«Regret». No allo smartphone. È questo il verbo che il New York Times usa per definire una tendenza che si sta affermando Oltreoceano e, in particolare, a New York. I giovani della Grande Mela, infatti, sembra che stiano iniziando a rifiutare i cellulari e i social, o quantomeno a ridurne drasticamente uso e consumo. A sottolinearlo è il giornale americano in un articolo nel quale spiega anche che il 45% dei genitori dei cosiddetti Gen Z «non vorrebbe o non consente di avere uno smartphone ai figli prima delle scuole superiori», ossia non sotto i 14 anni. Ma anche in Italia crescono le iniziative a favore di una maggiore disconnessione. Ecco perché.

No allo smartphone per gli under 14

In principio è nato il movimento Luddite club. Era la primavera del 2023 e a New York era appena nato un gruppo di ragazzi che aveva deciso di rinunciare agli smartphone e, di conseguenza, anche a social, App e piattaforme di ogni genere, preferendo vecchi cellulari che consentivano “solo” di telefonare e inviare normali sms. Insomma, i modelli vintage a conchiglia, dalle funzionalità ridotte. Adesso quella tendenza sembra consolidarsi, trovando il sostegno anche da parte dei Boomers e della Gen X, ossia quella dei genitori dei giovanissimi di oggi. Il motivo? Troppa dipendenza e il sospetto (per qualcuno, una certezza) che le abbuffate digitali e social siano dannose per la salute mentale e in qualche caso anche fisica.

Chi dice “no” allo smartphone

Sulla scia di quei ragazzi di circa 17 anni che già da mesi hanno iniziato ad andare controcorrente, ora anche un movimento sempre più ampio di adulti cerca di porre un freno all’invadenza e all’abuso nell’accesso agli smartphone e ai social network, soprattutto da parte dei giovanissimi. Per questo aumentano gli Stati americani (e non solo) che hanno introdotto divieti sempre più stringenti sui cellulari nelle scuole, come in Virginia, nello stesso Stato di New York, in California, Florida, ecc. Una tendenza analoga si registra anche in Francia, in alcuni Paesi del nord Europa come Finlandia e Svezia, e in Italia dove il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha vietato l’uso degli smartphone nelle scuole, anche per uso didattico.

Disconnettersi per riconnettersi

Sulla stessa scia è nata anche l’iniziativa Disconnect to reconnect, che ha portato a ridurre di 500 ore l’uso dei device tra i giovani in una settimana. A promuoverla è stata Educatius Academy, che offre programmi virtuali di scambio per studenti delle scuole superiori di tutto il mondo. Il progetto ha coinvolto oltre 4.000 giovani di età compresa tra i 16 e i 20 anni in 9 Paesi (Brasile, Cina, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Stati Uniti e Vietnam), esortando alla disconnessione per una settimana. I risultati indicano che i partecipanti hanno passato oltre 500 ore in meno sui social in soli 7 giorni. L’idea è nata a partire dal Global Youth Resilience Index di Educatius, che fotografa un uso massiccio di web e social da parte dei giovani.

Ridurre le abbuffate social dei giovani

L’indice mostra come il 42% degli intervistati trascorra 16 ore o più alla settimana sui social media. «Il 69% dei partecipanti ha riferito di usare regolarmente i social media a letto, un’abitudine che influisce sul benessere mentale. Un exchange student che trascorre 16 ore a settimana nel suo programma di studio all’estero perderebbe un mese della sua esperienza», spiegano gli esperti di Educatius. «Volevamo creare un modo efficace per consentire ai nostri studenti e partner di sperimentare i benefici della disconnessione, anche se breve», chiarisce Carla Kearns, vicepresidente del settore Comunicazione di Educatius.

Disconnettersi è possibile?

«Sappiamo che non possiamo aspettarci che gli adolescenti abbandonino i social media, ma possiamo incoraggiarli a essere consapevoli del loro impatto. Il nostro messaggio è semplice: non lasciate che i vostri dispositivi portino via spazio all’esperienza internazionale», aggiunge Kearns. L’esperimento, però, mostra come il 70% dei partecipanti ha intenzione di continuare a ridurre il tempo trascorso davanti allo schermo anche dopo la sfida. «I partecipanti hanno riferito meno stress, sonno migliore, maggiore concentrazione sugli studi e legami personali più forti», spiega ancora Kearns.

No allo smartphone per vivere meglio il presente

A conferma della nuova tendenza al digital detox ci sono diverse ricerche: «Uno studio dell’Università svedese di Lund ha mostrato che i tardo adolescenti (18-24 anni) e i giovani adulti (25-30 anni) si sforzano non solo di ridurre l’interazione, ma anche di sostituire ed eliminare completamente l’uso delle tecnologie digitali in alcune situazioni», sottolinea Adelia Lucattini, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association, esperta di bambini e adolescenti. Tra i motivi c’è la voglia di «mantenere l’autocontrollo, aumentare le prestazioni scolastiche, nello sport, etc., accrescere il proprio benessere, vivere appieno l’hic et nunc, il presente dunque, e mantenere buone relazioni nella vita reale», aggiunge Lucattini.

