Non ci sono solo i genitori elicottero, le madri tigre (o medusa) e i padri “militari” o cyber. A quanto pare spopolano anche i cosiddetti FAFO («f*** around, find out»): insomma, all’incirca «me ne frego, trovati la soluzione». Sono quelli che seguono poco i figli, non danno regole pretendendo che le seguano, quanto piuttosto lasciano che si arrangino. Per scelta, non per mancanza di tempo. Se ne discute su TikTok, ma anche su Reddit, dove pare la Gen Z ritenga di essere vittima di questo approccio, mentre l’Huffington Post ha rilanciato il dibattitto, coinvolgendo un’esperta.

Chi sono i FAFO?

La prima volta che è stato usato ufficialmente l’acronimo FAFO è stato nel 2022, in un tweet di Kayne West sulla piattaforma X, a corredo dell’immagine di una svastica all’interno della Stella di David. Ma secondo il Washington Post il termine potrebbe essere nato dallo slang afroamericano, a indicare chi lascia che le cose accadano, senza intervenire, attendendo di vedere il seguito. Un po’ come farebbero molti genitori della Gen Z, che oggi si lamentano di essere lasciati troppo a se stessi.

La Gen X e i genitori FAFO

Il termine, quindi, indicherebbe un “metodo genitoriale” di cui si discute da tempo proprio su una delle piattaforme appannaggio della Gen Z, ossia TikTok. Qui si trovano video accompagnati anche da hashtag come #over50club, a indicare che le madri e i padri FAFO sono proprio gli ultracinquantenni. Ma anche su Reddit esistono pagine di discussioni su quali effetti questo tipo di approccio possa portare sui figli. A scriverne sono proprio i ragazzi, che spesso si lamentano di essere «cresciuti da soli», di aver avuto «genitori assenti», almeno nel ruolo di guide, ma presenti solo (a volte) in termini di compagni di gioco.

Approccio FAFO: i possibili benefici

Ora a riaprire il confronto ci ha pensato un articolo sull’Huffington Post, ripostato anche su Facebook, dove la terapista Lianne Terr definisce il FAFO come «un ottimo approccio», aggiungendo però: «È importante ricordare che ogni bambino è diverso ed è importante con ciascuno di loro mettere in atto un approccio personalizzato». Secondo l’esperta, i benefici sarebbero una maggiore indipendenza e responsabilizzazione dei figli nei confronti delle loro stesse azioni, una capacità di problem solving e più resilienza.

Niente discussioni con i figli

Un esempio di atteggiamento FAFO è quello di un genitore, diventato popolare su TikTok. Si tratta di una madre che racconta la sua esperienza in occasione di un campeggio del figlio con altri bambini. Di fronte a una pioggia torrenziale, la donna avrebbe soffocato l’istinto di obbligare il figlio a indossare una giacca, lasciando che decidesse da solo e si assumesse la responsabilità della decisione, «Altrimenti ci sarebbe stato uno scontro diretto», ha spiegato la madre, lasciando intuire che di discutere col figlio non aveva proprio intenzione.

Genitori meno capaci di comunicare

«Oggi c’è una crescente difficoltà di comunicazione tra genitori e figli. A volte si ricorre a schemi del passato, che però oggi adesso non sono più adatti perché viviamo in una società diversa, nella quale tra l’altro dominano i social. Per esempio, se un bambino di 6 anni tornava da calcio un tempo o lo si andava a guardare o gli si chiedeva com’era andato l’allenamento. Perché oggi non lo si guarda se passa due ore con un videogioco? Lasciare loro uno spazio di autonomia non significa disinteressarsi», osserva Nan Coosemans, family e youth coach, fondatrice di Younite, che si occupa proprio di relazioni all’interno delle famiglie con adolescenti.

Regole o autonomia?

Come spiega la stessa Terry, prima di diventare genitori FAFO occorrerebbe «accertarsi che i propri bambini siano pronti a imparare dalle conseguenze delle loro azioni, quando si mette in atto questo metodo». Insomma, il rischio è che i figli, specie da piccoli, non si sentano supportati dai genitori o in grado di affrontare difficoltà percepite come troppo grandi, dunque che sviluppino ansia, frustrazione e persino un’insicurezza difficile da superare anche col passare degli anni. «Questo metodo può avere ripercussioni sull’attaccamento tra genitori e figli» aggiunge l’esperta.

Il fattore età

«Sicuramente è importante capire di età stiamo parlando. L’autonomia è un processo continuo e, ad ogni traguardo raggiunto dal bambino, si dovrebbe lasciargli più spazio: se è capace di allacciarsi le scarpe, è inutile e controproducente che un genitore continui a farlo, magari perché il figlio non è veloce o preciso. L’effetto potrebbe essere una mancanza di autostima (non ci si sente sufficiente bravi) o una demotivazione che in effetti oggi è maggiore tra i ragazzi, complici genitori che fanno tutto al posto loro», spiega Coosemans, autrice di Quello che i ragazzi non dicono (Sperling & Kupfer).

Le tre zone semaforo: verde, giallo e rosso

Come spiega Coosemans, esistono tre zone nel rapporto tra genitori e figli: «In quella verde, il figlio va lasciato libero di imparare autonomamente, anche commettendo errori, purché di poco conto: rialzandosi diventerà più indipendente». In quella gialla madri e padri possono non essere d’accordo sulle scelte dei figli, come nel caso della giacca da indossare o meno se piove, oppure nell’orario in cui dovrebbero svolgere i compiti: comporta spesso una discussione, ma il genitore dovrebbe valutare se la scelta del figlio può davvero nuocergli o no. Quella rossa, invece, è quella in cui il genitore deve continuare a intervenire, anche con divieti e nonostante questo comporti il disappunto dei figli».

I confini servono ancora

«Per esemplificare, se un 12enne vuole bere alcolici, è chiaro che il genitore non deve abdicare al suo ruolo, ma anzi deve imporre delle regole e farle rispettare. Capita, invece, che qualcuno compri persino gli alcolici per la festa del figlio 14enne – spiega Coosemans – Responsabilizzare i figli non significa venire meno al proprio ruolo educativo di genitori, perché alcuni confini servono ancora oggi, specie nella gestione dei social. Anche a 16 anni un ragazzo non ha ancora sviluppato una capacità piena di regolarsi, nonostante si senta autonomo».

Il giusto mezzo

Quello che occorre, dunque, è un giusto mezzo, non sempre facile da individuare. «Non esiste una regola uguale per tutte le famiglie: molto dipende dall’età dei figli, ma anche dal singolo contesto – sottolinea la family coach – Lasciare spazio ai figli è fondamentale per la loro crescita, anche emotiva, ma questo non significa permettere loro di agire in modo completamente autonomo: può essere più “comodo” per un genitore, ma non è un bene in assoluto per il figlio».