Chissà se avrò mai il coraggio di far leggere alle mie figlie questo articolo. Perché affronta il segreto forse più intimo di ogni madre (e padre). Non parlo dell’incapacità cronica di sentirsi una mamma perfetta, convivendo – come molte di noi divise tra casa e lavoro – con quel perenne senso di colpa e di inadeguatezza che mi porta, quando sono in un luogo, a sentire sempre che dovrei essere in un altro. No, mi riferisco a un segreto ancora più inconfessabile: il figlio preferito.

La scienza dice che è normale avere il figlio preferito

Esiste? Non esiste? Faccio subito coming out: per me esiste, eccome. E ammetterlo a me stessa è stato faticoso, un groviglio di emozioni, promesse e dubbi. Per fortuna, scrivendo questo articolo e documentandomi sul tema, mi sono sentita meno sola e, soprattutto, un po’ meno in colpa. Un traguardo niente male. Secondo un dettagliato studio iniziato nel 1989 dall’Università della California e pubblicato nel 2005 sul Journal of Family Psychology, infatti, questa preferenza esisterebbe nel 65% delle famiglie: oltre due su tre.

Ammettere di avere un figlio preferito però resta ancora un tabù

Una buona notizia per molte di noi. Ma, nonostante anche ricerche più recenti avallino questa percentuale, la verità è che il figlio preferito rimane uno dei più grandi tabù della nostra società. Lo dimostra la storia di Alisha Tierney-March, mamma di quattro bambini, che anni fa, dopo aver spiegato senza esitazioni nel programma tv americano This Morning di favorire uno rispetto agli altri, è stata attaccata duramente sui social: molti l’hanno giudicata una «irresponsabile» e «una pessima mamma». Perché noi lo sappiamo bene, come scrive Concita de Gregorio nel suo libro Una madre lo sa (Mondadori): «Cosa sia una buona madre lo decidono gli altri. Il coro. Lo sguardo che approva e che rimprovera. Quelli che sanno sempre cosa si fa e cosa no. Cosa è giusto, saggio, utile. Quelli che dicono è la natura, è così: devi essere paziente, assecondare i ritmi, provare tenerezza, dedicarti. Se ti senti affondare è perché sei inadeguata. Se soffochi è perché non hai gli strumenti della maturità».

Il figlio preferito non implica il voler bene

Figurarsi poi se malauguratamente ammetti di avere (anche) una preferenza: il senso di colpa, come in un flipper, schizza a mille punti. «Per dare un po’ di sollievo a tutte quelle mamme che portano nel profondo del cuore questo segreto, iniziamo con il dire che è umano provare questa emozione, anche se magari non vogliamo ammetterlo perché è disturbante. Sarebbe meglio non chiamarla preferenza, ma affinità o capacità di sintonizzarsi più facilmente con un figlio piuttosto che con un altro» spiega Loredana Cirillo, psicologa e psicoterapeuta dell’Istituto Minotauro di Milano, autrice di Soffrire di adolescenza (Raffaello Cortina). «Qualunque sia il nome che diamo a questo sentimento, dobbiamo essere coscienti che non implica il voler bene. Che non si tratta di amore, piuttosto di storie e connessioni differenti in momenti diversi della nostra vita».

Perché i figli li amiamo tutti allo stesso modo. Perché “preferire” non significa attribuire un valore maggiore

Identikit del figlio preferito

Inizio a tirare un sospiro di sollievo. Sapere che l’amore, quello profondo, viscerale, in questa faccenda non c’entra nulla è già una bellissima cosa. Così come non è male capire quali possono essere i meccanismi spesso inconsci che si nascondono dietro quell’affinità. A spiegarli, uno studio pubblicato dall’American Psychological Association sulla rivista Psychological Bulletin che traccia un identikit di quale tra i fratelli ha più speranze di accaparrarsi quel posto speciale nel cuore di mamma e papà. C’è chi pensa che sia sempre il più piccolo il “rampollo d’oro” e chi invece scommetterebbe sul primogenito, che giocoforza riceve inizialmente un’attenzione completa, non dovendola ancora condividere con i nuovi arrivati in famiglia.

Perché un genitore preferisce un figlio a un altro?

In realtà, l’analisi dei ricercatori porta da un’altra parte: il premio del figlio segretamente preferito potrebbero vincerlo più facilmente le femmine e chi tra i fratelli ha come tratti caratteriali l’essere coscienzioso, responsabile, gradevole. Ciò suggerisce che i genitori potrebbero trovare questi bambini più facili da gestire e quindi potrebbero rispondere in modo più positivo. Su quest’ultima categoria è d’accordo anche la psicoterapeuta Loredana Cirillo, che però aggiunge: «Ci sono altri due identikit possibili per il figlio preferito. C’è quello che ritroviamo più simile a noi e in questo caso è come guardarsi allo specchio, riconoscersi, sentirsi al sicuro. E c’è quello che, invece, ha aspetti del carattere che noi non abbiamo, che vorremmo avere e che guardiamo con grande ammirazione. È come se fosse il depositario di una parte di noi che non ci siamo mai legittimati e che ci piace». Ecco, io rientro a pieno in questa casistica: quando guardo una delle mie figlie, spigliata, sicura, sempre in equilibrio, per alcune cose geniale, non posso non pensare che vorrei essere come lei.

La preferenza dipende solo dal nostro sguardo

Al di là della mia storia personale, è importante prendere consapevolezza di questi meccanismi e soprattutto concedersi e accogliere la possibilità di avere una preferenza. «Solo così, ammettendo un’affinità speciale, si riescono a proteggere i figli dal rischio di sentirsi sbagliati. Perché, anche se i ragazzi tendono subito a mettere in discussione la sostanza del legame, ovvero l’amore, la preferenza dipende solo dal nostro sguardo: non da loro né, tantomeno, da qualcosa che non va in loro» sottolinea la psicoterapeuta Loredana Cirillo.

Il preferito? Non se la passa benissimo

Dopo alcune buone notizie, però, è arrivato il momento di affrontare quella forse più faticosa, che, quando parliamo di questo tabù, sta alla base del nostro inscalfibile senso di colpa. Anche se non riguardano l’amore, tanto che se a una mamma chiedi quale figlio salverebbe in una situazione di pericolo nel 99% dei casi non sa rispondere, spesso queste preferenze possono causare delle sofferenze. In tutti i figli.

Quello che si sente messo in secondo piano può considerarsi sbagliato e sviluppare insicurezza, scarsa autostima e ansia

Ma anche il preferito non se la passa bene. «Sicuramente si considererà speciale, ma questo sentirsi su un piedistallo si può trasformare in una zavorra perché avrà paura di scontentare i genitori e di perdere il podio. E così tenderà a nascondere le parti più vere e sincere di sé» continua Cirillo. Per questo è importante parlarne, apertamente. «Ascoltando i propri ragazzi, mettendosi in discussione e sottolineando che dipende da te, da come sei fatta, da alcune tue fragilità». Ho deciso: stasera mentre siamo sul lettone a vedere Gossip Girl ne parlerò. Promesso.