Sempre più genitori soffrono di burnout, ma il lavoro non c’entra. Madri e padri conoscono da tempo la condizione di “esaurimento” e stress che vivono quotidianamente, ma adesso anche gli esperti ammettono che il fenomeno sta crescendo. Negli Stati Uniti a confermarlo è un’analisi del Pew Research Center, citata dal New York Times. Anche tu provi frustrazione nella gestione dei figli, dei loro impegni e, soprattutto, vivi con angoscia i loro successi o fallimenti?
Cos’è il “parent burnout”
Essere genitori oggi è più difficile e stressante. Ne è convinto il dottor Vivek H. Murthy, già a capo del Corpo degli ufficiali del servizio sanitario pubblico americano, che dalle colonne del quotidiano newyorkese lancia un allarme per il crescente disagio che stanno vivendo madri e padri. Ma il fenomeno non è del tutto nuovo: già alla fine degli anni ’90 la sociologa Sharon Hays aveva parlato della “genitorialità intensiva“, mentre le colleghe Melissa Milkie e Kei Nomaguchi avevano descritto il comportamento di chi «coltiva faticosamente e metodicamente i talenti dei figli», tramite attività quotidiane di studio e preparazione al futuro.
Burnout genitoriale: tra vecchie e nuove preoccupazioni
Come osservano gli esperti, alle preoccupazioni più recenti riguardo ai figli (l’uso dello smartphone, la diffusione di sostanze come il Fentanyl, ecc.) si aggiungono quelle già note, ma vissute oggi in chiave nuova, come il pensiero del futuro dei figli e soprattutto le aspettative che si nutrono nei loro confronti, che si tratti dell’istruzione o del lavoro del domani, ma persino anche dello sport e delle attività extrascolastiche in genere. Il risultato è che oggi i genitori investono molto di più, sia economicamente che a livello di energie, per garantire ai “pargoli” un domani migliore.
Cosa è cambiato rispetto al passato
«Uno degli aspetti che più colpiscono è la preoccupazione crescente dei genitori che i figli abbiano possibilità di realizzazione e successo, fin dai primi anni di scuola. I genitori sentono il bisogno di garantire ai propri figli le migliori opportunità, investendo sia nella loro istruzione che in attività extracurriculari come musica, sport, lingue straniere, soggiorni di studio all’estero», osserva Adelia Lucattini, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association, esperta di bambini e adolescenti».
Genitori troppo coinvolti
Tra le conseguenze «di tanto impegno ci sono un eccessivo coinvolgimento, spesso ansioso, la preoccupazione di non fare mai abbastanza, la bassa tolleranza di quello che percepiscono come “cadute” nel rendimento e molta fatica personale». Questa tendenza, secondo l’esperta, è legata alla crescente cultura delle alte performance e dell’eccellenza, che promuove l’dea illusoria che il successo dipenda esclusivamente dall’impegno individuale, con un’idealizzazione eccessiva delle mete che porta a spostare continuamente l’asticella. Il risultato è che si sovraccaricano genitori e figli di un peso emotivo e psicologico considerevole. Negli ultimi anni emerge una tensione e un’apprensività crescente dei genitori che riguarda solo sia futuro economico e lavorativo dei figli che la loro sfera sentimentale e amicale» spiega Lucattini.
Cosa genera il burnout genitoriale
A pesare è sicuramente l’incertezza economica che caratterizza l’attuale società. Ma a influire è anche un certo senso di inadeguatezza che spinge madri e padri a cercare di essere i migliori genitori possibili, aumentando le energie messe in campo: spesso si pensa che la strategia migliore sia trascorrere ore a giocare coi figli sul pavimento di casa o a leggere loro libri. Il che non è sbagliato purché – avvertono gli esperti – non si ecceda.
L’intensive parenting a livelli record
Gli esperti sono convinti che lo stile genitoriale definito come “intensive parenting” sia diventato ormai troppo intensivo, appunto, per essere sopportato dai genitori, schiacciati tra il desiderio di offrire il massimo ai figli e la paura di essere giudicati non all’altezza del loro ruolo. Come spiega il dottor Murthy commentando la fotografia del Pew Center, «si cerca di soddisfare aspettative irraggiungibili fornite da modelli irreali mostrati da internet e dai social. Il risultato è che molte famiglie si sentono esauste, esaurite e costantemente indietro» rispetto all’ideale che si sono prefissate.
