Mia madre mi convocò una domenica mattina. «Ti devo parlare» disse con il tono delle grandi occasioni. Ci sedemmo sul divano. Forse mi rannicchiai con le ginocchia al petto, in assetto difensivo. O magari mi protesi verso di lei, spavalda. Avevo 17 anni e, di lì a qualche settimana, sarei partita per una vacanza in Interrail. Era la prima volta che andavo all’avventura. «Siamo in otto: quattro maschi e quattro femmine. Andremo in treno nei civili Paesi del Nord Europa. Cosa ci può succedere?». Avevo ottenuto, dopo una estenuante trattativa, il permesso dai miei genitori. Ma restava una questione ancora aperta: uno dei quattro maschi era il mio ragazzo, il primo vero ragazzo della vita. A causa sua ce ne stavamo lì, madre e figlia, una accanto all’altra, nell’aria sospesa dei discorsi seri. «Se fossi in te aspetterei due o tre anni». Non lo nominò mai, ma era sottinteso che parlasse del sesso. «Due o tre anni?» ripetei. Articolò il consiglio tirando in ballo motivi che non ricordo ma evidentemente non furono abbastanza convincenti poiché, esattamente un mese dopo, a Kemijärvi, la città più settentrionale della Finlandia, persi felicemente la mia verginità, in barba a ogni auspicio materno.
Negli anni ’80 i figli non parlavano di sesso con i genitori
Il sesso, negli anni ’80, era una questione trasgressiva e carbonara, sconvolta dal neonato spettro dell’Aids che agitava le nostre coscienze acerbe. Si praticava di nascosto, in luoghi impervi, raramente nelle case che non erano mai libere. Ma soprattutto, in famiglia, non se ne parlava mai, nemmeno sotto tortura. Dopo quell’improbabile dialogo con mia madre, l’argomento fu sepolto sotto una spessa coltre di omertà che non è mai più stata sollevata.
La generazione Z e il sesso senza tabù
Oggi però, mi trovo io sul lato sbagliato del divano. Sono io quella che deve raccomandare, vigilare ed eventualmente vietare. Il tempo del silenzio è finito e alcuni tabù sono stati spazzati via. «Mamma, può fermarsi a dormire M.? A proposito, mi dai i soldi per i preservativi?» chiede il grande. «Posso invitare L. in vacanza con noi?» chiede il medio. Il piccolo, quindicenne, è chiuso in camera da due ore con la coetanea S. e mi domando se devo fare irruzione per tutelare la loro virtù o devo lasciarli liberi di sperimentare la loro intimità sotto il mio tetto.
Sul sesso non vogliamo fare gli errori dei nostri genitori
Per timore di replicare gli errori dei miei genitori, mi ritrovo su un terreno accidentato in cui inciampo di continuo. «Cosa dice la mamma di M.? E il papà di L. è contento se portiamo la sua bambina in Puglia? Potresti tenere la porta aperta quando sei con S.?». Mi interrogo, delego le decisioni ai genitori delle femmine, accolgo, respingo. Se vieto sono ipocrita. Se dico sì, privo i miei figli del gusto della trasgressione, che aguzza l’ingegno e fa crescere sani e forti. E all’improvviso mio marito mi si avvicina. «Ehi, abbiamo la casa libera!». È un evento rarissimo e dobbiamo approfittarne. Ai nostri errori penseremo dopo.