Sorpresa! In tempi di crisi, calano i consumi delle bottiglie di vino economiche. E, secondo i dati Vinitaly, sale del 19,2 per cento la vendita delle etichette prestigiose. Evidentemente gli italiani non rinunciano a bere. Ma quando stappano una bottiglia vogliono che sia di qualità.

«Aprire un’enoteca è un’attività che funziona, ma solo se regala un’esperienza “sensoriale” a chi vi entra» spiega Edi Sommariva, direttore generale della Federazione italiana pubblici esercizi. «Uno spaccio di bottiglie non reggerà mai la concorrenza dei supermercati».

Per aprire un’enoteca servono 20.000 euro, 50 metri quadri e 40 per la cantina. Da 700 euro al mese per l’affitto e da 5.000 l’anno per le spese. L’assortimento iniziale deve essere di almeno dieci etichette per regione, più alcune straniere. Per un totale di 40.000 euro.

All’inaugurazione bisogna aver denunciato l’inizio attività al Comune e possedere le autorizzazioni della Asl. Per la gestione basta la partita Iva.

Perché l’affare funzioni bisogna incassare 150.000 euro l’anno. Tolte le spese correnti, le tasse, la contabilità e le manutenzioni, restano in tasca almeno 50.000 euro netti. Per arrivare a questa cifra occorre però avere qualche idea in più, per esempio diventare sommelier (lo è solo il 6 per cento dei gestori attuali). «I consumatori vogliono sapere tutto sul vino che comprano: come abbinarlo e conservarlo» dice Sommariva. «Se il venditore è un professionista è più richiesto». Il corso base, nelle sedi dell’Associazione italiana sommelier (www.sommelier.it), costa 600 euro.

Chi vuole distinguersi può trasformare l’enoteca in un wine bar. Basta allestire dieci posti degustazione e, se si offrono stuzzichini confezionati, non serve la cucina. Ma, visto che i clienti sostano nel locale, occorre chiedere altre autorizzazioni a Comune e Asl.

La migliore pubblicità? Organizzare incontri, presentare libri e ospitare mostre sul vino. Bastano 1.000 euro per progettare e stampare inviti divertenti e attirare così i cultori di Bacco.