, abiti ed accessori in cotone organico e in materiali riciclati; un altro alla casa, con mobili di design di grande qualità. E per mangiare ci sono l’informale Affini (affinitorino.it) e il rinomato Casa Vicina (casavicina.com).
68. Le scarpe riciclabili, compostabili e biodegradabili Per le sue colorate slip-on Amarossa usa solo materiali 100% riciclabili, compostabili e biodegradabili. E, a fine utilizzo, le scarpe possono essere restituite gratis all’azienda veneta, che si occuperà di rigenerarle (amarossa.com).
69. Prova la “stoviglioteca” Vuoi organizzare una festa plastic free? Vai in “stoviglioteca” e fatti prestare piatti, bicchieri, posate, vassoi. Sono tutti lavabili e riutilizzabili, igienizzati in lavastoviglie prima di essere restituiti, realizzati in materiali atossici e resistenti: plastica dura, acciaio, bambù. A volte viene richiesta un’offerta libera, altre una cauzione al momento del ritiro. L’idea è partita da Linda Maggiori, mamma ambientalista di Faenza, che sul suo blog Famiglie-rifiutizero.blogspot.com condivide l’elenco aggiornato dei posti dove trovare i kit di stoviglie. E su Facebook c’è il gruppo pubblico “Piccole stoviglioteche crescono”.
70. Riforestazione e plogging Daje de alberi è l’associazione che a Roma, con tanti volontari, sostiene progetti di riforestazione. E sempre più cittadini si uniscono a loro facendo anche plogging: raccolgono rifiuti mentre fanno jogging, riciclando così plastica, alluminio e bottiglie di vetro.
71. Riparare è meglio L’officina di comunità T-Riparo, a Modena, è uno spazio di riparazione condivisa dove ogni sabato mattina si possono portare oggetti rotti: biciclette, borse, elettrodomestici… Qui si ricevono istruzioni e assistenza per imparare a restaurarli in completa autonomia, riducendo i rifiuti, diffondendo la cultura del riuso e tramandando abilità manuali. Si ispira al modello del Repair cafè, iniziativa ideata dall’ambientalista olandese Martine Postma, che ha aperto il primo nel 2009 ad Amsterdam e ha poi creato la fondazione Repair Café International.
72. Tira una bella aria La sostenibilità ambientale non può prescindere dalla mobilità sostenibile. Da qui nasce l’idea di GMP Green Mobility Platform, una piattaforma digitale per sostenere le imprese e le istituzioni italiane ad abbattere le emissioni di CO2 dovute agli spostamenti delle proprie merci e dei propri dipendenti.
73. Le sneakers si “restaurano” Federica Sofia e Nicola Buono, laureata in Interior design lei e in Scenografia lui, entrambi classe ’87, sono calzolai. Lei apre un laboratorio di scarpe su misura e riparazioni a Brescia e lo incontra: «Nicola si innamora anche del mio lavoro e lo impara nel tempo libero. Dopo 5 anni ci sposiamo e diventa mio collaboratore nell’impresa familiare che avevo aperto nel 2015». Nel 2020 lanciano “Di Sana Pianta”, progetto che prevede il restauro di vecchie sneakers inviate dai clienti. «Ce ne prendiamo cura per dar loro nuova e miglior vita. Le risuoliamo e personalizziamo, allungando il loro ciclo di esistenza ed evitando che si trasformino in rifiuti. Anzi diventano scarpe più comode, robuste, durature, riparabili e più belle» spiega Federica, che ha lavorato anche in diverse botteghe inglesi. Per vedere le loro creazioni, vai su Instagram: @di.sanapianta.
74. Blockchain e rinnovabili Doppiavù è una start up innovativa che punta a creare una piattaforma blockchain per implementare e gestire nel modo più efficiente possibile le Comunità energetiche rinnovabili pubbliche e private (doppiavu.org).
75. Meno emissioni Dalla creazione di frutteti aziendali alla campagna nazionale Mosaico verde, condotta da Legambiente, per la forestazione delle città. Ci sono realtà, come AzzeroCo2, che di mestiere fanno questo: aiutare aziende e associazioni a contrastare il cambiamento climatico attraverso progetti di ricerca e strategie di sostenibilità ambientale. Lo hanno fatto anche per Sculpt Zero, la prima linea di intimo modellante a ridotto impatto di Yamamay: le emissioni residue sono state compensate con un progetto che sviluppa energia rinnovabile in India (azzeroco2.it).
