Anche i padri possono entrare in sala operatoria e assistere al parto cesareo. Accade all’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino, che ha deciso di offrire questa possibilità ai papà o alla persona cara scelta dalla madre. L’obiettivo è di migliorare l’accoglienza e umanizzare il parto. Finora, infatti, era consentita la presenza solo in caso di nascita naturale. Il primo a provare questa esperienza è stato Davide Russo, neopadre di 33 anni. Qui la sua storia, della moglie Mariagiovanna e del figlio Edoardo.
Anche i papà presenti al parto cesareo
Il ricordo della pandemia Covid, quando gli ospedali erano diventati off limits se non ai pazienti, è ormai lontano: ora anche i reparti di ginecologia sono tornati ad aprire le porte e al Sant’Anna si è offerta la possibilità ai padri (o alla persona cara indicata dalla puerpera) di poter essere presente in sala operatoria per il parto cesareo, che finora non ne prevedeva la presenza. Il neo papà, quindi, può per esempio assistere al taglio del cordone ombelicale, può vivere da vicino il contatto pelle a pelle con il neonato e l’avvio precoce dell’allattamento al seno nelle prime ore di vita. Esattamente come è accaduto a Davide, 33 anni e primo papà a vivere questa esperienza.
Davide e il parto cesareo della moglie
«Le sensazioni sono state bellissime, veder nascere il proprio figlio è stato emozionante, a maggior ragione perché si è tratta del primo per me e mia moglie Mariagiovanna. Eravamo partiti con l’idea di un parto naturale, ma quando si è prospettato il cesareo ci siamo chiesti se sarebbe stato possibile anche per me partecipare all’intervento. Abbiamo chiesto alla direzione sanitaria e ci hanno dato la disponibilità. Per questo provo un grande senso di gratitudine», ci racconta Davide, che ora è padre di Edoardo. «Il parto, anche quello cesareo, è un momento bellissimo, ma anche delicato, specie se si tratta della nascita del primo figlio, quindi il fatto di poterlo condividere per entrambi i genitori è molto importante», conferma Umberto Fiandra, Direttore sanitario dell’ospedale Sant’Anna.
L’importanza di assistere a tutti i parti
Oltre alle emozioni del padre, la sua presenza può aiutare anche la madre in sala parto e nel decorso post operatorio. Nel caso di Davide ha potuto veder venire al mondo il suo primogenito, un maschietto di 2.870 grammi, grazie anche alla collaborazione degli anestesisti dell’équipe della dottoressa Mariella Maio e ai neonatologi dell’équipe della professoressa Alessandra Coscia. «In sala operatoria c’era molta serenità. Io ho assistito a fianco a mia moglie, che si è sentita confortata nell’avermi accanto, nonostante avessimo ricevuto il massimo supporto psicologico necessario da parte dell’equipe. Insomma, abbiamo potuto veder nascere il nostro Edoardo e sentirlo piangere per la prima volta, insieme. Non solo: oggi sono io che racconto a mia moglie alcuni dettagli che lei non ricorda, perché era pur sempre in una condizione di grande stress ed emozione», ci racconta Davide.
Il gentle cesarean birth, consigliato a tutti
«Io consiglierei questa esperienza anche ad altri padri o futuri genitori, a patto – naturalmente – di non essere impressionabili perché si tratta pur sempre di un intervento chirurgico. Se noi abbiamo potuto vivere questa esperienza, comunque, è anche grazie alla tenacia di mia moglie che, da brava avvocata, ha insistito per chiedere alla Direzione sanitaria che io fossi presente in sala operatoria. Se fosse stato solo per me forse avrei desistito perché in genere non è ammessa la presenza di nessuno in occasione del parto cesareo. Alla fine siamo stati contenti entrambi», spiega Russo.
Quando si procede col parto cesareo
Naturalmente l’obiettivo dei sanitari rimane quello di limitare il ricorso al parto cesareo. «Ma talvolta questo intervento chirurgico si rende necessario per il benessere della mamma e/o del neonato. Presso l’ospedale Sant’Anna la percentuale di tagli cesarei primari è in linea con le indicazioni del Ministero della Salute e nei casi di fisiologia ostetrica si attesta al di sotto del 5%. Parliamo quindi di circa circa 500 parti cesarei a cui ogni anno potranno assistere i padri)» fa sapere l’ospedale. «Vorremmo che l’apertura alla presenza del papà durante il parto cesareo, che favorisce anche la maggior tranquillità della mamma, diventasse una prassi», conferma Fiandra.
Umanizzare il parto
«Il nostro obiettivo è proprio umanizzare il parto, perché non dobbiamo dimenticare che in sé e per sé non è solo un atto medico, esiste da molto prima che nascessero la medicina e l’ostetricia: il parto è un momento che può essere completamente fisiologico, in cui una donna dà alla luce un figlio, anche da sola. Dopodiché è ovvio che i rischi e le complicanze in questi casi sono molto più elevati. È bello, però, far sì che la donna, il bambino e la persona cara possano vivere questa esperienza nel modo meno medicalizzato possibile», sottolinea Fiandra. «Un intervento chirurgico come per esempio l’appendicectomia non è naturale, ma il parto sì. Poi esistono anche gravidanze patologiche e l’età media più elevata può aumentarne il rischio, ma l’obiettivo è rendere questo momento bello e naturale. Avere la persona cara accanto contribuisce a questo, insieme alla possibilità di avere il primo contatto pelle a pelle», conclude il Direttore sanitario.