Fino a qualche anno fa, la legge si occupava di regolare soprattutto il lavoro dipendente, quello di chi viene assunto senza una data di scadenza. Oggi, invece, le cose sono cambiate: le aziende, per essere competitive, cercano la flessibilità, cioè vogliono poter cambiare con la velocità con cui cambia il mercato. Per farlo, devono ridurre i costi, tra i quali la spesa per il personale è una delle più rilevanti. A incidere non sono tanto gli stipendi (che, anzi, sono tra i più bassi d’Europa), quanto gli oneri fiscali e previdenziali. Nonostante questo, per il datore di lavoro i contratti che vi spieghiamo qui sotto restano i più vantaggiosi, perché hanno meno oneri. Così, spesso, per chi cerca un impiego, diventano una strada obbligata. Ecco allora quali sono le cose importanti da sapere.
A progetto oppure Co.co.co.
Il contratto a progetto (Co.co.pro) e quello di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co) sono la stessa cosa. Cioè prevedono un rapporto di lavoro che dura nel tempo e in cui vi è uno stretto coordinamento tra il datore di lavoro e il collaboratore. Si chiamano, però, in due modi diversi a seconda del profilo del lavoratore. Chi è iscritto a un albo professionale o ha raggiunto la pensione di vecchiaia firma un contratto Co.co.co. Per tutti gli altri, invece, c’è quello a progetto.
Che cosa prevedono
Che la collaborazione duri più di 30 giorni e il compenso sia superiore a 5.000 euro lordi l’anno.
Attenzione a…
Per legge (DL 276 del 2003), ci deve essere un contratto scritto, che indichi: il tipo di progetto, la durata della collaborazione e le modalità in cui il datore di lavoro coordinerà l’attività.
Collaborazione occasionale
Si tratta di una prestazione svolta senza coordinamento né continuità. Infatti, dura meno di 30 giorni e ha una retribuzione inferiore ai 5.000 euro lordi l’anno.
Che cosa prevede
In questo caso, non è necessario un contratto scritto, e il datore di lavoro non deve versare i contributi Inps.
Attenzione a…
Se il lavoratore svolge più collaborazioni di questo tipo e, in un anno, il suo reddito complessivo supera i 5.000 euro, si devono versare i contributi Inps.
Collaborazione con partita Iva
È la formula di chi svolge in modo abituale un’attività di collaborazione da libero professionista.
Che cosa prevede
Il lavoratore è tenuto ad aprire la partita Iva, necessaria per emettere la fattura a ogni compenso percepito. Inoltre, deve versare i contributi Inps e gestire il regime delle spese e delle dichiarazioni fiscali.
Attenzione a…
Non è la soluzione adatta a chi ha solo uno o due committenti.
Associazione in partecipazione
Questo rapporto di lavoro prevede che ci siano un associante e un associato che collaborano insieme a un progetto e che dividano, salvo accordi differenti, guadagni e perdite.
Che cosa prevede
In pratica, l’associante è colui che gestisce l’organizzazione dell’attività. Mentre l’associato collabora alla realizzazione dell’incarico di lavoro
Attenzione a…
Se un tempo si ricorreva a questa formula soprattutto per risparmiare i contributi Inps, va ricordato che oggi questi vanno versati.
Procacciamento d’affari
In questa categoria rientrano tutti i collaboratori che, occasionalmente, si occupano di procurare dei contratti.
Che cosa prevede
Il lavoratore viene pagato a provvigione, un tanto per ogni contratto concluso.
Attenzione a…
Questo tipo di attività dev’essere saltuaria e non professionale, altrimenti si rientra nella categoria degli Agenti. In questo secondo caso, allora servono: la partita Iva, l’iscrizione nell’apposito albo e il rispetto degli accordi collettivi specifici per la propria categoria professionale.