76. Cena in giardino Si chiama Garden Gastronomy il nuovo trend della ristorazione sostenibile: si cena e si pranza nel verde con ingredienti autoprodotti e consumi energetici al minimo. Come nell’orto del ristorante di Borgo Egnazia in Puglia (borgoegnazia.it): lo chef Domingo Schingaro (sopra), una stella Michelin, prepara 8 portate sulla brace con ortaggi coltivati e curati da lui. In Calabria, all’azienda agricola bio Ceraudo (ceraudo.it), la cena della chef stellata Caterina Ceraudo arriva con il trattore tra gli ulivi secolari. A Borgo Santo Pietro a Chiusdino (Si) lo chef Ariel Hagen crea piatti con 200 tipi di verdure, 50 erbe aromatiche, 40 fiori coltivati nel relais con 130 ettari di fattoria (borgosantopietrosaporium.com).
77. Howey Ou, la “Greta” cinese 17 anni, Howey Ou è la prima ragazza che, sulle orme di Greta Thunberg, ha organizzato nel 2019 gli scioperi per il clima dei Fridays For Future in Cina. Prima da sola, poi con il sostegno di altri, tanto da diventare un personaggio scomodo per le autorità che vedono l’attivismo come una sfida al loro controllo. È stata minacciata di non essere più ammessa a scuola, interrogata dalla polizia, le hanno messo il cellulare sotto controllo, ma lei non si è fermata: «Credo che la disobbedienza civile sia il solo modo per cambiare le cose» ha detto. E alla domanda «Di cosa ha bisogno la Cina, uno dei Paesi che più inquinano oggi?», lei risponde: «Non di più scienziati per il clima – ce ne sono molti e la scienza è chiara – ma di più attivisti che spingano il governo e la gente a un cambiamento».
78. Amazzonia / Txai Suruì Davanti a una platea internazionale alla COP26, la recente conferenza sul clima a Glasgow, ha detto che suo padre le ha insegnato ad ascoltare le stelle, la luna, il vento, gli alberi, gli animali. «La Terra ci sta parlando e ci sta dicendo che non abbiamo più tempo». Txai Suruì, 25 anni, è attivista del popolo Paiter Suruí e consigliere del Wwf Brasile. Lotta per la salvaguardia della Foresta Amazzonica ma anche per tutti noi. «I popoli indigeni sono in prima linea nell’emergenza climatica e dobbiamo essere anche al centro delle decisioni che vengono prese» dice. La sua soluzione? Fermiamo l’emissione di menzogne e false promesse. Fermiamo l’inquinamento di parole vuote.
79. Prima fu la Danimarca Primo Stato al mondo a farlo, la Danimarca devolverà 13 milioni di euro ai Paesi più danneggiati dal cambiamento climatico che, per crudele ironia, sono anche i più poveri (nella foto, la recente inondazione che ha devastato il Pakistan).
80. I guerrieri del verde Il canale degli appuntamenti è Facebook. È qui che i gruppi locali e la community nazionale Guerrilla Gardening (6.287 membri tra privati e associazioni, sparse tra Reggio Calabria e Busto Arsizio) si incontrano per le azioni di “guerriglia”. La loro, però, è una guerra gentile, fatta a suon di zappe, semi e pollici, che ha come unico obiettivo quello di rinverdire gli spazi abbandonati delle città piantando giardini “clandestini”. Dalla New York degli anni ’70, dove è nato, il movimento ha attecchito prima in Europa e poi in Italia. Anche qui i guerrilla gardener – appassionati di botanica e gente comune – si danno appuntamento per dissodare, strappare erbacce e piantare alberi, arbusti e fiori contro cemento e smog. E, tra consigli e corsi, c’è anche chi pubblica sul gruppo le foto delle proprie creature. Come la rosa prima seppellita da erbacce che ora regala fiori fino a dicembre inoltrato.
81. La batteria? Va a CO2 La start up milanese Energy Dome ha ideato la prima batteria del mondo a CO2, un polmone di energia che può contrastare il cambiamento climatico. Invece che litio o cobalto, Energy Dome sfrutta l’anidride carbonica per immagazzinare energia prodotta da fonti rinnovabili non programmabili, come l’eolico e il solare. Il primo progetto sperimentale è già attivo da questa estate a Ottana (Nu) ed è una tecnologia che può fare la differenza (energydome.com).
82. Elettrico, ma ricondizionato Palermo è una delle città più trafficate d’Italia, secondo uno studio realizzato da Tom Tom nel 2021. Forse nasce da qui l’idea di due giovani imprenditori che hanno fondato Esco Mobility, una start up che recupera e vende veicoli elettrici ricondizionati. Sul suo e-shop trovi monopattini, bici, monoruota (tra i trend del momento!) e puoi anche rivendere il tuo mezzo usato. C’è persino un’officina specializzata per le riparazioni (escomobility.it).
