«MIO FIGLIO HA 26 ANNI E ANCORA IL PADRE gli versa l’assegno di mantenimento stabilito nel divorzio. Fino a quando dovrà andare avanti? Non dovremmo incoraggiarlo all’autonomia?» (Lucia)

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Il nostro sistema normativo non prevede che, con la maggiore età, si smetta di mantenere i figli. Il genitore che ha a proprio carico l’assegno di mantenimento non può nemmeno sospenderlo automaticamente quando si è laureato o ha terminato un corso professionale. Il ragazzo deve trovare lavoro perché ciò accada.

Se il figlio smette di studiare o non lavora va mantenuto?

Ma se ha smesso di studiare, o da tempo non fa nulla, perde il diritto al mantenimento nel caso non sia in grado di provare al giudice di essersi adoperato per un’occupazione. Così come lo studente a lungo indolente, o chi trova un lavoro a tempo determinato.

Figlio mantenuto: cosa si intende per autonomia economica

L’autonomia economica, infatti, non scatta solo nei casi di lavoro a chiamata o stagionale, troppo breve ed aleatorio per essere considerato tale. Dobbiamo anche aggiungere che la retribuzione deve in ogni caso garantire una dignità di vita (non può trattarsi di un mero rimborso spese). E che, secondo la nostra legge, in ogni caso ai figli dovrebbe essere permesso di raggiungere una posizione lavorativa in linea con il percorso di studi seguito. Se è laureto in Legge, per fare un solo esempio, non può essere obbligato a guadagnare come cameriere subito dopo. Il suo percorso prevede un apprendistato, così come altri settori implicano stage e master.

Il mantenimento è subordinato all’impegno dei figli

Detto questo, è importante che i ragazzi dimostrino impegno per conservare il mantenimento. E va da sé che, se le condizioni economiche della famiglia peggiorano, un lavoro part time o nei fine settimana diventa quasi un dovere etico, a prescindere dalla legge.