Con l’eccezione di qualche illuminato e dei sessantottini addirittura esagerati in senso opposto, è difficile per un genitore realizzare che i figli hanno una sessualità – inconsciamente non si può non sapere, sono persone e in quanto tali inevitabilmente ce l’hanno, ma toccarlo con mano è tutta un’altra cosa. Scoprire che il proprio figlio è gay è veramente traumatico.
Senso di colpa, vergogna, rabbia, orrore per motivi religiosi, senso di protezione, preoccupazione per il suo benessere, sogni infranti, solitudine – e ne abbiamo detti solo alcuni – la notizia che la propria creatura non rientra nei canoni convenzionali della famiglia scatena sentimenti così forti che è comune che i genitori pensino di non potercela fare.
Per molti, moltissimi genitori prima ancora che un problema di accettazione, avere un figlio gay è una questione di comprensione – è qualcosa di così lontano, strano, mai immaginato che proprio non ci si riesce a raccapezzare.
E’ colpa mia – no, non si può rendere una persona gay. Lo fa per farmi dispetto: no, essere gay non è un rifiuto dei genitori, dei loro valori o del loro stile di vita. Lo hanno convinto – no, uno non sceglie di essere gay e non può essere condotto ad esserlo. Magari si cura – l’omosessualità non è una malattia e parlare di curarla è folle come chi pensava che essere mancino fosse un segno del diavolo. Ma non sembra gay – ci sono tanti tipi di gay quanti tipi di eterosessuali, ognuno con la sua personalità e il suo modo di essere, per cui “sembrare gay” non vuol dire niente. E’ solo confuso, è un periodo – tutto è possibile e ognuno ha il suo carattere e desiderio di esperienze, ma quanto è plausibile che un figlio passi attraverso l’ordeal di ammettersi e poi svelare di esser gay quando in realtà non lo è?
Riconosciuto che non è un capriccio, non è una malattia e nessuno ha colpe, cosa si fa? A caldissimo rispondiamo: si ama come prima di saperlo.
Superato il primo shock si deve poi riconoscere e apprezzare lo sforzo di grande apertura e onestà che il figlio ha fatto di condividere un segreto che probabilmente ha temuto avrebbe potuto portare al suo rifiuto da parte della famiglia. E infine, si inizia a lavorare su sé stessi per adattare i propri canoni mentali alla nuova situazione perché se anche è vero che essere gay non è come essere eterosessuale è ugualmente vero che non è né meglio né peggio.
Uno dei primissimi aspetti da rivedere è la propria idea di felicità, tradizionalmente associata al matrimonio e ai figli, e capire che può risiedere anche in nuclei diversi da quelli a cui si pensa normalmente e come quelli hanno bisogno di amore, fortuna, dialogo, pazienza, comprensione, impegno per averla, degli stessi medesimi ingredienti avrà bisogno la coppia gay di cui il proprio figlio fa già o farà parte.
Il matrimonio e i nipoti sono un discorso a parte. Il matrimonio per ovvi motivi, quelli sui nipoti sono meno ovvi: dopo anni passati ad accettare il fatto che il proprio figlio è gay e che i nipotini non ci saranno, può seguire la sfida di scoprire che il proprio figlio gay vuole e avrà figli – secondo alcuni dati in Italia ci sono 100mila bambini di coppie gay, donne che hanno figli con l’inseminazione artificiale e uomini che vanno all’estero per averli con l’utero in affitto. Lo shock è grande anche in questi casi ma si contano sulle dita i nonni che non si sciolgono alla vista del pargoletto.
Le preoccupazioni per il suo benessere hanno fondamenta perché, pur essendo lambita dai miglioramenti, che si vedono particolarmente nel mondo anglosassone – essere gay in Italia oggi è indubbiamente più facile di quanto non fosse 20 anni fa, per non parlare di 30 o 40 – comunque questo paese è ancora arretrato in tutto quello che è il riconoscimento dei diritti dei gay e nella tolleranza, le discriminazioni sono diffuse, le aggressioni anche, etc.
E quindi arriviamo all’importanza dei genitori e della famiglia: deve essere il rifugio, il posto in cui essere al sicuro ed essere serenamente sé stessi, certi di essere amati incondizionatamente e dove poter ricaricare la forza di cui si ha bisogno per vivere al meglio in un mondo non propriamente amico. Piccolo particolare, è qualcosa di cui abbiamo bisogno tutti, non è un bisogno speciale di un figlio gay.
Concludendo, accettare la scoperta che il proprio figlio è gay è un processo lungo e complesso che costringe ad aprire la mente e rivedere molti dei propri canoni culturali, strada facendo però si ri-scoprirà anche che il figlio gay con l’eccezione del sesso della dolce metà ha la stessa diversità e moltitudine di interessi, passioni, gioie e dolori di qualsiasi figlio e come tutti i figli quello di cui ha bisogno è essere e sentirsi amato e non essere trattato in modo “speciale” perché è gay.