83. Uno scooter di bambù Avresti mai pensato, qualche anno fa, di guidare uno scooter elettrico fatto di bambù? Lo ha sviluppato la start up innovativa To-Move di Torino, focalizzata sulla creazione di veicoli sostenibili in tutti i sensi, anche nei materiali. A progettarlo è stato un team di designer del Politecnico, che non ha trascurato nemmeno la maneggevolezza: lo scooter è pieghevole, così da portarlo con sé con facilità anche sui mezzi di trasporto (reinova.tech).
84. I meal kit anti-spreco Scegli le ricette che preferisci e ricevi a casa gli ingredienti già lavati e porzionati in base alle tue necessità, pronti per essere cucinati. È la trovata geniale di Planeat (planeat.eco) contro il food waste.
85. In quegli anelli è scritto il futuro Li avrai contati anche tu per capire quanti anni avesse un albero. Ma quegli anelli dentro il tronco, oltre all’età, raccontano molto altro. A dirlo è la scienziata Valerie Trouet, docente all’Università dell’Arizona e autrice del libro Gli anelli della vita (Bollati Boringhieri): «Studiando gli alberi possiamo salvare il Pianeta» spiega Valerie, che si aggira nei boschi armata di una specie di cavatappi gigante con il quale estrae dai fusti un campione di materia grazie al quale riesce a capire l’evoluzione del clima degli ultimi 12.000 anni. «Tutto questo ci aiuta a fare previsioni per il futuro».
86. L’albero… da pranzo Piante, radici, bacche, semi: secondo Wood*ing Wild Food Lab, il laboratorio di ricerca sull’utilizzo del cibo selvatico per la nutrizione umana, sono la risorsa alimentare del futuro perché hanno un impatto quasi nullo sul Pianeta. Fondato nel 2010 dalla giovane attivista Valeria Margherita Mosca, Wood*ing organizza anche corsi di foraging e cucina selvatica, degustazioni e consulenze per la ristorazione. Tra i suoi progetti più curiosi c’è “Eat your tree”, che invita a mantenere in vita l’albero di Natale dopo le feste e a imparare a “mangiarlo”. Sì, proprio così! È ricco di vitamina C e puoi utilizzarlo per insaporire brodi e infusi, creare sciroppi balsamici e sorbetti (wood-ing.org).
87. Lane preziose In terra d’Abruzzo la tradizione laniera è così antica da risalire addirittura ai Medici. E oggi c’è chi vuole riscoprirla in tutto il suo valore. A partire dai pigmenti di origine vegetale usati per tingere i capi: le erbe officinali locali e il guado, considerato il blu per eccellenza nel Medioevo. La prima collezione della start up Wuuls, creata da Emanuela Picchini e da suo fratello Francesco, arriva tutta dalle pecore del Parco Nazionale del Gran Sasso. La lana, spiegano questi green heroes della moda sostenibile, è biodegradabile, un po’ come i capelli umani: se la lasci nel terreno si degrada quasi completamente in soli 6 mesi, a una maglia in poliestere possono servire 200 anni (wuuls.org).
88. Il design circolare 20 studenti dell’Accademia Costume & Moda di Roma hanno creato per The North Face la collezione Remade: 10 pezzi unici, incentrati sul design circolare, che mettono a nuovo vecchi capi del brand (thenorthface.it)
89. Lunga vita ai lupi L’impresa è compiuta. Per la prima volta nel nostro Paese è stata completata una mappatura su larga scala dei lupi. A guidarla c’era Francesca Marucco, ricercatrice e docente dell’Università di Torino, zoologa italiana specializzata in lupi, una delle più brave al mondo. «È stato un successo pazzesco» dice, giustamente entusiasta, lei che è responsabile scientifica del progetto Life WolfAlps Eu. «Avere un conteggio dei lupi è la base fondamentale per sviluppare la coesistenza, per fare chiarezza nella comunicazione, per conservare la specie». Significa garantire la tranquillità di chi subisce la presenza di questi animali e lavorare per ecosistemi naturali che funzionino. Questa ricercatrice e il suo team hanno raccolto dati davvero precisi, nonostante si cercassero animali molto schivi e di una specie rigorosamente protetta. «La stima è di 946 lupi nelle regioni alpine, dalla Liguria al Friuli, con una precisione del 95%» specifica l’esperta. A raccogliere i dati con avvistamenti, a posare più di 1.000 fototrappole e ad analizzare decine di migliaia di segni, dalle prede alle orme lasciate nei boschi, sono stati 3.000 operatori. E per farlo hanno camminato tanto, circa 85.000 km. «È un risultato prezioso anche perché si sono formate persone in grado di condividere conoscenza, capaci di smorzare sensazionalismo e fake news e di spiegare quanto la presenza dei lupi sia importante per l’ambiente» sottolinea soddisfatta Francesca Marucco. Questo grande carnivoro, molto adattabile, è importantissimo per limitare, ad esempio, il dilagare degli ungulati, cinghiali in primis. Una pedina fondamentale nello scacchiere naturale. Preziosa per ricreare quell’equilibrio che l’uomo ha spezzato.
