Quando il test di gravidanza è positivo, le emozioni si accavallano. Gioia, paura, agitazione e…molta curiosità . Quale sarà il sesso del nascituro? A chi assomiglierà? Sarò pronta? Tra le mille domande-tipo della futura mamma, non manca “Quando nascerà? “. Per calcolare la data (presunta) del parto , si utilizza un metodo ormai decisamente “rodato”, attendibile seppur con i fisiologici margini di incertezza (che aumentano se, ad esempio, il ciclo mestruale è sempre stato irregolare). Una volta stabilita la data del parto, si estendono le probabilità di nascita tra le due settimane precedenti questa data e le due successive.
Cosa fare quando il test è positivo
La prima cosa da fare quando il test di gravidanza è positivo, è sottoporsi a una visita ginecologica (presso un ambulatorio ostetrico-ginecologico, dal proprio medico ginecologo, in consultorio…). Una volta confermata la gravidanza, sarà lo stesso medico a informare la paziente sulla data presunta del parto (utilizzando sempre il calendario ostetrico).
A questo punto, si pianificheranno tutti gli screening necessari . L’esame delle urine, i primi esami del sangue (che, tra le numerosi voci, comprenderanno anche la ricerca degli anticorpi della toxoplasmosi , del citomegalovirus e della rosolia -Rubeo Test, il test di Coombs indiretto, il gruppo sanguigno -Rh), le ecografie “di base” (a cui, eventualmente, se ne sommeranno altre in caso di effettiva necessità) e le analisi genetiche prenatali a seconda dell’età della paziente e del grado di rischio relativo a un’eventuale anomalia cromosomica.
Durante questa prima visita verrà anche illustrato alla futura mamma lo stile di vita corretto in gravidanza (alimentazione e attività fisica , farmaci permessi e non, integratori consigliati), sarà completata l’anamnesi familiare della paziente e il medico annoterà anche il peso della futura mamma all’inizio della gravidanza (che sarà, poi, monitorato a ogni visita).
Quando una gravidanza è considerata a termine
La futura mamma , soprattutto se primipara, è spesso preoccupata riguardo alla possibilità di un parto pre-termine e dei rischi correlati a una nascita prematura . Considerando la data presunta , un parto è considerato a termine quando avviene nel periodo compreso tra le due settimane precedenti tale data e le due successive .
Solitamente, circa otto-dieci giorni dopo il termine (le 40 settimane), in assenza di travaglio spontaneo, si procede con l‘induzione del parto (seguendo differenti modalità). Per comprendere quanto sia comunque approssimativo il calcolo della data del parto , basti considerare che sono pochissimi i bambini nati oltre il termine a mostrare segni di post-maturità. E ciò fa pensare alla frequenza degli errori nel calcolo iniziale.
Il conteggio delle contrazioni
Quando si avvicina la data presunta del parto , non bisogna farsi cogliere impreparate. Ciò solitamente non accade, anzi. La futura mamma ha già pronta la valigia per l’ospedale mesi prima della fatidica data e, sfruttando la “sindrome del nido”, ha già rivoluzionato l’arredamento di casa per accogliere il neonato, sotto lo sguardo incredulo di partner e parenti vari.
Ma quando si deve effettivamente andare in ospedale per partorire ? Come si fa a capire qual è il momento giusto? Premesso che sono numerose le primipare che si recano all’ospedale alla prima “strana” contrazione (i famosi “falsi allarmi” ), di solito la regola (spiegata chiaramente durante i corsi pre-parto ) è che, salvo diverse indicazioni del medico, si vada in ospedale se si rompono le acque e/o se le contrazioni sono ravvicinate (ogni 5 minuti), continue e della durata di almeno 30 secondi l’una.
Un marito-compagno solerte potrà aiutare a tenere il conteggio delle contrazioni, quest’attività oltretutto lo terrà mentalmente impegnato evitando momenti di eccessiva ansia o panico maschile che potrebbero infastidire la futura mamma…