Cade uno dei limiti principali in tema di adozione: per poter fare domanda, infatti, non occorrerà più che ci siano almeno 18 anni di differenza tra l’età degli aspiranti genitori e il figlio che si vorrebbe far entrare nella propria famiglia. A stabilirlo è una sentenza della Corte costituzionale (n.5/2024), che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 291 del codice civile. La norma prevedeva il limite inderogabile dei 18 anni come requisito minimo di differenza fra età del soggetto adottato e degli adottanti. «È una sentenza storica», commenta l’avvocato Gianni Baldini, specializzato in diritti civili.
Il caso e la sentenza della Corte costituzionale
La Consulta, dunque, è intervenuta su un caso al vaglio del Tribunale di Firenze. Protagonista è una donna oggi 78enne, che aveva chiesto l’adozione del figlio di suo marito. L’uomo, infatti, era rimasto vedovo con un figlio che all’epoca della scomparsa della prima moglie aveva appena 5 anni. Come si legge nella sentenza, la donna lo aveva «accudito e cresciuto come un figlio, senza differenza alcuna rispetto alla figlia biologica», nata dalle nozze con il padre del bambino. A impedire l’adozione, però, era la differenza d’età tra lei e il figlio del marito: 17 anni e 3 mesi, dunque meno dei 18 anni previsti dalla legge.
Perché la Consulta ha detto sì all’adozione
I giudici della Corte costituzionale, di fronte all’assenso del diretto interessato, del padre e anche della figlia biologica della coppia, ha deciso di far cadere il limite dei 18 anni di differenza, data la «mutata configurazione sociologica» dell’istituto dell’adozione. In pratica, la società è cambiata e occorre adeguarsi ai mutamenti. «In effetti di casi analoghi o nei quali il limite dell’età tra genitori adottanti e figli adottandi è presente ce ne sono sempre di più, così come continua ad aumentare l’età media dei genitori biologici. Per questo la Consulta ha pensato di poter far cadere questo vincolo».
La sentenza apre la strada a più tipi di adozione
«Con il pronunciamento della Consulta cade un ulteriore limite alla possibilità di adozione del maggiorenne rendendo questo percorso, già di per sé così difficile e tortuoso, un pochino più semplice: viene meno, infatti, un limite di età del tutto irragionevole», osserva Baldini. Ma non solo: la portata della storica sentenza non si limita alla sola differenza d’età in età adulta, come nel caso toscano. «Introducendo un elemento di flessibilità, si apre la strada a un percorso meno rigido che può essere applicato in via interpretativa anche ad altri ambiti: per esempio, riguardo l’età anagrafica di chi vorrebbe adottare e oggi non può farlo perché ha più di 40 anni», spiega l’avvocato.
Cade il limite dei 40 anni per l’adozione?
Nel caso preso in esame dalla Corte costituzionale, infatti, si è intervenuti sulla differenza d’età tra l’adottante e l’adottato, ma finora c’era anche il requisito, per i genitori che aspiravano ad adottare, di non avere più di 40 anni. «Se la corte motiva la sentenza scrivendo che ci deve essere flessibilità e che occorre valutare caso per caso, allora questo principio dovrebbe valere anche per l’età anagrafica di chi fa richiesta di adozione», sottolinea il legale.
Rimane lo stop per single e coppie omogenitoriali
Ciò che invece rimane come ostacolo ad oggi invalicabile è l’impossibilità di adottare per le persone single e per le coppie omogenitoriali. «La legge parla chiaro, ma questo comporta una serie di problemi. Penso, ad esempio, alle famiglie monogenitoriali o omogenitoriali, quindi anche Lgbt, che procedono con l’adozione all’estero. Può accadere in Spagna, Francia o Canada. Una volta tornate in Italia queste famiglie non hanno il riconoscimento da parte della legge italiana, come accade per i figli nati da maternità surrogata. Questo costituisce un elemento di grandissima discriminazione che riguarda i minori, che non hanno colpe – spiega Baldini – . Nel caso della fecondazione assistita solo chi ha fornito il materiale biologico viene riconosciuto come genitore, mentre per l’adozione nessuno dei due».
L’escamotage dell’adozione “in casi particolari”
Per questo motivi sia in un caso che nell’altro spesso si procede con «un escamotage come l’adozione in casi particolari (art. 47 c.c. ultimo comma). È definita anche ‘adozione mite’ perché non dà gli stessi diritti. Di fatto se ne fa richiesta quando si ritiene che si sia instaurato un legame affettivo significativo tra adottato e adottante. Per esempio, non si istaura un vero rapporto di parentela – legalmente riconosciuto – con i nonni. Inoltre ci vuole sempre il consenso del genitore riconosciuto come tale perché si proceda con il riconoscimento anche di quello non biologico», conclude Baldini.