«Ho un marito che da un po’ di mesi è depresso e, per quanto possa darmi da fare, la sensazione è che non serva a nulla. Il clima famigliare risente fortemente della sua malattia. Come lo posso aiutare?» Marta
CARA MARTA, la depressione va curata nella sua gravità, sempre. Può essere rilevante la componente genetica anche se, in genere, la depressione compare dopo un evento stressante. In tutti i casi l’impatto, sul partner e in famiglia, è fortissimo. Non è solo una questione di umore: il depresso non si alza dal letto, non vuole uscire di casa, mangia troppo o mangia poco, è triste, come svuotato perché nulla gli dà piacere o sembra avere un senso. Tutto questo gli impedisce di condividere come prima la routine famigliare e il tempo libero, di fare progetti e crea un distacco dalle relazioni sociali.
Mentre chi è depresso si è come fermato, chi gli vive accanto continua o almeno vorrebbe comportarsi come ha sempre fatto. Oscilla tra il sostenerlo e il sentirsi in colpa, sperimentando impotenza, inadeguatezza e frustrazione, anche perché non riuscendo più a far fronte alle necessità della vita, tutto il peso ricade sul partner o i familiari. Per quanto il depresso manifesti sofferenza, non sempre ne è consapevole e chiede aiuto. Spesso chi gli è vicino pensa: com’è possibile che si senta così, visto che ha un lavoro, affetti e ha raggiunto dei traguardi? Non è continuando a porsi e a rivolgergli questa domanda che si affronta e, tanto meno, si risolve la situazione. La cosa più importante è riuscire a riconoscere l’eventuale gravità del suo stato, non minimizzando, ma cercando di sintonizzarsi ed ascoltare. La via d’uscita è convincerlo a curarsi, tenendo conto che alla psicoterapia, nei casi più gravi, è indispensabile affiancare i farmaci.