I bambini nati in Europa anche da coppie arcobaleno e anche tramite gestazione per altri dovranno essere riconosciuti come figli dei propri genitori, in qualunque Stato membro. A stabilirlo è il Certificato di filiazione, a cui sta lavorando l’Europa e che ha ottenuto il “sì” del Parlamento europeo. Si tratta di una battaglia portata avanti dalle associazioni per i diritti civili e in particolare dalle coppie arcobaleno, che le vede contrapposte alle recenti decisioni del Governo italiano.

L’Europa dice sì al Certificato di filiazione

Il Parlamento europeo, dunque, ha votato la proposta di Regolamento sulla circolazione dello stato di filiazione, con 366 voti a favore, 23 astenuti e 145 contrari. Per l’Associazione Luca Coscioni, che aveva sostenuto la proposta, si tratta di un passo importante: «La proposta che è stata votata con ampio consenso mira a colmare lacune esistenti e a garantire che nessun bambino sia discriminato a causa della famiglia di appartenenza e dal modo in cui è nato. Così non potrà mai perdere i suoi genitori, perché potrà godere dei suoi diritti in ogni Stato membro», spiega Filomena Gallo, Segretaria dell’Associazione.

Cos’è il Certificato europeo di filiazione

«Questo regolamento di fatto non dirà nulla su chi sono i genitori o su come sono stati concepiti e nati i bambini. Semplicemente stabilirà che i certificati di nascita emanati delle leggi del luogo dove sono nati devono essere trascritti come sono anche in qualsiasi altro Paese europeo. Significa che non accadrà mai più che il figlio di una coppia “perderà” i propri genitori cambiando Stato all’interno dell’Ue – chiarisce Gallo – Sono salvaguardati, quindi, sia i diritti dei genitori che quelli del figlio». Il Regolamento, inoltre, non andrà a ledere la sovranità dei singoli Paesi membri: «Non impone ai paesi di cambiare le proprie leggi. Nello specifico, in Italia rimane e rimarrà il divieto di ricorso alla maternità surrogata, come previsto dalla legge 40», chiarisce Gallo.

Il riconoscimento varrà anche per i bambini nati fuori dall’Ue

La novità, però, non si limita ai bambini concepiti o nati all’interno dell’Unione europea, ma anche per quelli di provenienza extra Ue. Se una coppia si recherà all’estero e, per esempio, potrà avere un figlio o una figlia grazie alla gestazione per altri negli Stati Uniti o in Canada, il minore sarà presente sul certificato di nascita che dovrà essere riconosciuto come tale anche nei Paesi europei. «Il regolamento europeo non parla solo di certificati solo all’interno dell’Ue, quindi la norma sarà applicata a tutti i documenti, a prescindere dalla provenienza. È norma di diritto internazionale – conferma Gallo – riconoscere anche i certificati provenienti da altri Stati non dell’Unione».

Il governo italiano è contrario

In Italia lo scorso marzo, il Senato aveva bocciato il testo e in particolare «l’obbligo di riconoscimento (e di conseguente trascrizione) di una decisione giudiziaria o di un atto pubblico, emessi da un altro Stato membro». Trattandosi di un regolamento comunitario non necessita di leggi attuative da parte dei singoli Stati, che si devono limitare a recepirlo. Le indicazioni, quindi, entrano in vigore non appena approvate. «L’Italia oggi è il terz’ultimo paese a non avere una legge sulla filiazione per le coppie dello stesso sesso», ricordava a Donna Moderna l’avvocato Lorenzo Puglisi, dello studio Family Legal specializzato in Diritto di Famiglia. In passato alcuni Sindaci hanno istituito specifici registri per la trascrizione delle nascite di figli di coppie omosessuali. Ma a marzo scorso era arrivato lo stop a queste iniziative autonome da parte delle Amministrazioni locali. «Questi registri, che non occorreranno più, non avrebbero neppure essere istituiti, perché di fatto creano una discriminazione», sottolinea Gallo.

Si colma una lacuna

Con il voto di Strasburgo, «si colma quello che era un vuoto normativo di fatto, come aveva sottolineato anche la Corte Costituzionale a gennaio del 2021», spiega la Segretaria dell’Associazione Coscioni. Quasi tre anni fa, infatti, era stato sollecitato il Parlamento a riconoscere la «genitorialità sociale», per risolvere «al più presto il denunciato vuoto di tutela, a fronte di incomprimibili diritti dei minori», sottolineava la Consulta, aggiungendo: «Si auspica una disciplina della materia che, in maniera organica, individui le modalità più congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da procreazione medicalmente assistita praticata da coppie dello stesso sesso, nei confronti anche della madre intenzionale».

Cosa cambia con il certificato europeo di filiazione

A sostenere l’iniziativa del Parlamento europeo era stata anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che già a settembre 2020 ricordava come «se sei genitore in un Paese, sei genitore in ogni Paese». Con l’entrata in vigore del Regolamento, dunque, non ci sarà più differenza tra i bambini nati da coppie dello stesso sesso tramite fecondazione assistita (nel caso di due donne), o maternità surrogata (nel caso di due padri). Se un italiano andrà all’estero e diventerà genitore con la gestazione per altri, non violerà la legge italiana, ma tornando qui con quel certificato, la sua genitorialità non sarà messa in dubbio e il bambino avrà i suoi genitori, nessuno glieli potrà togliere Ma quando diventeranno effettive le nuove norme?

Quando sarà in vigore il Certificato?

Dopo il voto al Parlamento europeo, l’iter prevede ancora un passaggio prima della sua entrata in vigore. Il provvedimento deve infatti passare dal Consiglio europeo, dove però potrebbe trovare l’opposizione di alcuni Stati membri, come l’Ungheria e la stessa Italia. A non essere favorevole in passato era stata anche la Polonia, anche se ora, con il nuovo governo europeista guidato da Donald Tusk, la posizione di Varsavia potrebbe cambiare. Resta il nodo della necessità di un voto unanime, che rappresenta uno scoglio. «L’Europa è nata costruendo norme che riguardavano l’economia, ora dobbiamo lavorare ad altri aspetti della vita e dei diritti di cittadini che si muovono di più all’interno dell’Ue e anche al di fuori», conclude Filomena Gallo.