Ragazzini che filmano la compagna di scuola sotto la gonna e poi mettono il video sul web, convinti che a lei faccia piacere. Capita sempre più spesso di leggere sui giornali notizie come queste, dove i protagonisti sono degli adolescenti che nascondono le loro fragilità dietro atti di bullismo.
«Oggi sembra che un maschio possa essere vincente solo se è forte o prepotente» spiega Alberto Pellai, psicoterapeuta e autore del libro Baciare, fare, dire. Cose che ai maschi nessuno dice (Feltrinelli). «D’altra parte, nei talk show televisivi ottiene la parola chi urla di più e prevarica l’altro. Il bullo, all’interno di un gruppo, segue in un certo modo lo stesso modello: si arroga da solo il potere, senza rispettare la natura dell’altro».
Le emozioni (anche) dei maschi
Il punto è che il maschio, fin da piccolo, viene abituato ad affrontare i problemi con le azioni e non con le parole. «Se è arrabbiato, combatte, se è triste tende a nascondersi» spiega Pellai. Difficilmente mostra le sue fragilità. «Quante volte si dice a un bambino di “non piangere come una femmina”? Al contrario, bisognerebbe ricordargli che le lacrime non sono scritte nel cromosoma femminile ma nel cervello ed è normale piangere quando si prova dolore.
Succede anche agli eroi: lo fa Ulisse, quando ha nostalgia di Itaca. O ad Achille, disperato per la morte dell’amico Patroclo. Lo fa anche Superman, quando non è impegnato a salvare il mondo» conclude lo psicoterapeuta. Insomma, permettersi di piangere, di essere teneri o dolci è una grande conquista. Ma come si fa a farlo capire a un figlio, circondato da adulti che si confrontano ancora sulla forza (e sui muscoli)?
«Spiegandogli che solo chi riesce a provare queste emozioni è davvero forte, perché non ha paura di mostrare quello che prova in quel momento. E a chi si comporta così sarà più facile trovare, in un momento di difficoltà, qualcuno che gli si avvicini e lo abbracci. Per confortarlo e per non farlo sentire solo».
Liberiamoci degli stereotipi maschili e femminili
«Purtroppo ancora oggi valgono gli stereotipi dell’uomo “che non deve chiedere mai” e della donna “che quando dice no vuole dire sì”» spiega Cristina Obber, autrice del libro Non lo faccio più. La violenza di genere raccontata da chi la subisce e da chi la infligge (Unicopli) diventato un blog (nonlofacciopiu.net) e un progetto con i ragazzi delle scuole superiori che affrontano così la violenza di genere. E in Toscana funziona da anni nelle classi Maschio per obbligo, a cui collaborano Manuela Trinci, terapeuta infantile, e il pediatra Paolo Sarti. Attraverso l’analisi di video, canzoni e giornali, gli studenti riflettono sui ruoli assegnati al genere maschile e femminile.
«Ai genitori non mi stanco mai di ricordare che l’immaginario si cura con l’immaginazione e può essere utile farlo fin da quando i figli sono piccoli» afferma Manuela Trinci. «Per questo suggerisco di fare un salto in libreria: oggi ci sono tante storie moderne che educano al superamento dei cliché di genere. Come la serie della casa editrice Settenove o la collana Giralangolo (Edt). Sarà bello, e utile, leggerle ai figli. E parlare di temi come la libertà di pensare e comportarsi senza vincoli legati a luoghi comuni che impoveriscono ognuno di noi».