I dati sono allarmanti e gli esperti non esitano a parlare di “baby anoressia”. L’età in cui l’anoressia compare, infatti, è sempre più bassa: nel 3% dei casi colpisce bambine (e bambini) tra gli 8 e gli 11 anni. In totale sono oltre 300mila i minori italiani che ne soffrono, secondo la fotografia scattata dall’Istituto Superiore di Sanità. Il problema, dunque, non riguarda più solo gli adulti e non si limita all’anoressia.

Baby anoressia e disturbi alimentari in aumento

L’anoressia in generale colpisce, solo in Italia, circa 4 milioni di persone, pari al 5% della popolazione. Ma di questa 7 su 10 sono adolescenti. Il fenomeno è aumentato negli ultimissimi anni, complice la pandemia. Secondo un’indagine commissionata nel 2021 dal ministero della Salute, rispetto al 2019 c’è stato un aumento di quasi il 40%. Nei primi 6 mesi del 2020, inoltre, sono stati rilevati più di 230.000mila nuovi casi, contro i 163.000 mila del primo semestre dell’anno precedente. Non solo. L’età in cui compare è sempre più bassa, 3 casi su 30 di pazienti al di sotto dei 14 anni. Da qui la definizione di “baby anoressia”.

Perché cresce l’anoressia infantile

«Dalla pandemia in poi stiamo osservando una sempre più preoccupante precocizzazione degli esordi dell’anoressia. I pediatri sono in totale allarme e le scuole elementari totalmente impreparate di fronte a bambine di 10 anni – le più colpite – che iniziano a essere estremamente selettive col cibo, che hanno un’attenzione esagerata verso il corpo e cercano la magrezza in un’età nella quale, invece, questo limita la crescita», spiega Deborah Colson, psicologa e psicoterapeuta responsabile del Progetto FoodNet, nato nel 2017 e sostenuto da A.R.P. Associazione per la Ricerca in Psicologia clinica ETS. L’obiettivo è la prevenzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), soprattutto alle elementari. Finora sono stati coinvolti oltre 1.300 alunni di 4° e 5° in diverse regioni italiane, insieme a insegnanti e familiari.

Quali sono le cause dell’aumento di baby anoressia?

Uno dei motivi per cui si abbassa l’età di insorgenza dell’anoressia nelle bambine è legato allo sviluppo, con il menarca che arriva sempre prima. «In passato entrambi i fenomeni compariva intorno ai 14/15 anni. Oggi gli studi indicano che una diversa alimentazione, la presenza di microplastiche e di interferenti endocrini hanno un’influenza sul menarca, con potenziali conseguenze negative sulla salute in età adulta, come un maggior rischio di osteoporosi – osserva Colson – Ma questa una parte del problema, che resta l’aumento della baby anoressia. Abbiamo troppi casi gravi e noi terapeuti ci sentiamo inadeguati: come se cercassimo di fermare il mare solo con le mani».

Il ruolo dei social nell’anoressia infantile

Un ruolo importante è giocato anche dai social, ma «non è colpa dei social. Casomai i social sono casse di risonanza che amplificano il confronto. Se in passato questo avveniva solo con i compagni di classe e gli amici, oggi c’è una platea immensa con cui confrontarsi, soprattutto fisicamente con modelli irreali – sottolinea la psicoterapeuta – Anche negli anni ’70, quando il menarca arrivava a 14, le ragazze erano impreparate al cambiamento del loro corpo. I disturbi dell’alimentazione, infatti, sono un mezzo comunicativo per dire che si sta male con se stessi. Le ragazzine oggi non hanno bisogno delle App per contare le calorie, sono capaci da sole. Il punto è che il cibo è un regolatore delle emozioni, fornisce risposte a stati d’animo che, nel caso dello sviluppo, sono contrastanti. Infatti ne soffrono anche i maschi».

