Tutto è pronto per il “Fascicolo 2.0” ossia il Fascicolo sanitario elettronico (FSE). Con una campagna informativa, il ministero della Salute ha iniziato a informare i cittadini delle novità in arrivo, a partire da quelle riguardano una scadenza da segnare sul calendario: il 30 giugno. Qui tutte le novità in arrivo, comprese quelle sulla creazione di un database europeo in cui confluiranno tutti i dati sanitari dei cittadini europei, compresi quelli italiani. Ecco cosa c’è da sapere.
Fascicolo sanitario elettronico: cosa cambia
Il Fascicolo Sanitario Elettronico esiste da qualche tempo (e in qualche Regione) anche in Italia. Ma dal 30 giugno arriverà qualche novità. Intanto va ricordato che si tratta di una sorta di cartella clinica di cui dispone ciascuna cittadino italiano. Ce ne sono, infatti, 57,66 milioni attivi, per un totale di 418,6 milioni di referti digitalizzati. Dal 30 giugno, però, i documenti consultabili online potranno crescere ulteriormente.
Cosa contiene e cosa conterrà
Grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza-PNRR, le Regioni stanno inserendo nelle proprie banche dati i documenti dei residenti. «All’interno vi si trovano tutti i referti medici specialistici, ma anche le informazioni relative a ricette per farmaci o cure seguite dal paziente. In prospettiva futura dovrà contenere anche un documento di sintesi clinica redatto dal medico di medicina generale, quindi il medico di famiglia. Ci sarà anche un taccuino nel quale ciascuno potrà annotare personalmente i dati che ritiene utili che siano accessibili ed eventualmente visibili a chi sarà autorizzato a visionarli, come per esempio il medico curante. Il 30 giugno, però, è il termine ultimo entro cui chi non volesse, potrà opporsi all’alimentazione de fascicolo stesso», spiega Guido Marinoni, componente del comitato centrale della Federazione Nazionale dei Medici di Medicina Generale, FNOMCeO.
La novità dal 30 giugno
«Il fascicolo, dunque, esiste già, ma finora conteneva solo alcuni dati parziali e soprattutto sotto forma di pdf. Inoltre adesso sarà nazionale: finora era stato attivato solo da alcune Regioni e non era interoperabile – prosegue Marinoni – Nel frattempo, come spiega il ministero, ‘la campagna informa anche sulla possibilità di opporsi, fino al 30 giugno, all’inserimento automatico nel fascicolo dei dati e documenti sanitari generati da eventi clinici riferiti alle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale prima del 19 maggio 2020’. Di fatto si può negare il consenso all’inserimento dei dati pregressi, quindi precedenti alla data indicata del maggio 2024”».
La privacy: come sono protetti i dati
«Di fatto il 30 giugno sarà l’ultima possibilità per non inserire le informazioni passate. Se il paziente non vorrà renderle visibili a un operatore continuerà a poterlo fare, oppure potrà oscurarle anche parzialmente, ma l’alimentazione e implementazione del Fascicolo proseguirà in automatico – sottolinea Marinoni – La privacy è tutelata da regole molto complesse e articolate, messe a punto con il Garante per la protezione dei dati personali, in modo che non siano utilizzabili per scopi non desiderati dal paziente. Per semplificare, è come se ciascuno avesse una propria cassaforte con i suoi ‘gioielli’ all’interno: l’unico a disporre delle chiavi per aprirla e mostrarne in contenuto sarà sempre e solo lui».
Vero il database europeo
Intanto si guarda al futuro. Da tempo ci siamo abituati a mostrare la tessera sanitaria ogni volta che occorrono farmaci o cure mediche, in Italia. I nostri dati sono infatti contenuti all’interno del database nazionale e accessibili ovunque sul territorio nazionale. Adesso il servizio sarà esteso a tutta Europa, dove entrerà in vigore lo Spazio europeo dei dati sanitari (EHDS), cioè un archivio che conterrà la cartella clinica elettronica, una sorta di “carta d’identità sanitaria” di tutti i cittadini europei.
Cos’è la cartella clinica elettronica europea
L’obiettivo della cartella clinica europea è aumentare lo spazio di condivisione dei dati a livello europeo, in particolare per quanto riguarda l’ambito sanitario. Il Parlamento ha dato il proprio via libera alla proposta della Commissione e, una volta pubblicato in Gazzetta ufficiale il testo che lo istituisce, l’EHDS diventerà una vera e propria banca dati digitalizzata utilizzabile ovunque all’interno dello spazio dei 27. Conterrà tutte le informazioni ora disponibili soltanto sul fascicolo sanitario nazionale, quindi cure mediche, storia clinica del paziente o farmaci prescritti, ma non più sotto forma di semplici documenti singoli.