L’idea della genitorialità perfetta
«Le pressioni culturali e sociali spingono verso l’idea di una genitorialità “perfetta”, che contribuisce a innalzare l’ansia. I sintomi sono stanchezza, esaurimento emotivo e fisico accompagnato da sentimenti di inadeguatezza. La “genitorialità intensiva” è proprio quella spinta interiore e sociale che sollecita madri e padri a essere sempre presenti, sempre coinvolti, sempre pronti a fornire supporto e stimoli ai figli. Questo modello che vediamo ostentato ed esaltato dai social può portare i genitori ad avere abbastanza spazio per se stessi e la relazione di coppia, fino a sacrificare il proprio benessere personale nello sforzo di esser perfetti», osserva la psicanalista.
Genitori che si sentono soli
In questa sorta di “battaglia” portata avanti da madri e padri, molti si sentono abbandonati in questo loro compito genitoriale. Le analisi mostrano come pesi l’idea che, dal momento che hanno voluto dei figli, è loro compito crescerli ed educarli. I sondaggi, invece, mostrano come ci sia bisogno di una rete – familiare e sociale – più ampia, sulla quale poter fare affidamento. Un problema sentito soprattutto dalle donne, in costante equilibrio tra la vita familiare e quella lavorativa.
Burnout genitoriale: conseguenze anche per i figli
«C’è poi una conseguenza anche per i figli, perché «se i genitori controllano continuamente, guidano con forza e proteggono sempre i figli da ogni possibile difficoltà, si può ostacolare l’autonomia e la capacità di affrontare da soli le difficoltà che incontrano, dalle più piccole alle più impegnative – osserva Lucattini. – I principali effetti possono essere l’ansia da prestazione, la bassa tolleranza alla frustrazione e la paura del fallimento che non permettendo di fare esperienza, possono limitare la loro capacità di apprendere dai propri errori. Chi non fa non sbaglia, ma neanche impara e non matura psicologicamente ed emotivamente».
Genitori troppo presenti e figli sempre più insicuri
Come spiega Lucattini «Un’altra possibile conseguenza è la bassa autostima e l’insicurezza nel prendere decisioni, anche semplici. A causa dei ritmi serrati imposti dai genitori e dalle pressioni psicologiche, favoriscono il presentarsi di sindromi ansioso-depressive. Tra i segnali psicosomatici ci possono essere mal di testa, disturbi gastrointestinali e insonnia». Da qui alcuni consigli dell’esperta, come «valorizzare sempre il percorso e non focalizzarsi solo sul risultato. S’apprende dall’esperienza e dai propri errori. Non sovraccaricare i figli con aspettative. Ogni bambino e ogni adolescente ha i propri ritmi, di crescita e maturazione».
Più spazio agli errori e alla crescita
«Osservare e valorizzare le inclinazioni dei figli è fondamentale, sostenendo il percorso, perché poi il risultato verrà. Le pressioni, al contrario, provocano nevrosi e infelicità, per essere persone di successo accanto all’impegno e allo spirito di sacrificio, serve un buon equilibrio interiore e il piacere in ciò che si sta facendo – consiglia Lucattini – Trovare un equilibrio tra supporto e autonomia non è facile, ma importante: essere presenti per i propri figli non significa sostituirsi a loro nelle scelte o proteggerli da ogni difficoltà. È importante che i figli arrivino all’autonomia con i loro tempi e si assumano responsabilità adatte alla loro età».
Come uscire dal burnout genitoriale
Infine, è utile «gestire la propria ansia cercando di non trasmetterla ai figli poiché questi la assorbono molto facilmente. Se un genitore è costantemente ansioso per il futuro del figlio, anche lui lo sarà. Chiedere aiuto specialistico quando serve. Essere genitori è un compito difficile e nessuno è perfetto. Non bisogna avere timore di chiedere aiuto e di rivolgersi a un professionista quando ci si sente sopraffatti. Nessuno può fare tutto da solo, a volte bastano solo delle semplici e chiare indicazioni», conclude Lucattini.