Marisa non c’è più. Marisa Leo è stata uccisa dall’ex marito a Salemi, in provincia di Trapani. Ma Mauro Leo, suo fratello, ha deciso di prendersi cura della figlia Maria, cioè della nipotina di appena 4 anni, rimasta orfana. Non è l’unico caso, ma spesso non si pensa a chi, dopo un delitto efferato come quello avvenuto in Sicilia, rimane. E rimane solo. Come la figlia di Marisa e i figli molte altre donne vittime di femminicidio, che perdono anche l’altro genitore quando questo decide di togliersi la vita.

Che fine fanno questi figli, orfani e alle prese con un dramma che non li lascerà per tutta la vita? E quali tipi di sostegno ricevono dallo Stato o dalle associazioni?

Il fratello di Marisa e la richiesta di affidamento

«Non resterà mai sola. Mi considero già padre e madre per lei». Così Mauro Leo, lo zio della figlia di Marisa Leo, che al Corriere della Sera confessa di non aver trovato “le parole per dirle cosa è successo”. L’uomo ha però chiesto l’affidamento della bambina. Per la piccola la vita non sarà semplice, come non lo è per gli altri orfani di femminicidio, alle prese con la sfida di ricostruire una vita spezzata, senza i genitori biologici. A loro si rivolge il progetto “Sos – Sostegno orfani speciali”, avviato in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, ma in grado di fornire indicazioni anche fuori da queste regioni. Promosso dai centri antiviolenza E.M.M.A. con altri 24 enti, tra i quali la Procura dei minorenni di Torino, 18 organizzazioni del terzo settore (volontariato), le università di Genova e Torino, l’Ordine assistenti sociali del Piemonte e quello della Valle d’Aosta, ha come obiettivo «entrare in punta di piedi» nelle vite degli orfani di femminicidio.

Sos, Sostegno orfani speciali

I bambini le cui madri sono state uccise dai padri sono vittime due volte, orfani “speciali”, come li ha definiti Anna Baldry, docente di Psicologia Giuridica e Investigativa del Dipartimento di Psicologia dell’Università “Luigi Vanvitelli” di Napoli, scomparsa nel 2019. Nel suo libro omonimo, scriveva che «Il trauma che questi orfani vivono in parte è assimilabile a quelli provocati da eventi luttuosi, da catastrofi naturali o da incidenti, ma per molti versi è specifico e non paragonabile ad altre situazioni». «La morte violenta della madre innesca un meccanismo multiplo di continue perdite nei figli che lascia: perché il padre o l’uomo che l’ha uccisa spesso si suicida o fugge o finisce in carcere. I figli non possono più vivere nella loro casa, sono costretti a cambiare scuola, abitudini, perdono gli amici. A volte non riescono neppure a recuperare le loro cose o riescono a farlo solo dopo molto tempo», racconta la presidente dell’associazione E.M.M.A, Anna Maria Zucca, che ha raccolto l’eredità di Baldry.

Che tutele agli orfani di femminicidio

Grazie anche all’impegno di Baldry nel 2018 è stata approvata una legge (n.4/2018, entrata in vigore il 16 febbraio 2021), che introduce per la prima volta tutele per gli orfani di femminicidio e le: «Offre, per esempio, l’accesso al gratuito patrocinio, l’assistenza medico-psicologica, la sospensione della pensione di reversibilità all’omicida e la possibilità di modificare il cognome», spiega Zucca. La norma prevede anche l’estensione del fondo per le vittime di mafia, usura e reati intenzionali violenti ai figli delle vittime di crimini domestici, da utilizzare per borse di studio, formazione, inserimento lavorativo. «È uno strumento importante, ma con un limite: si tratta di rimborsi spese, che però prima le famiglie affidatarie devono sostenere e non sempre sono in grado di farlo», sottolinea Zucca.

Il difficile percorso degli orfani di femminicidio

Concretamente a decidere il destino di chi perde entrambi i genitori, come nel caso della figlia di Marisa Leo, è la magistratura: «La Procura degli adulti, perché i reati come il femminicidio o l’omicidio sono commessi da adulti, e quella dei Minori si avvalgono dei servizi sociali e cercano di capire quale sia la collocazione migliore per il minore, individuando una famiglia affidataria: possono essere parenti, come i nonni o gli zii, oppure un’altra famiglia che non ha legami familiari. Per i bambini o adolescenti non si tratta, però, di un percorso semplice in nessun caso, così come non lo è per gli adulti: se sono nonni, ad esempio, si ritrovano a dover tornare in qualche modo genitori, così come per gli zii», conferma Zucca. C’è poi anche un aspetto pratico: non sempre gli ambienti, come la casa dei parenti, sono adatti a una nuova dimensione. In qualche caso si tratta anche di doversi trasferire, quindi gli orfani vivono una nuova perdita, quella da luoghi e amici che avevano conosciuto e frequentato fino a quel momento. In questa direzione si muovono gli aiuti, molteplici, offerti da associazioni come E.M.M.A.

Cosa serve agli “orfani invisibili”

Con il progetto “Sos – Sostegno orfani speciali”, nato nell’ambito del bando “A braccia aperte” dell’impresa sociale Con i Bambini, si fornisce un sostegno ai bambini rimasti senza genitori e alle famiglie affidatarie. Si tratta di intervenire sia con un supporto post-traumatico immediato, sia per far sì che man mano si raggiungano autonomia ed un nuovo equilibrio. «Ci troviamo di fronte a bisogni psicologici, con reazioni innumerevoli e traumi profondi per questi minori, ai quali ci avviciniamo in punta di piedi. Hanno bisogno di trovare una giustificazione a quanto accaduto, di capire perché è successo, evitando di colpevolizzarsi, come invece spesso accade. Poi bisogna offrire loro nuove prospettive, anche concrete, con quella che noi chiamiamo “dote educativa”: aiutiamo il minore a socializzare quando emergono problemi, quando smettono di relazionarsi, come può accadere in adolescenza. Li aiutiamo a iscriversi per esempio a corsi di danza, musica, palestra, a prendere la patente, a ottenere borse di studio universitarie, a trovare lavoro o a seguire un percorso di formazione professionale, grazie ai nostri partner e a molte istituzioni», spiega la presidente di E.M.M.A.

Rifarsi una vita: come?

Il progetto “Sos – Sostegno orfani speciali”, finanziato grazie al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile dell’impresa sociale “Con i Bambini”, «cerca di venire incontro a 360 gradi alle esigenze degli orfani e delle famiglie affidatarie evitando che, una volta terminato il sostegno immediato, ci si dimentichi di loro. Per loro noi abbracciamo una fascia di età che va dagli zero ai 21 anni – chiarisce Zucca – Noi esortiamo chiunque in queste condizioni a chiederci aiuto, tramite i nostri canali». Oltre al sito web dell’associazione (emmacentriantiviolenza.com), c’è quello del progetto specifico a sostegno degli orfani speciali (percorsiconibambini.it/sos) e un numero di emergenza (366 460 7803) o l’email ([email protected]). «Abbiamo uno spazio dove accogliere la famiglia affidataria e gli orfani nei momenti di difficoltà, per ridisegnare la loro vita o in un momento di difficoltà, come una malattia, e poi abbiamo una sede aperta dal lunedì al venerdì per tre ore al giorno, con una reperibilità H24». L’appello è chiaro: «Fateci sapere di cosa avete bisogno, noi ci siamo per aiutarvi», ribadisce Zucca.