Allergie
Le allergie sono una reazione esagerata da parte del sistema immunitario rispetto ad alcuni elementi scatenanti, chiamati allergeni. Possono essere di origine ambientale (acari della polvere, pollini) o alimentari.
Secondo le statistiche, le allergie interessano un sempre maggior numero di persone; sembra che ciò sia dovuto ai tassi di inquinamento molto elevati che mettono a dura prova le difese dell’organismo.
Incidono poi i cambiamenti climatici che hanno aumentato nell’aria il periodo di permanenza dei pollini. Non solo: il miglioramento degli standard igienici con la conseguente minor esposizione agli attacchi di virus e batteri, ha fatto sì che il nostro sistema difensivo sia diventato più aggredibile da parte degli agenti esterni.
Quando l’organismo predisposto a questo problema entra in contatto con gli allergeni, produce particolari sostanze come l’istamina che scatenano la manifestazione allergica.
Questa può colpire diversi organi, come la pelle, dando origine a eczemi e orticaria, oppure l’intestino provocando diarrea, o l’apparato respiratorio causando riniti o asma.
Solitamente le allergie compaiono durante la prima infanzia, raggiungono la massima intensità entro i primi cinque anni di vita per poi attenuarsi e scomparire negli anni successivi, verso l’adolescenza. Spesso però si ripresentano in età adulta, con i medesimi sintomi.
Non esiste una cura che possa eliminare la causa delle reazioni allergiche; occorre identificare attraverso prove di laboratorio (Prik test e Rast test) e test cutanei la sensibilità allergica del bambino e le sostanze che provocano la reazione per evitarne per quanto possibile il contatto.
Per gli allergeni alimentari, vanno eliminati quei determinati cibi; per quanto riguarda la polvere si devono mettere in atto una serie di accorgimenti, come evitare gli oggetti e gli arredi che ne sono ricettacolo, pulire spesso gli ambienti, utilizzare materassi e cuscini anti acaro.
Per le allergie dovute ai pollini, occorre evitare di uscire durante le ore in cui nell’aria ve n’è una maggior concentrazione, cioè al tardo pomeriggio, ed evitare i luoghi dove sono molto diffuse le piante responsabili della reazione.
È possibile, per certe forme allergiche, ricorrere a una cura profilattica; si tratta di un vaccino che serve a provocare anticorpi specifici contro quel determinato allergene. In questo modo la reazione dell’organismo è molto più blanda. Inoltre, nei casi più seri, quasi sempre il pediatra prescrive una terapia a base di farmaci antistaminci per alleviare i sintomi.
Varicella
Bollicine sparse su tutto il corpo, forte prurito e febbre, talvolta elevata. Sono i sintomi classici della varicella che colpisce ogni anno in Italia circa mezzo milione di persone, in 82 casi su cento bambini tra i tre e i dieci anni.
L’epidemia si diffonde tra gennaio e maggio attraverso le goccioline prodotte dalla respirazione e, una volta comparse le vescicole, tramite il liquido che contengono.
La varicella è causata da un virus della famiglia dell’ herpes zoster, ed è la più benigna delle malattie dell’infanzia: esiste infatti solo lo 0,3 per cento di probabilità che sopraggiungano complicazioni, soprattutto alle vie respiratorie.
Il periodo di incubazione della varicella va da un minimio di 11 giorni a un massimo di 21, si manifesta inizialmente con un senso di malessere, febbriciattola e solo dopo appaiono le vescicole piene di liquido.
L’eruzione è a “cascata”: compaiono cioè di solito prima sul viso, poi sul tronco e infine sugli arti. Le vescicole sono molto pruriginose ed è importante convincere il piccolo a non grattarsi perché le lesioni potrebbero infettarsi.
Occorre perciò tenergli le unghie molto corte e fargli eventualmente indossare un paio di guantini di cotone.
Contro il virus della varicella non ci sono cure specifiche: si usano antifebbrili quando la temperatura supera i 38 gradi e se il prurito è molto intenso, il pediatra prescrive degli antistaminici.
Nel giro di sei giorni, quando le vescicole si sono trasformate in croste, il piccolo non è più contagioso e può, dopo qualche giorno di convalescenza, riprendere a frequentare l’asilo. Non bisogna avere fretta però: la varicella può essere debilitante per il bambino e accelerare i tempi può esporlo maggiormente all’attacco di altri virus.
Scarlattina
A differenza delle altre malattie esantematiche, la scarlattina è provocata da un batterio, lo Streptococco Betaemolitico di gruppo A; i periodi di punta dell’infezione sono i mesi invernali e primaverili.
Si manifesta inizialmente con un forte mal di gola, febbre alta e malessere generale. Solo dopo qualche giorno la pelle si ricopre di puntini rossi che si estendono su viso, collo, ascelle e inguine. Le tonsille sono rosse e gonfie; anche la lingua diventa di colore scarlatto e le papille gustative si presentano in rilievo.
Il periodo di incubazione è di 3-5 giorni mentre la contagiosità si annulla dopo un paio di giorni di cura antibiotica. La scarlattina, infatti, proprio perché causata da un batterio, viene debellata con un antibiotico che fa regredire rapidamente i sintomi.
L’eruzione cutanea invece continua ancora per qualche giorno, fino a che, passata l’infezione, la pelle si desquama, soprattutto quella delle piante dei piedi e dei palmi delle mani. Infine è da ricordare che la scarlattina si può contrarre più di una volta, data l’esistenza di due o tre ceppi di batteri che possono provocarla.
La quinta malattia
È un’infezione causata da un virus identificato di recente, il Parvovirus 19, e viene anche chiamata “malattia del volto schiaffeggiato”; il viso del bambino infatti si presenta gonfio e arrossato con se avesse preso uno schiaffo.