Verso la carta d’identità sanitaria a portata di click
«La differenza rispetto alle informazioni ora consultabili online è che oggi disponiamo solo di documenti cartacei, come pdf, che sono caricati sul fascicolo sanitario nazionale. Un domani, quando sarà operativa la banca dati europea integrata, si potranno avere i dati veri e propri. Al pari di una carta di identità, nella quale per esempio c’è scritto il colore degli occhi del cittadino, la cartella clinica europea riporterà il valore della glicemia della persona. È un dato che non è possibile avere in modo diretto: lo si può dedurre solo consultando il referto degli esami prescritti dal medico», chiarisce Claudio Cricelli, presidente emerito della Società italiana di Medicina Generale (SIMG).
Come funziona e a cosa serve la cartella clinica elettronica
La possibilità di condividere le informazioni in formato digitale permette quindi di avere sempre con sé sempre il fascicolo sanitario, a portata di “click”, aggiungendo una funzione in più rispetto a quelle attuali: «Già oggi se mi reco all’estero e un medico mi chiede di poter conoscere alcune informazioni mediche, ad esempio per una prescrizione, posso accedere al mio fascicolo sanitario nazionale e mostrargliele. Ma quello che trovo oggi sono solo i referti di esami, i risultati di analisi o le ricette, non singoli dati – insiste Cricelli – Il database europeo, inoltre, sarà uno strumento utile ai fini della ricerca medica a livello internazionale».
Quando arriverà
La decisione europea è soprattutto «un atto normativo che indica la direzione che si vuole seguire. Sarà realizzabile con i fondi del PNRR, ma occorrerà tempo perché diventi realtà. Non solo va tenuto presente che comunque vi potrà accedere solo il singolo cittadino, ma prima è necessario che i singoli Stati digitalizzino i fascicoli nazionali», conferma Cricelli. In effetti il Fascicolo Sanitario Elettronico, nella sua evoluzione attuale, va proprio in questa direzione.
Come usare la tessera sanitaria europea
La Tessera Europea di Assicurazione Malattia (TEAM), infatti, è entrata in vigore anche in Italia dal 1° novembre 2004. Di fatto è il retro della Tessera Sanitaria nazionale o della Carta Regionale dei Servizi. Come spiega il ministero della Salute, «permette di usufruire delle cure medicalmente necessarie (e quindi non solo urgenti) coperte in precedenza dai modelli E 110, E 111, E 119 ed E 128, se sei in un Paese UE o nei Paesi EFTA (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) per temporaneo soggiorno».
A cosa serve la TEAM
«La TEAM fa parte del sistema di tessere sanitarie abilitate all’uso anche fuori dai confini nazionali, quindi in questo caso da quelli italiani e dà diritto alle stesse prestazioni offerte da uno Stati ai propri cittadini. Ma attenzione: i servizi sanitari fruibili avranno le stesse condizioni riconosciute ai cittadini residenti, non necessariamente gratuite. Significa che se vado in Svizzera, per esempio, può essere che debba pagare per prestazioni che in Italia sono coperte dal Servizio sanitario nazionale. In quel caso, eventualmente, potrò cercare di farmi rimborsare le spese al mio ritorno in Italia», dice il presidente emerito della SIMG.
Le prestazioni sanitarie all’estero si pagano?
Con l’attuale TEAM, rilasciata a tutti gli iscritti al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che hanno la residenza in Italia (salvo alcune eccezioni come gli studenti iscritti all’AIRE, l’anagrafe dei residenti all’estero), ci si può recare nelle strutture sanitarie estere pubbliche o convenzionate e ottenere la prestazione. In genere non è richiesto alcun pagamento, ma quelli nei quali è previsto un ticket (come in Francia, ad esempio, pari al 20% della spesa, compreso il ricovero ospedaliero), è poi possibile chiedere il rimborso alle aziende locali o, una volta tornati, alla ASL di competenza italiana. «Purtroppo non è sempre facile ottenerlo, neppure quando spetta in Italia, come nel caso di ritardi nelle prestazioni che costringono a rivolgersi ai privati: non tutti lo sanno, ma si avrebbe diritto al rimborso», conferma Cricelli.