Una bambina trascorre un’ora con un esaminatore, che le rivolge una serie di domande con cui valutare la sua capacità di ragionamento logico, memoria, calcolo; al termine del test il punteggio attribuito a ogni risposta determinerà il quoziente d’intelligenza, QI. Questo numero in molti casi ha avuto un peso notevole sul futuro dei bambini perché per anni in Paesi come gli Stati Uniti avere un quoziente scarso o superiore a 110 ha significato la possibilità di accesso o meno a una formazione universitaria di prestigio, occasioni lavorative e di carriera più vantaggiose. Davvero è possibile usare un numero per stimare l’intelligenza?
Oggi il sistema scolastico Usa utilizza i test di intelligenza soprattutto per identificare disabilità oppure riconoscere bambini plusdotati. In Cina, dove gli ex figli unici vengono educati a livelli di competizione altissimi, individuare i piccoli geni diventa una corsa verso le scuole migliori. I bambini a Hong Kong sono abituati a rispondere a quesiti matematici di tipo intuitivo nei test d’ammissione delle scuole elementari. Considerati fra i migliori al mondo in abilità matematica, gli studenti cinesi usano il calcolo a mente e una ferrea disciplina.
Howard Gardner, psicologo e docente di Cognitivismo e Pedagogia alla Facoltà di Scienze dell’Educazione presso l’Università di Harvard, parlando del QI afferma: «Dopo tutto, il punteggio assegnato attraverso un test per la valutazione dell’intelligenza predice quale sarà il livello di abilità del soggetto nell’affrontare le materie scolastiche, anche se non ci consente affatto di predire quali risultati il soggetto otterrà invece nella vita». Il punto è proprio questo. Gardner, che è direttore del Progetto sul potenziale umano e sostiene la teoria delle intelligenze multiple, coglie una considerazione che riguarda tutti: «Che cosa accadrebbe se lasciassimo briglia sciolta alla nostra immaginazione, se considerassimo la gamma più vasta di prestazioni che vengono di fatto apprezzate in tutto il mondo?»
Ogni essere umano manifesta un certo modo di pensare e agire all’interno del suo campo: lo spazio in cui ci muoviamo è quello della società a cui apparteniamo. Da una parte all’altra del mondo le società umane hanno immaginato modalità diverse con cui affrontare la vita finendo per costruire una storia unica. Quotidianamente usiamo abilità differenti e ci confrontiamo con problemi diversi, a seconda del luogo in cui siamo nati e ci troviamo a vivere.
Secondo Howard Gardner ragionare sulle intelligenze multiple significa imparare a vedere il potenziale di ognuno di noi. Perché ogni bambino merita di essere visto, considerato e stimolato in ciò che di unico è: ciascun essere umano ha una storia, propensioni e capacità che lo rendono competente, capace di incidere sulla realtà nella modalità che gli è propria.
Quali sono le principali forme di intelligenza individuate dagli studi in materia? Come già detto, una delle più considerate è l’abilità logico-matematica. Inoltre, è possibile osservare:
– Intelligenza linguistica, che indica la capacità di usare il linguaggio;
– Intelligenza musicale, in rapporto a ritmo e sensibilità musicale;
– Intelligenza spaziale, sfruttata dalla topologia e dai giocatori di scacchi, ma non solo perché comprende memoria visiva, colori e prospettive;
– Intelligenza corporeo-cinestetica, in relazione alle abilità e all’espressione del corpo.
Scriveva Albert Einstein: «La misura dell’intelligenza è la capacità di cambiare». Il celebre inventore della teoria della relatività inizia a parlare dopo i due anni tanto che i genitori, preoccupati, consultano un medico; inizierà la scuola a sei anni e mezzo, mostrando irrequietezza verso le regole. Il giovane Einstein mostra abilità per la matematica e voti più bassi nelle materie linguistiche, infatti il saggio d’esame in francese risulterà farcito di errori grammaticali, come ricorda il New York Times.
Sebbene le diagnosi a posteriori siano una scommessa difficile, nel 2003 la BBC diffonde uno studio dell‘Università di Cambridge e Oxford, Regno Unito: sembra che Albert Einstein e Isaac Newton presentassero sintomi della sindrome di Asperger. Due geni, abilità differenti e… il contesto dove poter manifestare il proprio potenziale, ecco la vera sfida: riconoscere il valore che ogni bambino porta con sé e aiutarlo a esprimere la persona che è. Perché ognuno possa avere la possibilità di vivere la sua storia.