I genitori per primi sono in ansia
Si parla spesso dei ragazzi di oggi come di una generazione in preda all’ansia, di adolescenti che troppo spesso devono ricorrere all’aiuto dello psicologo o alla stampella di un farmaco per superare le difficoltà della vita. Ma val la pena chiedersi se questi ragazzi che sembrano nati ansiosi, non sono piuttosto cresciuti nel culto della preoccupazione.
I piccoli ostacoli trasformati in malattie
Vi ricordate cosa succedeva quando da bambini andavamo a raccontare ai genitori i nostri piccoli problemi? La maestra che ci aveva trattato male, il compagno di scuola che ci aveva scarabocchiato il quaderno, la festa a cui non eravamo stati invitati… Vi ricordate lo sguardo dei grandi, quel modo che avevano di farci capire che era una cosa da bambini e che ce la saremmo cavata egregiamente? Niente di cui angosciarci insomma. Ecco, quello sguardo non c’è più. Con tutto l’amore che i genitori di oggi hanno per i loro bambini, quello sguardo si è tramutato in una espressione di preoccupazione, in una rincorsa a parlare dei piccoli drammi dei figli e risolverli sulla chat delle mamme se non addirittura in un colloquio a tu per tu con gli insegnanti.
Condividere tutto è giusto per crescere?
Oggi si condivide tutto in famiglia, anche e soprattutto le preoccupazioni. E si trasformano tanti chiaroscuri della normalità in problemi, convinti che questa sia la giusta via per crescere e prepararsi alle difficoltà. Siamo in una società che vive immersa in uno stato di ansia anticipatoria e questo influenza i più giovani, ne appesantisce l’esperienza. Al posto di angosciarsi perché hanno dei figli ansiosi, i genitori possono sforzarsi di rifondare un nuovo lessico famigliare orientato alla fiducia, alla gioia e non alla paura. Fiducia nel fatto che se cadi ti rialzi, che è molto meglio sbucciarsele quelle ginocchia o passarci attraverso quell’esame che non si riesce a superare piuttosto che evitare a ogni costo esperienze restando prigionieri dell’angoscia per quello che potrebbe succedere. Certo che non viviamo tempi facili ma pensiamo al Covid e a come ne parliamo alle nuove generazioni. Cosa resterà nelle nostre vite? Solo il dramma o ci sarà spazio anche per quella fiducia e quella consapevolezza di una umanità che grazie alla scienza ha saputo fronteggiare e superare la pandemia?