Durante la gravidanza, soprattutto se la donna è primipara, uno dei pensieri più assillanti e frequenti riguarda il momento del parto. Nonostante non manchino nella storia di ogni gestante gli aneddoti di amiche e parenti (anche molto ansiogeni) riguardanti il travaglio e la nascita, questa fase resta un terreno in parte ignoto, una sorta di salto nel buio per chi non ha mai partorito.
Un grande aiuto può arrivare dai corsi pre-parto, in cui le ostetriche spiegano passo per passo ciò che succederà: dalle prime contrazioni “vere” sino al momento giusto in cui recarsi in ospedale, passando per tutto ciò che accadrà in sala parto nel momento espulsivo e anche dopo. Perché il parto non termina con la nascita del bambino, ma comprende anche altre fasi successive molto importanti e da conoscere per viverle al meglio.
Fase prodromica (o pre-travaglio)
Si tratta della prima fase del parto e ha una durata molto variabile, da donna a donna e da gravidanza a gravidanza. La fase prodromica può durare da qualche ora a più giorni, ed è fondamentale saperla riconoscere per evitare corse in ospedale.
Di solito durante questa fase si avvertono contrazioni preparatorie simili ai dolori mestruali, che possono allertare le donne alla prima gravidanza. Inoltre, è frequente che si assista alla perdita del tappo mucoso, che si presenta come una perdita gelatinosa spesso associata a tracce di sangue. Ma non per tutte le donne, la fase prodromica è così facilmente distinguibile, in alcuni casi infatti può essere anche “asintomatica”.
Travaglio (o fase di dilatazione)
In questa fase, l’utero inizia a dilatarsi per prepararsi al momento espulsivo (nascita). Il travaglio ha il suo esordio quando le contrazioni iniziano a essere dolorose, frequenti e ritmiche, ovvero quando si presentano a intervalli costanti e sempre più brevi.
Solitamente, le contrazioni che annunciano il travaglio hanno una durata di circa un minuto e si presentano ogni cinque minuti. È in questa fase che è necessario recarsi in ospedale, senza però farsi cogliere da eccessiva ansia ma, anzi, mettendo in pratica le strategie apprese durante il corso pre-parto.
In questo momento è infatti importante concentrarsi sulla respirazione per rilassare il più possibile i muscoli, così come cercare la posizione più agevole per gestire le contrazioni (per alcune donne è quella seduta, mentre altre trovano sollievo in piedi facendosi massaggiare la schiena). Fondamentale è anche il ruolo attivo del partner, sia dal punto di vista emotivo sia dal lato pratico.
Fase espulsiva
Ed eccoci al momento vero e proprio della nascita, quello in cui si avverte l‘urgente necessità di spingere. Prima del momento espulsivo, però, vi è una fase di latenza in cui sopraggiunge una sorta di calma inaspettata, un break temporaneo della durata di circa 30 minuti. Trascorsa questa fase, la donna inizia ad avvertire i cosiddetti premiti, ovvero il bisogno incontrollabile di spingere (percepito nella zona del retto).
Anche in questa fase, nonostante spesso la donna sia invitata a sdraiarsi, è bene che venga cercata la posizione più agevole per le spinte (che, per molte, non è certo quella supina). Durante la fase espulsiva, il bambino si fa strada con piccole rotazioni e, dopo la contrazione che fa intravedere la testa del piccolo, un’ultima spinta permette la sua completa fuoriuscita.
Il secondamento
Il parto non termina, però, con la nascita del bambino. Esistono, infatti, fasi successive al momento espulsivo altrettanto importanti per il benessere e la salute di mamma e bambino.
Innanzitutto, dopo la nascita viene reciso il cordone ombelicale (clampaggio) ma le tempistiche differiscono a seconda della struttura sanitaria: in alcuni ospedali, il cordone viene reciso immediatamente mentre in altri si attende un po’ più di tempo e si lascia il piccolo sul petto della mamma mentre è ancora attaccato al cordone ombelicale.
A questo punto, si attende la fuoriuscita della placenta (secondamento) che di solito avviene entro una ventina di minuti. Dopo la fuoriuscita della placenta, è spesso necessaria la fase di sutura di eventuali lacerazioni (non sempre presenti e molto variabili nella loro entità) lasciate dall‘episiotomia o avvenute spontaneamente in fase espulsiva.
Dopo la nascita del bambino, in assenza di esigenze diverse o eventuali complicazioni (anche lievi), di norma il piccolo viene appoggiato sul petto della mamma a cui si consiglia di attaccarlo subito al seno. La prima suzione del neonato e le seguenti fasi fisiologiche, daranno origine a nuove e necessarie contrazioni di “assestamento” dell’utero.