L’eruzione cutanea si estende al tronco con larghe macchie rosa in rilevo, che possono dare l’impressione di essere orticaria e durano una decina di giorni; raramente campare febbre.
La quinta malattia è prevalente nelle stagioni calde e quanto più il viso del bambino viene esposto alla luce del sole e alle alte temperature, quanto più l’esantema si accentua.
Per questo è importante evitare i raggi diretti del sole anche qualche giorno dopo la guarigione: le zone interessate infatti rimangono sensibili e possono arrossarsi a ogni sbalzo di temperatura.
Per questa malattia non esiste una cura particolare; è da sapere comunque che non è più contagiosa dopo la compara dell’eruzione e si trasmette la settimana prima che le macchie compaiano attraverso le goccioline di saliva.
La sesta malattia
È di origine virale e colpisce i bambini questi sempre sotto i due anni di età. Si manifesta soprattutto in primavera e in autunno; dà febbre alta, anche oltre i 39 gradi, seguita a distanza di circa tre giorni, da un’eruzione cutanea di puntini rosa pallido, sul viso e sul torace, quando la temperatura è tornata normale.
L’esantema scompare nel giro di un giorno, segnalando la fine dell’infezione. L’unica precauzione da prendere è controllare la temperatura con un antipiretico, soprattutto se il bambino è molto piccolo, perché c’è il rischio di crisi convulsive; nonostante questo non è una malattia pericolosa perché non crea complicazioni.
Il periodo di incubazione è di una decina di giorni. Oggi si sa che questo virus (Herpes VI), dopo aver provocato l’infezione, rimane latente nell’organismo, e che praticamente tutti i bambini contraggono l’infezione entro i primi quattro anni di vita anche se non sempre in modo evidente.
Gambe storte: ginocchio valgo e ginocchio varo
Da quando il piccolo inizia a muovere i primi passi e fino ai due anni e mezzo circa, le sue gambe, che prima avevano una tendenza al varismo (a parentesi), iniziano a raddrizzarsi per poi assumere progressivamente la posizione opposta, cioè a X. Questo fenomeno si definisce valgismo fisiologico e serve al bambino per assicurarsi una maggior stabilità nei movimenti.
Il valgismo tende a ridursi fino ai 5-6 anni quando l’asse delle gambe diventa quasi definitivo; è durante l’adolescenza però che si raggiunge l’assetto ultimo degli arti.
Quando il valgismo è eccessivo (e sarà lo specialista a verificarlo), è meglio intervenire per tempo, quando il piccolo ha due, tre anni perché le possibilità di correzione a questa età sono molto elevate.
Discorso simile per le gambine a parentesi: in questo caso la fisiologica rotazione verso l’interno dell’asse della gamba non avviene o ha un notevole ritardo, il ginocchio resta varo e il piccolo assume una tipica camminata “da cavallerizzo”, a gambe larghe.
Come capire se la situazione è destinata a evolversi positivamente e in modo spontaneo? Ci sono alcuni piccoli campanelli d’allarme da considerare per valutare la necessità di prenotare una visita dallo specialista.
Uno di questi è l’ereditarietà. Un altro fattore di rischio può essere il peso del bambino. Se il piccolo ha un peso molto superiore alla media e ha cominciato a camminare presto, le gambe possono averne risentito. La conseguenza potrebbe essere un varismo eccessivo. L’ortopedico, misurando l’angolazione tra femore e tibia e le distanze tra le caviglie e le ginocchia, potrà fare la sua valutazione e suggerire, nel caso, l’intervento correttivo da adottare. Si tratta di far portare al bambino delle calzature apposite con delle solette su misura da inserire fra la suola e la tomaia. Per ottenere i risultati migliori, è importante far indossare le calzature per diverse ore al giorno, anche in casa, e di solito fino ai 5-6 anni, fino a quando cioè l’assetto delle gambine si sarà quasi del tutto stabilizzato.
Obesità
Secondo un’indagine condotta dall’Istat nel 2000, in Italia la percentuale di bambini e adolescenti in sovrappeso raggiunge circa il 20%, mentre è pari al 4% la quota degli obesi. E un recente studio pubblicato sul British Medical Journal ha fatto notare che l’aumento di peso si sta diffondendo sempre più prima dei quattro anni di età.
L’obesità è scritta nel nostro codice genetico: un bambino con i genitori obesi ha l’80% di probabilità di andare incontro al sovrappeso. Ma se fin dall’inizio si pongono delle basi corrette per la futura alimentazione, si può abbattere il rischio che si sviluppi questa patologia e le conseguenze che ne derivano.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a partire dal sesto mese di vita il bambino ha bisogno di integrare la dieta esclusivamente lattea con un’alimentazione solida. Già dai primi cucchiaini di assaggio si imposta quel rapporto che lega la madre al figlio attraverso il cibo. Un rapporto sul quale l’adulto non deve mai investire troppe aspettative, o usare come arma di ricatto o motivo di compensazione per il bambino.
Un’altra regola è fare attenzione a non esagerare con l’apporto proteico, che quando è eccessivo, è responsabile dell’aumento del numero di cellule destinate a diventare adipose.
Un valido suggerimento è quello di offrire più spesso il pesce, almeno due o tre volte la settimana. Questo alimento infatti contiene meno proteine rispetto alla carne.
Un’altra raccomandazione è quella di procedere gradualmente anche con le quantità e non imboccare mai forzatamente il bambino.
Infine è da ricordare che l’allattamento al seno, tra i vari vantaggi, offre anche quello di ridurre il rischio di obesità infantile del 30%. Il piccolo infatti può nutrirsi in base alle sue effettive necessità e non essere in nessun modo forzato. Così stabilisce fin da subito un corretto rapporto con il cibo.