Come si riduce l’uso degli smartphone

Tra la volontà di contenere il ricorso agli smartphone e alla tecnologia digitale in genere e il riuscire a farlo, però, occorrono alcuni passaggi, che cambiano a seconda dell’età degli utenti. «Certamente per i più giovani, parliamo di bambini e di preadolescenti fino ai 12 anni, servono campagne d’informazione, ma soprattutto fornire alternative valide che implichino il progressivo allentamento dalla tecnologia che utilizzano fin da bambini, fin dai primi mesi di vita, purtroppo – osserva l’esperta – Per insegnare l’uso consapevole bisogna prima limitare in termini di orario, poi spiegarne in funzionamento e fornire delle alternative valide che siano altrettanto allettanti».

Le conseguenze dello smartphone sui bambini

Spesso, però, sono i genitori i primi a non dare un buon esempio. «Non si tratta soltanto di questo, che naturalmente è indispensabile, ma di educazione: molti giovani genitori non hanno la minima consapevolezza delle conseguenze negative dell’utilizzo degli smartphone sui figli da bambini e poi da adolescenti (dalla limitazione delle loro capacità di esplorazione della realtà allo sviluppo di una motricità fine e soprattutto della capacità di pensare, che richiede tempo e pause). Gli smartphone – sottolinea Lucattini – sono vorticosi, non permettono di soffermarsi». Questo, secondo l’esperta, può rendere difficile poi «interagire con gli altri, che richiede il saper parlare e ascoltare a tempo debito».

L’ansia creata dallo smartphone

«Quando gli adolescenti diventano dipendenti dai loro smartphones, sviluppano quella che è nota come “ansia da disintossicazione digitale” se restano separati dai loro telefoni per troppo tempo», spiega Lucattini. I sintomi possono essere anche fisici, «come sudorazione, tremori e palpitazioni cardiache e un bisogno compulsivo di rientrare in possesso del telefonino per calmarsi. Questo stesso tipo di ansia può verificarsi anche se non ricevono subito un messaggio abbastanza rapidamente o se si perdono un post o una notifica sui social».

L’allarme sugli effetti della dipendenza da smartphone

«Un secondo serio problema è la difficoltà a dormire che può diventare vera e propria insonnia. La luce dello schermo del cellulare interferisce con la produzione naturale di melatonina, soprattutto se lo smartphone è entro le due ore prima andare a dormire. Ciò può portare a una scarsa qualità del sonno, stanchezza di giorno e alla fine depressione da “esaurimento” psicofisico. Un altro fattore che va debellato è l’abitudine a tenere il telefonino accanto a sé mentre si dorme. Ciò rende più probabile essere svegliati dalle notifiche. Non solo: numerosi studi hanno anche dimostrato che aumenta i livelli di stress e diminuisce la sensazione di relax e piacere di coricarsi», spiega ancora la psicanalista.

Vietare smartphone e social serve?

Proprio nello stato di New York (ma anche altrove e persino in Italia) si stanno avanzando diverse ipotesi per vietare l’uso di smartphone e social, al di sotto dei 14 anni. «È senz’altro una proposta positiva, ma che rischia di arrivare un po’ troppo tardi. I ragazzi che oggi hanno 14 anni utilizzano gli smartphone spesso da quando sono nati, sono abituati a vivere con i device dei loro genitori, a giocarci e sono ormai degli oggetti che fanno parte della loro vita quotidiana, sono dei giocattoli, anche da spenti, indipendentemente dai contenuti che offrono quando li si usa attivamente – spiega ancora Lucattini – È senz’altro necessario vietarne l’uso a scuola, nello sport e in tutte le attività educative, ma soprattutto è necessario aiutare e educare alla tecnologia anche i genitori».

Attenzione ai rischi del proibizionismo

«Inoltre, qualunque tipo di “proibizionismo” deve essere accompagnato da valide alternative, da una corretta formazione, da spiegazioni riguardo le motivazioni della proibizione e, se necessario, da una progressiva disassuefazione, cioè un allontanamento dagli smartphone, altrimenti si rischiano sia le crisi di astinenza con ansia, angoscia e somatizzazioni oppure che diventino degli oggetti trasgressivi e perciò cercati e utilizzati di nascosto, proprio perché proibiti», spiega l’esperta, che conclude: «L’educazione deve iniziare fin dai primi anni di vita, spiegando che si tratta di strumenti per studiare, per la socializzazione e un po’ anche per giocare, ma sempre in presenza di un adulto che li conosca bene, che ne faccia un buon uso e che mostri loro come adoperarli correttamente».