I BES, bisogni educativi speciali, sono oggi più che mai oggetto di attenzione non solo da parte dei cosiddetti “esperti del settore” (in questo caso, educativo) ma anche delle stesse famiglie che desiderano saperne di più. Una delle prime osservazioni in merito, è che l’importanza dei BES risieda proprio nell’accettazione di quella che è la diversità, l’unicità di ciascun bambino e ragazzo.
Ognuno, infatti, apprende in modo differente ed è errato etichettarne le facoltà intellettive intere assimilandone tutta la capacità di apprendimento al “bisogno speciale” o, per esempio, al disturbo specifico di apprendimento (DSA) che è, per sua stessa definizione, specifico.
Cosa sono i BES
Innanzitutto, è importante fare chiarezza attorno al concetto di BES. A tal proposito, si cita la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012: “ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta“.
Il concetto chiave, dunque, è risposta personalizzata. Infatti, questi “bisogni speciali” sono riferiti non solo ad alcune difficoltà specifiche nell’apprendere ma anche a condizioni di temporanea impossibilità ad apprendere nei modi e nei tempi stabiliti o prefissati dall’adulto. Si mette, dunque, al centro della legge e della riflessione educativa, proprio il bambino o il ragazzo come persona unica, l’essere umano nella sua specificità.
Ma non solo, lo studente viene compreso anche attraverso le sue interazioni con il contesto in cui vive e le relative, possibili, problematiche di ordine familiare e, più ampiamente, sociale.
Bisogni speciali
Secondo l’AGIAS (Associazione genitori, insegnanti e amici della dislessia), il fulcro è proprio nel concetto di diversità nell’apprendere, che sia essa temporanea oppure continuativa. Sempre da fonti AGIAS, apprendiamo che sono i bisogni educativi “normali” come le competenze, l’autostima, l’autonomia, il senso di appartenenza alla società a diventare, per alcuni bambini e ragazzi, BES ovvero bisogni educativi speciali e, quindi, più complessi. Per tutelarli, la scuola è chiamata a offrire una risposta adeguata a tutti gli studenti in difficoltà, fornendo loro la possibilità di un apprendimento personalizzato a seconda delle differenti problematiche (come sancisce già la legge 53/2003).
Categorie di BES
È il MIUR a definire quali siano i criteri che permettano di rientrare nella categoria di BES. Gli studenti da tutelare dal punto di vista dei bisogni educativi speciali, sono: gli alunni disabili (con presentazione della certificazione legge 104/92), alunni con disturbi evolutivi specifici (DSA; deficit di linguaggio, deficit delle abilità non verbali, deficit della coordinazione motoria, ADHD) e, infine, alunni con svantaggio di tipo sociale, culturale e linguistico.
Secondo diversi, recenti studi, gli alunni con bisogni educativi speciali sono in costante aumento in tutte e tre le categorie, o meglio sono in crescita diagnosi e certificazione proprio perché è aumentata, negli anni, l’attenzione sul problema: si sono, diciamo, “accesi i riflettori” su qualcosa che già esisteva ma che non era adeguatamente tutelato né indagato.
Se lo studente è disabile o ha un DSA, sono necessari certificazione apposita e diagnosi. Negli altri casi, sono gli stessi insegnanti a poter richiedere il riconoscimento di BES per l’alunno, seguendo un criterio condiviso e sancito dall’OMS: ci si basa, infatti, sul concetto di funzionamento educativo-apprenditivo riassunto nel modello ICF (International Classification of Functioning).
Gli studenti con bisogni educativi speciali, per legge, hanno diritto a usufruire di un PDP (piano didattico personalizzato) che deve essere messo a punto dal collegio docenti, interagendo anche con le famiglie e con i bisogni specifici dello stesso studente.