La cultura dello stupro
Quando 6 anni fa è iniziato il #MeToo abbiamo perso l’occasione di affrontare seriamente temi come la violenza, gli abusi, il consenso. Le donne avevano cominciato a parlarne, però in Italia più che altrove il movimento è stato velocemente sotterrato. Oggi si discute di fare attenzione a dove si va e a come ci si veste, senza considerare che la maggior parte delle violenze e degli abusi accade in luoghi protetti: scuole, case, parrocchie… O si decide che bisogna stare attente 24 ore su 24 o si cominciano a decostruire gli stereotipi della cosiddetta “cultura dello stupro”.
Cosa significa dare il consenso?
Mi occupo da tanti anni di consenso e con il mio nuovo libro, che parla di un abuso subito a 11 anni, volevo che le donne trovassero un pezzo della propria storia e che gli uomini capissero cosa succede nella mente di una ragazza in tutti quei momenti in cui si tace perché non ce la si fa a urlare, si cede ma non per questo si acconsente, e poi si vive con i sensi di colpa e la vergogna che ne conseguono. Il consenso non è monolitico né definitivo. A cosa veramente acconsento quando acconsento a una relazione? Posso dare il mio consenso perché penso che ci sia amore e poi rendermi conto che amore non c’è e quindi voler tornare indietro. Oppure posso aver voglia di flirtare perché la sessualità è un gioco, ma poi decidere di mettere fine a quel gioco. Le donne della mia generazione sono cresciute con la convinzione che qualsiasi cosa accadesse fosse colpa nostra, e l’assuefazione a dire “aspetto che passi”, facendoci così un’altra violenza.
Abbiamo il diritto di dire NO
Si è vittima quando si tace e si ingoiano quelle parole che potrebbero raccontare ciò che è accaduto. Si è vittima quando si denuncia e ci si rinfaccia quello che si sarebbe dovuto o non dovuto fare. Si può aspettare che qualcuno chieda scusa, ma questo qualcuno non chiederà mai scusa. Possiamo fare pace con l’abuso o la violenza subiti nel momento in cui riconosciamo che siamo state vittime, che non è stata colpa nostra, che non dobbiamo vergognarci a prendere la parola per dare la parola a quel corpo che a furia di sopportare poi si sbriciola. Dobbiamo essere consapevoli di aver diritto a dire no. E pian piano, per fortuna, le giovani lo stanno diventando.
Testo raccolto da Isabella Fava