Diventare genitore è un’avventura … e una sfida. Insieme alla responsabilità verso un figlio, ciò che appare è l’importanza di un lavoro su di sé, come donna e figlia. Perché educare alla libertà significa avere prima di tutto il coraggio di sperimentare sulla propria pelle.
NESSUNA EMOZIONE È SBAGLIATA
Come scrive l’autrice, “pentimento ” trova le sue radici nel termine scandinavo gråta, “piangere”. Questa parola evoca la tristezza : un’emozione che forse ogni madre può dire di conoscere. Tuttavia, può essere molto difficile relazionarsi alle emozioni negative, perché di fronte ai sentimenti dolorosi ci sentiamo profondamente in colpa. Orna Donath chiarisce: «Viviamo in una società che esalta i sentimenti considerati positivi , mentre veniamo incoraggiati a vincere quelli giudicati negativi. Una ragione alla base di questa tendenza è la norma neoliberale al “miglioramento di sé”, insieme all’imperativo culturale a non guardarsi indietro». Lasciamo indietro ciò che non possiamo cambiare: ce ne sbarazziamo come un peso . «Il pentimento è considerato un atteggiamento inutile, un’emozione in grado di spaventare la società e condurla a un’alterazione, minacciandone l’equilibrio».
ASCOLTI I TUOI VERI BISOGNI?
Le emozioni fanno paura , gettano scompigliano, fanno emergere le piccole crepe che interrompono l’omogeneità di una vita dall’apparenza perfetta. Spiega l’autrice: «Rispetto a questa incapacità di esprimere certi tipi di sensazioni si aggiunge un aspetto legato al genere. Come donne sorridere, esprimere soddisfazione e gioia anche quando non siamo contente rassicura la società che tutto va bene. Pensiamo a tutte le volte in cui alle donne per strada viene chiesto “Perché non sorridi?” o viene detto “Sorridi”. Provare rabbia, tristezza o pentimento interrompe i piani che la società ha per noi, piani il cui scopo è soddisfare i bisogni di tutti tranne che di noi stesse».
LA POSSIBILITÀ DI SCEGLIERE
Nel corso del suo lavoro di ricerca, Regretting Motherhood, Orna Donath ha raccolto le testimonianze di donne che si sono dichiarate pentite della maternità : una confessione difficile, che nulla ha a che fare con il sentimento di amore verso i figli, bensì, piuttosto, una questione in relazione a se stesse, in quanto donne prima che madri. «Credo sia importante evidenziare che sono ancora molte le donne, provenienti da diversi gruppi sociali, che non hanno la libertà di studiare, lavorare e fare scelte autonome. Non si tratta solo di una questione di scelte – scelte individuali – ma anche di una società che impedisce la parità e del bisogno di interrompere l’oppressione che crea sofferenza. Ho sperato di avere la chiave per liberare le donne da questa prigione. Non ce l’ho. L’unica cosa che possiedo è la tenacia – un’abilità rara – a non fermarmi e continuare a parlare di questo, cercando di tracciare piani d’azione più complessi. Con questo intendo un piano in grado di consentire alle donne di diventare madre nel caso in cui realmente lo vogliano e di non esserlo, se è così. Il mio obiettivo non è celebrare la non-maternità; penso che ci siano molte donne che considerano la maternità l’esperienza più significativa che sia mai capitata loro. Tuttavia, forse, se queste alternative fossero disponibili, la prospettiva della società cambierebbe e sempre più donne avrebbero l’opportunità di scegliere per se stesse».