Bambini e adolescenti sempre più ansiosi e agitati oppure, al contrario, isolati in nuove forme di ritiro sociale che possono anche arrivare all’Hikikomori. La salute mentale sta diventando un tema centrale: tra le canzoni, come quella di Fedez a Sanremo che ne ha parlato apertamente, e gli appelli degli esperti, si chiede più attenzione a forme di malessere psicologico che si attribuiscono alla nostra società, ai ritmi frenetici, alle performance che sono più o meno implicitamente richieste ai figli. Ma se fosse (anche) colpa dei genitori, troppo spaventati?

Cresce il disagio dei più giovani

Si stima che in Italia i disturbi neuropsichici nell’infanzia e adolescenza colpiscano quasi 2 milioni di bambini e ragazzi, «con manifestazioni molto eterogenee», come ricorda Andrea Spatuzzi, psicologo, psicoterapeuta e formatore, secondo cui alla base dell’insicurezza e della paura di molti bambini e ragazzi spesso non ci sono solo motivazioni “esterne” alla famiglia. A guerre, crisi economiche o sanitarie (come la pandemia Covid) o cambiamenti climatici, si aggiungono “genitori spaventati”, che è anche il titolo del libro con cui Spatuzzi indaga il fenomeno e cerca di dare risposte e consigli (Genitori spaventati. Come affrontare le paure del nostro tempo e dare serenità ai nostri figli, FrancoAngeli).

Genitori sempre più pieni di paure

Per parafrasare il noto detto che “le colpe dei padri ricadono sui figli”, anche il comportamento psicologico dei genitori, le loro ansie, possono avere conseguenze sui ragazzi. Ne è convinto Spatuzzi che cita alcuni esempi delle più comuni paure di madri e padri di oggi: «Per esempio la diffidenza nei confronti degli altri (antropofobia), della tecnologia, crisi climatica (la cosiddetta ecoansia), o la panfobia cioè paura di tutto e la più generale paura di soffrire», sia in prima persona, sia riguardo ai propri figli». Ma questi sentimenti finiscono col riversarsi proprio su di loro, rendendoli più fragili e insicuri.

I genitori non accettano la sofferenza

«Sicuramente viviamo da almeno 25 anni in un contesto storico allarmante e preoccupante, iniziato con gli attentati dell’11 settembre e proseguito con il Covid e le attuali guerre in Medio Oriente e Ucraina. Questo genera insicurezze in tutti, ma per un genitore sono amplificate perché riguardano anche e soprattutto il futuro dei figli: la crisi economica, per esempio, può far temere di perdere il proprio lavoro, ma soprattutto di non poter provvedere ai figli; oppure una malattia porta a chiedersi chi si occuperebbe di loro in caso di necessità», spiega lo psicoterapeuta .

Dalle paure ataviche dei genitori a quelle moderne

«La paura è un’emozione primaria e necessaria per il regno animale, poiché è un potente mezzo che aiuta la specie a sopravvivere e a riprodursi», premette Spatuzzi, che però ricorda come le paure primarie siano cambiate nel tempo e a queste se ne siano aggiunte di nuove: «La paura di soffrire, per esempio, intesa come lo sforzo a evitare che i figli provino qualunque forma di frustrazione. È un paradosso, se pensiamo che oggi esistono rimedi fisici e psicologici per evitarla, per esempio antidolorifici o altre terapie: eppure i genitori temono che i figli soffrano, per qualunque motivo, e questo li porta a dar loro meno regole possibili, a dir loro più “sì” che “no”».

Cresce la solitudine

Un altro paradosso è che, pur vivendo in una società iperconnessa, ci si sente più soli: «Prova ne sono le App “rent-a-friend” che permettono di affittare amici e amiche a pagamento: stanno avendo successo, poiché ci sono molte persone che non hanno amici, ma che hanno bisogno di compagnia, per andare a un concerto, per fare un viaggio, per uscire a cena, per andare a visitare un museo, per partecipare a una cerimonia o a una ricorrenza familiare e così via». È un problema che non risparmia alcuna fascia d’età.