Aumentano anche i maschi con disturbi alimentari

I casi tra bambini e ragazzini, infatti, sono più che raddoppiati, passando da meno del 10% al 20%, «senza contare il sommerso», ricorda Colson. Di recente anche Davide Bonolis, figlio di Paolo Bonolis e Sonia Bruganelli, ha confessato di aver sofferto di bulimia, arrivando a pesare 104 kg quando il suo unico “rifugio” sembrava essere il cibo. Anche a lui era capitato dagli 11 anni e ora i dati indicano una crescita del fenomeno nella fascia di età tra i 12 e i 17 anni. «I maschi non soffrono tanto di anoressia, quanto di vigoressia: non vogliono essere magri, ma tonici, vogliono i muscoli e temono lo stigma se i muscoli non si sviluppano. Ma se sono nella fase di crescita in cui i muscoli non sono facili da creare, fanno ricorso agli anabolizzanti o al cibo: un ragazzino era arrivato persino a costringersi a mangiare 12 tuorli a colazione nella convinzione di aumentare la massa muscolare».

Quando rivolgersi ai centri specializzati

In questi casi è importante rivolgersi ai centri specializzati, quanto prima. Secondo quanto riportato dall’Istituto Superiore di Sanità, risultano in carico al 65% dei Centri censiti quasi 9.000 utenti e 9 su 10 sono femmine. Il 58% degli utenti ha tra i 13 e i 25 anni, il 7% meno di 12 anni. Il problema più diffuso è l’Anoressia nervosa (36,2%), seguita da Bulimia nervosa (17,9%) e Binge Eating o alimentazione incontrollata (12,4%). Rimangono, però, molte criticità anche una volta deciso di rivolgersi ai servizi di aiuto, a volte carenti o distribuiti in modo non uniforme sul territorio: sono 48 al Nord, 14 al Centro e 29 tra Sud e isole.

Le carenze nelle strutture per l’anoressia infantile

«I centri che accolgono casi di età inferiore ai 13 anni sono pochissimi. Ci sono realtà virtuose, come l’Emilia, al primo posto, la Lombardia e la Toscana. Ma anche zone nelle quali, come in Calabria, non ci sono centri per i disturbi alimentari, quindi chi ne ha bisogno si sobbarca viaggi della speranza verso il centro nord, magari con i genitori costretti a lasciare il lavoro perché spesso si tratta di avviare percorsi terapeutici con ricoveri anche molto lunghi», spiega Colson. «Per questo sul nostro sito (FoodNet.it) abbiamo inserito una mappatura per capire a chi rivolgersi, oltre a uno sportello per offrire un risposta immediata, senza attendere che il problema diventi più grave».

FoodNet: la rete di aiuto per genitori, docenti e studenti

Il coinvolgimento dei genitori, infatti, è fondamentale: «Se si considerano i bambini delle elementari, è chiaro che il mondo degli adulti – genitori e insegnanti – è ancora quello di riferimento. Per questo organizziamo incontri con gli alunni, in classe, che sono preceduti però da quelli con gli insegnanti e sono seguiti da un’ultima lezione alla quale assistono anche i genitori, collegati tramite LIM. La prevenzione – sottolinea Colson – è importantissima: permette di intervenire tempestivamente, evitando casi gravi».

Baby anoressia: un allarme serio

Nel 2023 sono stati 3780 i decessi causati da disturbi alimentari, con 10 morti al giorno, il quadruplo rispetto alle pur inaccettabili morti sul lavoro. Se nel mondo più di 1 giovane su 5 che soffre di disordini dell’alimentazione, l’Italia si posiziona oltre la media globale, con 1 su 3. «Ci sono sempre più ragazzine e sempre più giovani per le quali è indispensabile il ricorso al sondino perché incapacitate di mangiare. Servono più fondi e soprattutto investimenti nella prevenzione, che ridurrebbero anche il ricorso a trattamenti», sottolinea la responsabile del progetto FoodNet, che però lancia anche un messaggio positivo.

Si può guarire dall’anoressia

Nonostante il quadro generale, uscire da una condizione di sofferenza fisica e psicologica si può: «Il nostro progetto nasce per diffondere l’idea che la prevenzione dei DCA non solo è possibile, ma è ormai necessaria: oggi, il Paese non ha nessuna risorsa per prevenire o curare i disturbi alimentari, a seguito anche del taglio del Fondo per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione operato dal Governo. Salute e benessere sono condizioni da co-costruire con il diretto coinvolgimento dell’individuo, dei gruppi e delle comunità sociali, che devono essere coinvolti e aiutati tramite lo sviluppo di concreti programmi di prevenzione», conclude Colson.