Nel primo anno di vita di un bebè i neogenitori si trovano ad affrontare tali cambiamenti da mettere a dura prova la loro solidità come coppia. Ecco come superare indenni questo periodo delicato
La giornata media di una mamma, soprattutto se lavoratrice, è lunga e faticosa. Il tempo a disposizione sembra non bastare mai, mentre le incombenze aumentano e la maggior parte delle nostre attenzioni sono dedicate ai figli. Ecco perchè è importante coinvolgere il papà nella gestione quotidiana della famiglia, anzichè pretendere di essere sempre perfette ed efficienti. Forse così riusciremo anche a ritagliarci dei piccoli spazi per noi stesse, abbassando il livello di stress e guadagnando in salute!

Nel suo primo trimestre di vita il bambino ha un unico bisogno: la mamma. Il papà allora sta in panchina? «Sì, ma non come riserva, come coach che controlla il gioco in campo. La compagna, reduce dalle fatiche del parto, si stanca facilmente: a lui passa il compito di alleviarle alcune incombenze, come pensare alla spesa o caricare la lavatrice.
Insomma, l’uomo deve fare in modo che l’atmosfera di casa sia tranquilla e serena. E la donna deve lasciarsi aiutare, non privare lui del piacere di sentirsi utile e protettivo» dice la pedagogista.
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Due i momenti preziosi: il bagnetto e l’addormentamento. «Magari non tutte le sere, ma lascia che ogni tanto sia il tuo compagno a fargli il bagno» consiglia l’esperta. Il bambino si abitua così al tocco di altre mani, diverse dalle tue ma altrettanto amorose. Fai anche in modo di non essere sempre tu a metterlo a letto. «Ogni tanto lascia spazio al padre senza sentirti in colpa: stai regalando loro la possibilità di conoscersi».
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Ormai il piccolo cammina ed esige di essere intrattenuto. «Riconosciamolo, spesso il papà è più bravo a giocare: i primi calci a un pallone, i primi giri in triciclo (e poi in bici) sono cose da maschi. Che si rivelano eccezionali anche nello sdrammatizzare una caduta o il ginocchio sbucciato perché sono meno apprensivi e più pratici.
Quando il piccolo crescerà, fa che consulti il papà sulla scelta dello sport, un altro grande punto d’incontro tra padri e figli» spiega la psicologa.
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Chi ha detto che deve essere sempre la mamma a sovrintendere l’inserimento? «Cogli la palla al balzo e lascia questo compito delicato al papà. Che spesso lo vive in modo più sereno» spiega la dottoressa Rossini. «La madre patisce maggiormente il distacco e può capitare che il suo disagio, percepito dal bambino, complichi le cose».
Manda lui anche ai colloqui con gli insegnanti. «Proprio per quella relazione viscerale che lega mamma e figlio, i rapporti con gli educatori prendono sovente pieghe antipatiche. Il papà, in questo caso, si rivela la carta vincente: razionale e obiettivo, riesce a stabilire un confronto diretto e costruttivo con le maestre».