90. Che tesoro le alghe! Quando si spiaggiano sulla riva, le alghe devono essere smaltite come rifiuti. Ma, un anno fa, 7 giovani della costiera romagnola hanno ideato il progetto Ulisse alla ricerca di soluzioni ecocompatibili per raccoglierle in mare e usarle nella filiera alimentare e cosmetica. «Alcune tipologie sono ottime per l’alimentazione umana, altre come cibo animale e per produrre mangimi che riducono le emissioni di gas serra del bestiame» spiegano. Non solo: è stato già confermato l’utilizzo di prodotto algale di scarto per la produzione di biocarburanti, proprio come avviene con le biomasse agricole (algaulisse.it).
91. E anche i tessuti diventano slow Dall’incontro tra Slow Food, che ridà il giusto valore al cibo, e alcune aziende virtuose della filiera del tessile, nasce Slow Fiber. Obiettivo: far capire l’impatto che sia il cibo spazzatura e le frenetiche abitudini alimentari sia il fast fashion hanno su ambiente, lavoratori e consumatori. Slow Fiber dimostra che creare prodotti tessili belli, eco, rispettosi di diritti e dignità, durevoli per limitare sprechi e rifiuti, è possibile. Non si può eliminare il consumismo, ma modificarne il corso attraverso scelte consapevoli sì. E le 16 aziende fondatrici di Slow Fiber se ne fanno orgogliosamente portavoce ([email protected]).
92. Il birraio ecologico Il birraio ecologico usa il pane secco o avanzato. Ne recupera 150 kg per produrre 2.500 litri di bevanda, con il 30% in meno di orzo. E così risparmia un bel po’ di CO2 (biovaproject.com).
93. La signora degli oceani Se le chiedete qual è il suo eroe fin da quando era piccola, lei risponde: «L’oceano, un grande gigante gentile». E quest’eroe l’ha portata lontano. Laurea in Fisica all’Università di Bologna (dove insegna), master in Applied Physics ad Harvard, Nadia Pinardi, 66 anni, è la scienziata che ha fatto conoscere in Italia l’oceonografia. Oggi guida il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, a Lecce, dove c’è il supercalcolatore Juno, una macchina che permette di prevedere il mare con una capacità di 1,1 milioni di miliardi di operazioni al secondo. Ma perché “prevedere” il mare è così importante? «L’oceano è uno dei tanti responsabili del clima della Terra. È quello che modera alcuni degli impatti del cambiamento atmosferico. Ma per quanto tempo potrà farlo se non lo aiutiamo?» spiega. E per aiutarlo va studiato con le tecnologie più avanzate. Come quelle del supercomputer che permette di capire quando, per esempio, arriva l’acqua alta a Venezia o le ondate di calore marino, come quella che ha colpito quest’estate il Mar Ligure, alzando la temperatura dell’acqua di 5 gradi sopra la media.
94. Cercando il nucleare pulito «Se scientificamente si può fare, si deve fare». Stefano Buono ne è convinto fin da quando, negli anni ’90, lavorava al Cern di Ginevra con il Premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia a un progetto ambizioso: un reattore nucleare dove non si potessero verificare incidenti come a Chernobyl. Le ricerche si fermarono per mancanza di fondi, ma da un’importante scoperta fatta all’epoca – usare il piombo come liquido di raffreddamento – lo scienziato, poi diventato imprenditore, è ripartito, nel 2021, fondando la start up Newcleo. Obiettivo: costruire reattori di nuovissima generazione per produrre energia nucleare sicura e pulita, grazie a una tecnologia che consente sia di eliminare i rischi di esplosione sia di ridurre le scorie prodotte e riutilizzare quelle già esistenti. Ridisegnare il nucleare in modo sostenibile è nell’interesse di tutti noi. E del Pianeta.
