Nell’ultimo anno i passeggeri negli aeroporti nel mondo hanno raggiunto il record di quattro miliardi e mezzo. E nel 2025 saranno più del doppio. Inaugurare un’attività negli hub o nelle stazioni ferroviarie è una buona idea. Anche perché la pubblicità non serve: i clienti in questi luoghi di passaggio sono garantiti. «Le società che li gestiscono prendono royalties sul fatturato dei negozi. E fanno aprire quelli dal business sicuro» dice Emanuele Sacerdote, curatore di un nuovo libro sul tema, Travel retailing (Franco Angeli). Ma accaparrarsi uno spazio non è facile.

Aeroporti e stazioni pubblicano i bandi (anche on line) per affidare i locali. «Oppure si può proporre la propria idea e mettersi in lista per quando ci sarà uno spazio libero» suggerisce Andrea Belardini, direttore commerciale della società Aeroporti di Roma. «Se la proposta piace, viene chiesto un progetto sulla base dello spazio, della città, del flusso e del tipo di viaggiatori».

Il progetto consiste in un business plan. Per scriverlo ci si rivolge al commercialista, a un consulente (chiede da 300 euro) o si prova con la guida su www.business-plan.it. Si indicherà il fatturato previsto e una royalty proposta alla società (il minimo richiesto va dall’otto per cento per l’elettronica al 30 per la moda).

Mettiamo si preveda un incasso di 500.000 euro l’anno vendendo telefonini (una delle attività più proficue insieme a moda e duty free). Se è così, si paga all’ente la royalty promessa. Se il fatturato è minore si dà la minima garantita, se è maggiore si paga di più. In cambio non vi sono spese d’affitto per i locali.

L’altra possibilità è il franchising. «Ma bisogna fare bene i conti perché, oltre alle royalties, si paga una quota alla casa madre» dice Sacerdote.

Per allestire lo spazio servono da 1.000 a 5.000 euro al metro quadro. Le utenze si pagano in base alla grandezza. Da 5.000 euro l’anno, per esempio, per 50 metri quadri.

I guadagni? «Visto che aeroporti e stazioni fanno un’analisi preventiva sul fatturato dei negozi, si può essere abbastanza certi che il lordo corrisponda a quanto indicato nel business plan, con un margine del 10 per cento» chiude Belardini. Poi, bisogna togliere i costi per esempio per merce e contabilità: per i telefonini, 300.000 euro l’anno.