Fino a qualche anno fa i pediatri consigliavano di allattare il bambino seguendo uno schema fisso di orari, prevedendo in genere sei poppate nell’arco della giornata, con una pausa notturna più lunga. Ancora oggi in qualche nido ospedaliero le mamme vengono invitate ad allattare a orario.
Ma questo sistema, nella stragrande maggioranza dei casi, non viene più adottato perché non rispetta il naturale meccanismo di domanda e di offerta: la produzione di latte si adegua in base alle esigenze del bambino. Inoltre il piccolo ha bisogno di trovare un suo ritmo veglia-sonno: svegliarlo perché è l’ora di mangiare non lo aiuta a regolarsi; oltretutto, se è assonnato, farà fatica ad attaccarsi al seno.
L’esperienza insomma ha dimostrato che la cosa migliore è allattare a richiesta, cioè quando il piccolo lo desidera, facendolo succhiare quanto vuole, finché non si staccherà da sé. Questo però non significa completa anarchia; per esempio non si può allattare un bambino ogni ora, ma devono trascorrere almeno due ore e mezza dall’ultima poppata prima di attaccarlo di nuovo al seno. Se piange, può essere per altri motivi: caldo, mal di pancia, stanchezza…
Il numero di pasti così può variare molto fra un minimo di quattro e un massimo di otto; di più è troppo e la mamma rischia di stancarsi. In ogni caso, e per qualsiasi dubbio, meglio chiedere consiglio al pediatra. L’allattamento a richiesta vale anche se il piccolo viene nutrito con il biberon. Il neonato infatti mantiene comunque la sua capacità di autoregolarsi. La frequenza delle poppate deve comunque tener conto del tempo che ci vuole per la digestione, che in genere è di tre ore.
Per quanto riguarda le dosi, il pediatra darà delle indicazioni generali, basate sull’età e il fabbisogno calorico del piccolo; ma potrebbe trattarsi di quantità eccessive oppure al contrario, non sufficienti, da “tarare” in base all’appetito del bambino.