95. Io lo smog me lo mangio il Material ConneXion Library, il più grande archivio di materiali e processi innovativi e sostenibili al mondo, lo ha inserito nel suo schedario. Stiamo parlando di RheBreath, tessuto brevettato 100% made in Italy sviluppato dalla milanese Anemotech (Gruppo Ecoprogram): grazie alla sua tecnologia rivoluzionaria, è capace di assorbire e disgregare le particelle nocive presenti nell’aria senza utilizzare fonti energetiche. TheBreath è adatto a ogni ambiente, interno ed esterno, per combattere l’inquinamento domestico e atmosferico. Ed è anche bello. Questo nella foto ricorda un quadro di Fontana.
96. Che impatto hai? Oggi tutti parlano di sostenibilità ma quando, 25 anni fa, Ada Rosa Balzan iniziò a lavorare alla sua tesi di Sociologia sul turismo sostenibile era una pioniera in materia. «Avevo capito che se non cambi modello di produzione, pensiero e valori non salvi l’ambiente» spiega oggi come amministratore delegato della ARB (la start up innovativa da lei fondata diventata Società benefit per azioni) e docente in varie università. Con il suo team ha creato Si Rating, un sistema algoritmico riconosciuto a livello internazionale che valuta l’impatto ambientale, sociale e di governance di aziende di ogni settore e dimensione.
97. Lo chef delle montagne “REIS” in lingua occitana vuol dire radici. E il nome che Juri Chiotti ha voluto dare al suo locale racconta in un’unica parola la parabola di un giovane di talento che a soli 25 anni conquista la prima stella Michelin e che, proprio quando la sua carriera sembra proiettata verso un futuro da celebrity chef, molla tutto, esce dai riflettori e torna a casa. Casa sono le sue Alpi piemontesi e quel Chiot Martin, piccola borgata di montagna in provincia di Cuneo, dove sono nati il papà e i nonni di Juri. E dove oggi, a 1.000 metri di altezza, il cuoco (che nel suo profilo Facebook si definisce “apprendista pastore”) ha aperto ristorante e fattoria didattica, ristrutturando un antico fienile con materiale di recupero e con il legno dei boschi locali di castagno. «Qui so dove andare a cogliere le erbe spontanee nei campi, dove raccogliere i funghi, quali sono i fornitori e i produttori affidabili» ha raccontato Juri Chiotti in un’intervista, lui che non vuole più essere solo uno chef (per quanto bravo) ma unire la terra e l’agricoltura al suo mestiere di cuoco. E offrire a chi arriva fin quassù un menu sempre più legato alle stagioni, al territorio e a quello che cresce nel suo orto.
98. È nata l’insalata di domani Coltivare risparmiando acqua si può: il modello vertical farming di Planet Farms è tra le soluzioni per rispondere all’attuale crisi idrica. Ha vinto nel 2019 il Progetto Life della Commissione Europea dimostrando come produrre ortaggi di alta qualità, senza fitofarmaci e per 365 giorni l’anno. L’unica acqua consumata per la coltivazione è quella assorbita dalle radici della pianta e trattenuta in ogni foglia. Quella di irrigazione in eccesso e quella che evapora sono trattate, purificate, reintegrate dei sali minerali e reimmesse nel sistema. E gli ortaggi si possono consumare senza essere prima lavati (planetfarm.ag/it).
99. Dalla parte dei contadini La 24enne attivista indiana Disha Ravi ha fatto parlare di sé a febbraio quando è stata arrestata per avere diffuso un vademecum sul comportamento da tenere prima e durante le manifestazioni dei Fridays For Future. L’accusa era di sedizione e incitamento all’odio contro il governo. Il vero motivo? Il sostegno alla lotta dei contadini contro le nuove leggi indiane sui mercati agricoli che, secondo chi lavora ogni giorno la terra, causano danni al territorio e un impoverimento di massa.
100. Niente CO2, siamo rocker Sono tantissimi gli artisti che si impegnano per l’ambiente. Paul McCartney è da sempre vegetariano. Sul climate change Billie Eilish ha scritto una canzone: All the good girls go to Hell. Mentre i Coldplay (sopra, Chris Martin) per il Music of the Sphere Tour – che l’anno prossimo, a giugno, arriverà in Italia – hanno ridotto del 50% l’impatto ambientale, usando energie rinnovabili, devolvendo parte degli incassi alla riforestazione e scegliendo, negli Usa, di esibirsi alla Climate Pledge Arena di Seattle, il primo stadio al mondo a zero emissioni di carbonio.
A cura della redazione – hanno collaborato Laura Badaracchi, Elena Banfi, Camilla Ghirardato, Serena La Rosa, Giorgia Nardelli, Annalisa Piersigilli, Anna Pugliese