Parla a tuo figlio ma lascia parlare anche lui (e ascoltalo con attenzione)
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Prima di parlare, ascolta. E cerca di capire anche i gesti, le espressioni di tuo figlio per entrare in contatto con lui. Un bambino ascoltato ha più fiducia in sé e non teme di esprimere le emozioni: gli servirà crescendo.
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Indispensabili solo fino ai 2-3 anni («Non toccare il fuoco!»). Poi servono regole ben spiegate (continua a leggere).
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Sono fondamentali, servono a capire cosa sta succedendo. Per esempio, aiuta a spiegare un capriccio che, spesso, nasconde una paura. Sei stata fuori tutto il giorno? Il bambino può reclamare la tua attenzione con modalità per te faticose. Fermati e chiedigli cosa non va.
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Sceglile bene e adegua tono e linguaggio all’età di tuo figlio. Evita il sarcasmo (è umiliante) o i giudizi.
Una strategia utile è quella di parlare in prima persona. Invece di dire: «Smettila di fare rumore, mi dai fastidio!», prova: «Oggi sono stanca, questo rumore mi dà fastidio. Potresti abbassare la voce?». Il primo messaggio viene preso come un giudizio negativo, il secondo come una tua semplice richiesta.
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Creano distanza, spezzano la comunicazione e, in generale, non sono efficaci. Prima di tutto perché non hanno mai un nesso causa-effetto («Non hai studiato: non esci!»). E, soprattutto, perché non insegnano a riflettere sulle proprie azioni.
Prova con «Uscirai dopo che hai studiato»: è una frase che dà la possibilità di scegliere.
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Sembrano limitazioni eppure sono spazi di libertà. Aiutano i figli a capire fino a dove possono arrivare e, quindi, a diventare responsabili. Ma devono essere chiare ed esplicite; condivise; adeguate all’età; e, via via che il bambino cresce, negoziabili.
Insomma, le regole aiutano a crescere. Invece del divieto “Non ti alzi da tavola finché tutti hanno terminato la cena” meglio dare una regola: “A tavola si mangia tutti insieme”.