L’isolamento dei genitori e dei figli

«In Giappone ci sono persone anziane che commettono piccoli reati per farsi arrestare e non restare soli», racconta Spatuzzi che ricorda come nel Regno Unito fin dal 2018 sia stato creato il Ministero della Solitudine. Negli Stati Uniti quasi 2 Millennial su 5 non hanno amici; in Gran Bretagna 3 adolescenti su 5 dicono di sentirsi soli e la percentuale sale al 50% se si considerano i bambini. Il passo che porta dalla solitudine alla paura, però, va ben oltre la sensazione di isolamento, come ricorda lo psicoterapeuta: «La solitudine, anche per brevi periodi, può essere un’esperienza traumatica, se non si è preparati a viverla, e può causare ansia, panico e disturbi post-traumatici». Cosa c’entra tutto questo con le paure dei genitori?

Le paure dei genitori: antropofobia

L’isolamento è sia causa di paure che effetto di queste. Ne è causa, perché porta a pensare di non poter contare su alcuna rete familiare allargata, come in passato, o sociale. Ma è anche una conseguenza, se si pensa all’antropofobia: «È l’idea negativa dell’essere umano in generale, che viene considerato soltanto come autore di ogni tipo di problema (guerre, crimini o disastri ambientali. Per un genitore può tradursi nella tendenza a comunicare al figlio di non fidarsi del prossimo, neppure degli amici. Ma è pericoloso perché può portare a sfiducia e anche ad autosvalutazione, in quanto essere umano», spiega Spatuzzi.

Dall’ecoansia alla solastalgia

Un altro fenomeno che sta crescendo è la solastalgia, un termine coniato per la prima volta dal filosofo australiano Glenn Albrecht che «indica lo sconforto per la perdita di un luogo caro» e quindi la paura di provare malessere nel vederne la devastazione. Ma in senso lato e dal punto di vista di un genitore ansioso può tradursi nella tendenza a vietare al figlio di uscire se, per esempio, c’è molto vento, per paura che gli possa cadere un albero in testa; oppure nel tenerlo in casa in giornate molto soleggiate o di pioggia abbondante, insomma nel vedere nei fenomeni atmosferici delle possibili minacce».

Le paure dei genitori sulla tecnologia

Come se non bastasse si aggiunge «la paura della tecnologia, cresciuta in modo esponenziale da circa un anno a questa parte, cioè da quando si parla così tanto di intelligenza artificiale – osserva l’esperto – La reazione di madri e padri particolarmente spaventati, quindi, è a vietarne l’uso, senza però rendersi conto che il figlio vivrà in un mondo sempre più tecnologico. Così facendo, i ragazzi pagheranno da adulti la mancata conoscenza di questo mondo, oppure proveranno un’attrazione maggiore, per effetto boomerang, col rischio di esserne sedotti o abusarne».

Come riconoscere le paure genitoriali (e superarle)

Come superare, quindi, questi timori? «Naturalmente non c’è una formula magica, ma nel libro fornisco alcuni suggerimenti, da prendere come da uno scaffale, a seconda dei casi. Il primo passo è arrivare a individuare le proprie paure di genitore, pensando a cosa le ha scatenate, come nel caso di traumi subiti nel proprio vissuto che possono portare a una personalità ansiosa. Poi occorre razionalizzare per “imbrigliare” le paure rendendosi conto che anche il nostro comportamento può ridurre le paure: non tutto dipende dal destino, per esempio, o dalle azioni altrui. Non siamo solo vittime, ma anche artefici», consiglia Spatuzzi.

Ridurre le paure irrazionali

«Alcune paure possono essere utili, altre invece sono sproporzionate, irragionevoli e, una volta individuate, devono essere superate – dice lo psicoterapeuta – Pratiche come la meditazione possono aiutare in questo percorso, ma anche il solo prendersi cura di sé, della propria alimentazione, dedicarsi ad attività piacevoli, concedersi il giusto sonno e una vita sociale più appagante ci rende più forti nel controllo dell’ansia e delle paure». Anche perché, altrimenti, a risentirne saranno anche e soprattutto i figli.

Le conseguenze: figli insicuri e fragili

«Un genitore spaventato – spiega in conclusione l’esperto – implicitamente sta dicendo al figlio che da solo non ha le risorse per affrontare le situazioni. Di fatto trasmette involontariamente un messaggio di svalutazione. Il rischio è che questo sviluppi un’idea di sé debole, che può portarlo a provare a sua volta paure esagerate, oppure a una forte ansia (in crescita, come confermano le ricerche). Un’altra conseguenza è il senso di vergogna e quindi l’evitamento sia degli altri – compensato dall’idea di avere una vita sociale online – sia delle esperienze. Non è un caso che anche il sesso, di cui tanto si parla, è sempre meno vissuto dai giovani nella vita reale. In una parola, il ritiro sociale rappresenta uno dei pericoli maggiori».