Se anche tu rientri tra i 2,7 milioni di italiani che hanno una partita Iva, allora ti sarai chiesta se valga la pena prendere in considerazione un nuovo strumento, introdotto dal Governo, in tema di fisco. Si tratta del Concordato Preventivo Biennale, che in realtà esisteva già, ma che è stato esteso in via sperimentale a chi rientra nel regime forfettario.

Di cosa si tratta e quando conviene? Ne abbiamo parlato con Gianluca Massini Rosati, esperto in materia e presidente di Allcore spa. Qui un piccolo vademecum per rispondere ai dubbi.

Cos’è il concordato preventivo biennale?

«Si tratta di un accordo tra il Fisco e il contribuente, con il quale il primo fa una cosiddetta “assunzione”: sulla base di alcuni calcoli e valutazioni, tenendo in considerazione lo storico degli ultimi anni, stabilisce a quanto potrebbe ammontare il guadagno del contribuente nei due anni successivi e, su questa base, stabilisce l’importo delle imposte. Si tratta, in effetti, di una proposta che poi il cittadino è libero di accettare o meno, e che può presentare vantaggi o qualche limite, a seconda del tipo di attività del contribuente stesso», spiega Rosati.

A chi conviene il concordato preventivo biennale?

«Conviene a chi preferisce conoscere in anticipo l’ammontare delle tasse che dovrà pagare nei due anni successivi, che dunque non varierà. Oltre a saperlo prima, inoltre, permette di non subire controlli fiscali, secondo quanto dichiarato dallo Stato. Conviene a chi ha un business o un’attività stabile, o anche in crescita, perché nonostante l’aumento potenziale dei guadagni, la tassazione concordata non sarà modificata, almeno entro certi limiti», chiarisce l’esperto.

Cosa succede se si guadagna di più?

«Il concordato, infatti, è applicabile solo se i guadagni, nei due anni successivi, non superano il 30% rispetto al passato e dunque rispetto alla cifra su cui è stata formulata la proposta di tassazione del Fisco. Se, per esempio, si guadagna il 20% in più, si avrà il vantaggio di una riduzione del carico fiscale perché questo viene calcolato su una base inferiore. In più si avrà il vantaggio di non avere controlli fiscali sugli adempimenti».

Che limiti ha il concordato preventivo?

«Partiamo da una premessa: se il contribuente è ligio e dunque non ha paura di controlli fiscali, il concordato può avere un vantaggio limitato che è legato alla possibilità di aumentare la redditività della propria attività. Se questo accade, si ha il beneficio di poter pagare meno tasse, ma se dovesse andare male, dunque si dovessero ridurre i guadagni, si ha l’inconveniente di finire col pagare di più».

Cosa accade se si guadagna meno?

«Anche in questo caso è previsto che il concordato possa decadere, ma le percentuali sono diverse. Se il guadagno è maggiore, infatti, viene meno solo se si supera il 30% della base storica (e in questo caso la tassazione sarà calcolata sulla base del reale guadagno). In caso di perdite, invece, il concordato decade solo se si supera il 50%. È chiaro che le condizioni sono impari e a “guadagnarci” sarà il Fisco. In un momento storico di grandi stravolgimenti dell’economia, occorre valutare con attenzione».

Che differenza c’è rispetto alla riduzione dei termini di accertamento?

A proposito di controlli fiscali, dunque, qual è la differenza rispetto all’altra scelta possibile, cioè la riduzione dei termini di accertamento? «Sono due opzioni diverse. In quest’ultimo caso si tratta di dichiarare, in fase di dichiarazione dei redditi, di incassare (e pagare gli oneri) tramite sistemi di pagamento tracciabili. Ricordiamo che vige il limite massimo di 500 euro per i pagamenti in contanti, quindi è plausibile che la maggior parte dei titolari di partita IVA proceda con sistemi tracciabili, come bonifici o pagamenti tramite carte».

Quali vantaggi dalla riduzione dei termini di accertamento?

«Il maggior beneficio è che, optando per questa scelta, i termini di accertamento scendono da 5 a 3 anni. Significa che i potenziali controlli possono avvenire solo nell’arco dei 3 anni pregressi e non più cinque, appunto. Lo si fa semplicemente mettendo una spunta nel riquadro RS della dichiarazione dei redditi».

Quando optare per l’una o l’altra possibilità?

«Se non si temono controlli fiscali perché si sono rispettate le norme e quando non si ha la certezza che il proprio business vada nel modo giusto, non ha senso scegliere il concordato. Anche in caso di controllo fiscale, infatti, non si dovrebbe avere nulla da temere. Per ridurli, comunque, è possibile godere della riduzione dei termini di accertamento, appena descritta».

Quanto conta l’ammontare dei propri debiti?

«Questa è un’altra condizione da tenere presente. Il concordato preventivo, infatti, è una misura che si può scegliere solo se non si hanno debiti tributari superiori a 5mila euro, altrimenti non si può aderire».

Con il regime forfettario, cosa conviene di più?

«Con il regime forfettario i controlli fiscali sono quasi inesistenti in termini statistici. Quindi, se il motivo per cui si pensa al concordato preventivo si limitano alle verifiche fiscali, non c’è un vantaggio reale. L’unico motivo potrebbe essere la previsione di crescita della propria attività, purché rimanga nei limiti del 30% nei due anni successivi».

Cos’è e quanto conta l’ISA?

«Si tratta dell’indice sintetico di affidabilità, un indicatore economico che ha preso il posto dei vecchi studi di settore, che analizzavano la congruità e la coerenza dei ricavi delle imprese, sia rispetto allo storico delle attività, sia rispetto settore di appartenenza. È una sorta di voto da 1 a 10, che indica il grado di affidabilità. È importante perché più è alto, minore sarà l’incremento delle imposte che il fisco stimerà che si debba pagare».

Quali sono scadenze e modalità per scegliere?

«Il quadro RS, che consente la riduzione degli accertamenti fiscali, si compila con la dichiarazione dei redditi. Per l’accettazione del concordato la scadenza è ottobre. La proposta arriva dall’Agenzia delle Entrate a tutti i contribuenti sotto i 5 milioni di euro di reddito e può essere accettata o meno, con procedura telematica tramite il proprio commercialista».