Nel mondo 93 milioni di minori , tra bambini e adolescenti, hanno una qualche forma di disabilità (Unicef).
Ma qual è il momento giusto per affrontare l’argomento con i nostri figli? «Quando capita di intercettare la curiosità mista a disagio dei bambini di fronte alla disabilità di un compagno, di un passante, di un famigliare. Anche se i piccoli sono più aperti e flessibili di noi grandi, hanno bisogno di capire ed essere guidati » risponde Mauro Grimoldi, psicologo e direttore scientifico della Casa dei diritti di Milano.
«Il primo passo, quindi, è che mamma e papà non abbiano timore di rispondere alle loro domande. Ma facendo attenzione a non dire cose che possano ostacolare questa naturale apertura . Per esempio, è importante spiegare che la malattia fa parte della vita , che alcuni bambini hanno la sfortuna di non poter camminare, non vedere o non sentire ma che questo non impedisce l’amicizia, il gioco, lo studio».
No a discorsi troppo zuccherosi, però. «È un errore tentare di addolcire la verità dietro a frasi fatte : non poter camminare, specie per un bambino, è una menomazione pesantissima. E gli altri lo devono comprendere anche per imparare una profonda verità: nella vita occorre confrontarsi con limiti e frustrazioni . E i veri duri sono quelli che non hanno paura di farlo» continua l’esperto.
«Una delle emergenze educative di oggi riguarda proprio il timore che noi genitori abbiamo di “far soffrire i figli”, di non vederli perennemente felici. Quindi tendiamo a fissare poche regole, evitiamo gli eccessi normativi, diamo un mare di spiegazioni che, alla lunga, suonano un po’ come delle giustificazioni. Con il risultato che i bambini di oggi, spesso, sono più fragili . E rischiano di andare in crisi alla prima difficoltà».
Meglio, allora, abituarli presto a fare i conti con differenze, sfortune e capacità di superarle.
Per dare una mano ai genitori che vogliono educare i figli ad avere una mente aperta e accogliente, è arrivato Da grande sarò me stessa-me stesso (edizioni jesurumlab). «Lavorando a stretto contatto con gli assessorati alle politiche sociali di alcune grandi città ho capito che serviva qualcosa che aiutasse gli adulti a parlare di “diversità” a 360 gradi» spiega Michela Jesurum, fondatrice dell’agenzia di comunicazione Energie sociali Jeusurum lab.
«Con la consulenza di alcuni psicologi abbiamo pensato a una serie di libri-gioco che possano essere letti dai bambini, da soli ma anche insieme a mamma e papà, per favorire uno scambio di domande e riflessioni . Il primo volume parla di disabilità, poi toccheremo altri temi come la religione, i bambini che arrivano da altri Paesi e l’orientamento sessuale».